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Apocalypse Mum. Quando germi, batteri (e zoccoli) erano i migliori alleati delle mamme

Quando germi e batteri erano i migliori alleati delle mamme. Mamma cintura nera di Vaporetto, ammettilo, la primavera è scoppiata e guardando i campi un po’ incolti, coperti di gialli careganzi, ti sei ricordata con un inconfessabile fitta di nostalgia, di quando nei primi caldi pomeriggi di primavera ti masticavi, incurante del rischio igienico, i gambi delle succiose e ti facevi il tatuaggio coi papaveri.

Certo erano altri tempi. Tua mamma era campionessa mondiale di lancio dello zoccolo e se non ti beccava non era perché era smirata, ma solo perché non l’avevi combinata così grossa. La mamma con gli zatteroni al metodo Montessori preferiva il metodo Montessòreta. Ti impartiva un’educazione spartana, lo shock anafilattico non sapeva nemmeno cosa fosse e ti faceva vaccinare senza se e senza ma. Ai primi caldi ti faceva svernare all’aperto. Se chiudi gli occhi puoi ancora sentire quella strana sensazione di nudo sulle braccia per la prima maglietta a maniche corte della stagione e sì, perché allora il cambio di stagione si faceva al cambio di stagione, il 21 marzo, non come oggi, che al pargolo, ad aprile gli togli la maglia della salute del quinto strato.

Che ricordi! Il sole ancora alto prometteva un pomeriggio di giochi lunghissimo, e allora si partiva subito con una battaglia di pungiglioni, i forasacco, che si estraevano dalla spiga con un gesto sapiente, facendo scorrere pollice e indice lungo il gambo e poi si lanciavano contro gli avversari puntando ai vestiti perché rimanessero impigliati nelle maglie dei tessuti. Chi se ne ritrovava addosso di meno vinceva. E tu, già mamma nell’anima, contavi quanti pungiglioni ti rimanevano attaccati perché quello sarebbe stato il numero di figli che avresti avuto, e ci credevi come se l’avesse detto Piero Angela (Alberto era ancora alle medie).

E dei papaveri, ne vogliamo parlare? Non dirmi che non ti sei mai fatta il tatuaggio con il papavero, tenendoti premuto sulla fronte lo stimma del fiore fino a lasciare impressa l’impronta di un piccolo fiorellino in rilievo. Quei pomeriggi vissuti pericolosamente trascorrevano con una succiosa che pendeva pigramente da un angolo della bocca. Non che tua mamma condividesse la scelta di infilarti in bocca qualcosa che era stata battezzata da cani, gatti o chi sa quale altro mammifero, ma il motto era: “Tuttasalutecosìsifaglianticorpi”, d’altra parte la cronaca non ha mai raccontato di bambini morti per consumo di succiose.

E mentre tu te li godevi quei gambi asprigni, alla tua creatura ora neanche gliele fai toccare le acetoselle, perché davanti a lui non le chiami le succiose, che non sta bene. Al massimo gli concedi di cogliere qualche careganzu, tanto poi in borsa hai l’Amuchina e le salviettine Napisan. Sei sicura di volergli negare queste soddisfazioni? Il problema sono le unghie nere modello cozza come quelle che avevi tu quando rientravi a casa all’imbrunire, leggermente infreddolita ma tanto felice? Cerca di ricordare…Perché eri così felice? Perché avevi fatto una cosa che la tua iperprotetta creatura non farà mai: avevi mangiato il gelato prima di cena. Il Pepito Toseroni, 150 lire, che quando arrivavi al papillon rosa metà ti cadeva sul palmo della mano e tu le lo mangiavi eccome! Poi per non sentire quella fastidiosa sensazione di mano appiccicosa, anzi appoddosa, te la leccavi per bene quella mano sudicia, ignara del fatto che qualche decennio dopo li avresti considerati potenziali assassini quei miliardi di microbi che ti stavi fagocitando con gusto.

Così come di lì a poco, dopo esserti scolata un bicchierone di acqua del rubinetto, quella minerale la bevevano i malati, avresti mangiato la cena, nonostante il gelato e non solo perché se la lasciavi nel piatto, tanto tua mamma te l’avrebbe ripropinata a pranzo l’indomani, ma anche perché quel pomeriggio di vita spericolata ti aveva messo una gran fame!

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