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Randagi e canili: 500 euro per un cane. Le repliche degli amministratori sardi alle accuse su Repubblica

cane canile

La nostra regione, lo sappiamo bene, si trova a fare i conti con una piaga pesante e complicata da sanare: quella del randagismo e dei cani vaganti sul territorio. Purtroppo a livello istituzionale sono pochissime le iniziative volte a combattere questa triste quotidianità ma tantissime le associazioni di volontariato che ogni giorno, senza tregua, si battono coraggiosamente per cercare di coprire i buchi.

Ma se le energie dei volontari e la voglia di reagire alla situazione non mancano, a languire sono i soldi e una mentalità, purtroppo molto radicata soprattutto nelle campagne e nei paesi, che vede la sterilizzazione contro natura e la microchippatura come non necessaria. Se queste sarebbero le due strade da percorrere per cercare di combattere il randagismo, dall’altra parte, in attesa di recuperare risorse necessarie a questo fine, qualche amministrazione comunale isolana sta cercando, letteralmente, di far uscire dai suoi canili comunali, attraverso un progetto di cui su Vistanet abbiamo ampiamente parlato, che permette ai cani di essere affidati, a seguito di un supporto economico una tantum, ad associazioni animaliste ben conosciute e che operano sul territorio da anni, prodigandosi per cercare a tutti gli animali randagi una sistemazione domestica.

Il sindaco Fausto Piga e una delle cagnette felicemente adottate l’anno scorso grazie al progetto “Svuota canile”

Ieri sul quotidiano Repubblica è stato pubblicato un articolo che mette molte pulci nelle orecchie ai lettori e che, tramite le parole di una volontaria, scredita queste iniziative comunali. Parliamo del comune di Barrali e di Settimo San Pietro che, tramite bando, hanno istituito un progetto volto ad affidare i cani dei rispettivi canili comunali alle associazioni che ne facevano richiesta. A Barrali è già il secondo anno che viene portato avanti e con successo: ecco le parole del sindaco, Fausto Piga. «Rivendico con orgoglio il nostro bando, ad oggi abbiamo quasi azzerato la presenza di cani in canile. L’obiettivo è migliorare il benessere dei cani e ridurre la spesa del Comune verso i canili al fine di liberare somme per intensificare la lotta al randagismo come per esempio la campagna di sterilizzazione». Pulito e chiarissimo.

E continuiamo con la dichiarazione di Elisabetta Milia, assessora alle politiche sul randagismo per il comune di Settimo San Pietro: «Come primo pensiero mi vien da sottolineare quanto poco critico sia stato l’articolo pubblicato, nei confronti di attacchi gratuiti verso azioni di amministrazioni che cercano di far fronte al problema del sovraffollamento del canile e al problema sovraccarico dei costi sulle spalle dei piccoli comuni, che si trovano soli ad affrontare economicamente il problema. La giornalista ha dimenticato ad esempio di dire che, a fronte di un bilancio che vede stanziati 40mila euro per le estreme povertà, il Comune di Settimo San Pietro stanzia 80mila euro per la cura dei propri cani in canile; il problema è che le adozioni e le azioni di incentivazione di queste, offerte dal canile, non sono sufficienti rispetto al numero di cani che entrano sotto la tutela del Sindaco di Settimo San Pietro. Situazione che ha portato a studiare soluzioni alternative che agevolassero le adozioni».

Nell’articolo di Repubblica viene anche fatto cenno a trasferimenti di cani all’estero, in Germania. Chi conosce il mondo dei canili e di un certo tipo di volontariato sa bene che purtroppo le tratte dei cani esistono eccome ma cosa ha a che fare tutto questo con le situazioni sopra citate riferite a Barrali e Settimo? «Le accuse volte alle amministrazioni citate dovrebbero quanto meno entrare nello specifico delle associazioni che hanno partecipato ai bandi in questione, perché a quanto mi risulta nessuna di quelle che hanno partecipato al nostro bando, hanno mandato dei cani in adozione all’estero, continua Elisabetta Milia. Non compete a me esprimermi riguardo al problema del traffico, vero o presunto, dei cani randagi all’estero, ma a me compete da amministratrice provare a trovare una soluzione compatibile con una vita il più possibile felice dei nostri cani, che permetta di spendere meno per le finanze di un piccolo comune come il nostro, di 6.700 abitanti. I cani sono stati affidati ad associazioni rigorosamente sarde e che hanno fatto adottare gli animali in loco».

Anche Elena Pisu, volontaria e responsabile del rifugio di Settimo Bau Club, tutta una vita impiegata per aiutare i cani, ha da dire la sua: «Sono davvero meravigliata del fatto che non ci si scandalizzi se i canili privati guadagnano cifre spropositate non garantendo un numero adeguato di adozioni e ancora di più se i canili privati accumulano cani su cani solo per garantire ricavi. Questo dovrebbe realmente scandalizzare e non un aiuto alle organizzazioni no profit che si fanno in quattro per realizzare adozioni consapevoli».

«Si può notare, conclude la Milia, che non è stata scelta la strada di offrire un finanziamento ai privati proprio per evitare che l’adozione dei cani fosse un mezzo per ottenere dei soldi; piuttosto si è scelto di destinare i finanziamenti ad associazioni e cooperative che operano nel settore e che abbiano comprovata documentazione del loro lavoro. Conosciamo bene la dura vita delle associazioni di volontari e volontarie, che si adoperano costantemente per una adozione sicura dei cani che adottano e curano, a loro spese per 24 ore al giorno; quindi da amministratrice mi chiedo e vi chiedo: trovate così strano finanziare delle associazioni che lavorano instancabilmente per aiutare i cani randagi? Si trova così strano che queste associazioni ricevano dei soldi che utilizzano per sterilizzazioni e cure mediche destinate ai cani che adottano? Si trova così strano se con questo contributo si compra del cibo per gli animali presi sotto cura? Il pochissimo risparmio ottenuto grazie a questa iniziativa adesso sarà messo in bilancio per far ripartire il bando sulle sterilizzazioni dei cani padronali: i soldi prima destinati al canile adesso verranno disimpegnati e stanziati per le sterilizzazioni». Non fa una piega, no?

 

 

 

 

 

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