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Il 92enne Luigi Murru da Villagrande: “Il segreto della longevità? Lavorare sodo e mangiare sano”

ZIo Luigi Murru 96 anni di Villagrande

Zio Luigi Murru, 92 anni compiuti da poco, a Villagrande è uno dei custodi ogliastrini dell’elisir di lunga vita. Il comune ogliastrino, è risaputo, vanta il primato mondiale della longevità maschile. Zio Luigi, mentre si gode il sole nella terrazza della sua casa a Villagrande, dove vive con la sorella, ci racconta alcuni aneddoti della sua vita e quali sono, a suo parere, i segreti per arrivare in salute alla sua età.

Com’ era la vita a Villagrande quando lei era giovane? 

Villagrande prima non era un paese molto popoloso ma le persone erano benestanti, si viveva principalmente di agricoltura e pastorizia. In altri paesi dell’Ogliastra non era fiorente nemmeno la coltivazione delle patate, quindi in tanti venivano a Villagrande per acquistare generi alimentari, di solito  offrendo in cambio dei manufatti.  La vita di tutti noi si svolgeva soprattutto in campagna, si lavorava sodo e continuamente, si mangiavano cibi genuini e prodotti in casa. Ci spostavamo a piedi, la pigrizia era bandita, ogni giorno si macinavano chilometri per andare ad arare o all’orto. Quasi nessuno possedeva un’auto. C’era solo un postalino a pagamento, una sorta di autobus che portava le persone a Lanusei, senza sedili. Per farlo funzionare tutti dovevano contribuire a spingerlo. L’unica macchina che c’era in paese, ed era pure vecchiotta, era quella dell’ esattore delle tasse.

Com’era il rapporto con i compaesani? C’erano dei contatti con i paesi limitrofi? 

Tutti erano più uniti rispetto al giorno d’oggi. Certo, non mancavano le antipatie e qualche critica, come è normale in un piccolo centro, ma tra vicini di casa c’era grande rispetto e un tacito accordo di mutuo soccorso: ci si aiutava, ci si prestava le cose. C’era molta più unione tra compaesani, ora invece mi pare manchi l’amicizia sincera. Adesso le persone bisticciano di più di prima. Tutto a causa del benessere.  Anche gli anziani prima era trattati meglio, le famiglie si  prendevano cura di loro, li ospitavano con affetto. Adesso si pensa a se stessi e si ha più denaro, quindi gli anziani di solito finiscono nelle case di riposo.

Parliamo di alimentazione. Secondo lei è uno dei segreti della longevità quello di mangiare sano? 

Quando ero giovane alcuni avevano l’orto, poche patate e fagioli per il sostentamento della famiglia. La carne si mangiava ma non tanto spesso, il maiale l’avevano quasi tutte le famiglie, lo dividevano e serviva per tutto l’anno. Quando era veramente buono, pesava anche un quintale. Adesso non è più cosi. Alcuni avevano i buoi o i cavalli, altri non riuscivano a comprarli. Ogni famiglia aveva almeno una capra o due. Noi avevamo le galline per le uova, bevevamo il latte della nostra capretta e mangiavamo il formaggio fatto dai parenti. La pasta che trovavamo in tavola era fatta in casa e i piatti quelli tipici della nostra tradizione. L’acqua era raccolta dalle numerose fontane o dal fiume con le brocche. Oggi come allora, bevo un bicchiere di vino rosso durante i pasti. Prima noi eravamo vignaioli e l’uva era lavorata a casa, mentre non si trovava facilmente il vino nei negozi. Ho smesso di occuparmi della vigna tre anni fa, con grande dispiacere.

 

 

Prima erano diffuse molte malattie?

C’erano la peste, il vaiolo, la malaria e il carbonchio. Io ho contratto la malaria. Ero al monte, appena tornato da Quirra, quando mi sono ammalato. Non esistevano le medicine di oggi, si prendeva il chinino o un’infusione di genziana che prima era molto diffusa. Tutti avevano i pidocchi, non esisteva qualcuno che non li avesse. Però c’erano persone che si curavano maggiormente. Il nonno per noi utilizzava acqua e cenere.

Che lavoro svolgeva lei? 

Ho fatto il pastore e l’agricoltore, principalmente. Quando ero giovincello pascolavo la capra e il cavallo che avevamo a casa. Producevamo il latte e il formaggio. Quello che non serviva al nostro sostentamento lo vendevamo. Mi occupavo con passione anche di un vigneto e di un uliveto. Inoltre mi dedicavo anche all’aratura di alcuni campi di grano, con il giogo trainato dai buoi. Ho fatto il carriolante, trasportavo il carbone. Prima, infatti, c’erano le carbonaie nelle foreste e il carbone lo si trasportava fino ad Arbatax per il commercio. A Villagrande rimaneva solo la manodopera, perché i manovali di professione non esistevano. Il settore dell’edilizia era poco sviluppato e il pastore era forse quello che tra tutti guadagnava di più e aveva maggior fiducia per i mutui, grazie alla sua, seppur minima, disponibilità economica.  Io non ho mai avuto grandi passatempi, ho sempre lavorato sodo, non ho avuto tempo per caccia e pesca, ad esempio. Però mi piaceva nuotare: non al mare, ma nel fiume.

Adesso lei come trascorre il tempo?

Non esco tanto di casa perché mi sento debole. Non faccio più niente oramai, guardo la televisione. Ho un’infinità libri ma purtroppo non riesco più a leggere come prima. Ogni tanto compro il giornale, leggo le notizie più particolari, qualche volta me lo legge mia sorella, anche se io vedo meglio. Ripenso spesso al passato e a volte lo faccio con una certa nostalgia. Ma so di aver fatto tanto, di essermi dato da fare ed è questo ciò che conta.

Articolo scritto da Maria Aurora Murgia, in seno al Progetto Alternanza Scuola-Lavoro Classe 3C Liceo Scientifico di Lanusei.

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