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Intervista ad Alessandro Spedicati: “Una rinascita chiamata Siki, vogliamo stupire critica e pubblico”

I Sikitikis non esistono più, rimangono un piacevole ricordo musicale di cinque album variegati e dal comune sound pop. Oggi quel nome è stato ristretto, sintetizzato in un più orecchiabile “Siki“, ovvero quel tipo di parola che ripeti a squarciagola senza curarti del resto. Come Ligabue è solo Liga, i Marlene Kuntz sono solo i Marlene, i Tre Allegri Ragazzi Morti sono solo i Tre Allegri e così via, in una sequenza fatta apposta per creare una sintonia ed una confidenza stretta col pubblico.

Col nuovo appellativo, i Siki si ripresentano col singolo “Hai ragione anche tu“, balzato subito tra i pezzi più ascoltati su Spotify e il cui numero andrà ad aumentare con le visualizzazioni del nuovo video. Un cambiamento sensibile lo si nota anche nella line up, diversa dall’ultimo disco: al nucleo originario si affianca la new entry Samuele Dessì, chitarrista e produttore di fama nazionale che ha suonato coi Dorian Gray, l’Armeria dei Briganti, i La Pioggia e tanti altri. E qui nasce un nuovo progetto, un nuovo modo di vedere il pop che Alessandro “Diablo” Spedicati ha spiegato partendo proprio dal nuovo brano pubblicato qualche giorno fa e dal cambio del nome.

Iniziamo dalla prima novità: perché Siki?

Il passaggio da Sikitikis a Siki come facilitazione per il ricordo del nome del gruppo è già stata preso in considerazione nel 2011, durante la lavorazione de “Le Belle Cose”. La fase successiva è stata caratterizzata da una fase molto delicata in cui il gruppo si è preso una pausa di riflessione, a seguito della sensazione d’aver sprecato del materiale che poteva avere una diffusione ancora più grande. A quel punto la mia idea era quella di fare un disco solista. Ho scritto una manciata di canzoni che in un modo o nell’altro è andata a far parte di “Abbiamo Perso”, il nostro precedente disco che ha sancito un ricongiungimento di tutte le parti del gruppo. Quando poi lo scorso anno abbiamo iniziato a pensare al nostro futuro, ha iniziato a prendere forma con un nuovo modo di lavorare quello che sarebbe stato il progetto denominato oggi Siki. Non credo ci fosse momento migliore per dare una scossa in termini di comunicazione, c’è coerenza tra il nuovo prodotto e il nuovo nome. Siamo convinti fosse la scelta migliore da fare per ritrovare slancio fuori dalla Sardegna dove eravamo fermi da diverso tempo e dove sembra si stiano aprendo delle porte interessanti.

Non è questa una sorta di terza rinascita per il gruppo? Cosa è rimasto dei Sikitikis del passato, oggi?

Tutti i dischi hanno un comune denominatore, abbiamo immaginato una via artistica fino ad arrivare a liberarcene completamente, saturando quello che potevamo comunicare. Nella scrittura c’è sempre qualcosa di simile, quando ho iniziato avevo 28 anni ed ora ne ho 43, dunque in quel lasso di tempo ognuno di noi ha cambiato vita completamente. Mi piace quel tipo di band che se ascolti il primo disco e l’ultimo sembra di sentire due gruppi diversi. Io credo che nei Sikitikis ci sia quel percorso lì, formatosi per copie di dischi: “Fuga dal deserto” e “B” sono vicini per filosofia, stessa cosa per “Dischi fuori Moda” e “Le Belle Cose”. Chiaramente “Abbiamo perso” è più vicino a quello che stiamo proponendo oggi, anche se è vero che cambiando metodo di lavoro – stiamo lavorando molto in home recording, come quelli che lavorano alle basi hip hop – il risultato per forza è un altro. “Hai Ragione Anche Tu” è solo l’inizio, molte cose in arrivo lasceranno molto stupiti.

Ecco, cosa sta per arrivare? Un disco, una serie di singoli?

Ci saranno tendenzialmente tre, massimo quattro singoli in tempi relativamente ravvicinati, con ogni probabilità ai primi di giugno arriverà un altro brano, due mesi dopo un altro ancora. Poi sicuramente ci sarà un disco verso la fine dell’anno dove non è detto che tutti i pezzi usciti i mesi prima vengano inclusi. Non lo sappiamo ancora. Ci stiamo riservando di valutare il lavoro passo dopo passo, anche sotto il profilo artistico, stiamo lavorando su un brano alla volta. Sarà un disco con una matrice black molto forte, prenderemo il suono di “Abbiamo Perso” e lo porteremo alle estreme conseguenze.

Cosa cambia da Flavio Secchi a Samuele Dessì alla chitarra? È servito per apportare modifiche alla matrice black di cui parlavi?

No, quella è sempre stata una matrice nostra e per chi ci conosce dagli inizi sa che quella matrice c’è sempre, abbiamo sempre prediletto il groove. Questo aveva catturato Casacci (chitarrista dei Subsonica e producer, nda), noi cercavamo sempre una ritmica incalzante sia quando facevamo rock’n’roll e sia quando rallentavamo il timing. Cosa cambia da Flavio a Samuele? Cambia la mentalità: quando Flavio suona, il suo obiettivo è fare il bravo chitarrista e fare il proprio lavoro; quando Samuele suona, pensa con la mentalità del producer e dunque pensa a fare una grande canzone. È completamente diverso, anche perché hanno due formazioni completamente diverse. Flavio ha studiato chitarra, Samuele ha studiato produzione musicale ed ha lavorato come produttore ad alcuni dei dischi più venduti della storia della musica italiana come quelli di Mina e Celentano. Il suo ingresso ha spostato gli equilibri nella band poiché è entrata una sponda perfetta per il linguaggio che io e Jimi già parlavamo. E questo ha arricchito il nostro suono e il nostro modo di lavorare.

Come nasce il brano “Hai ragione anche tu”?

Ci sono due argomenti per cui ho la fissa: la mia generazione, quella nata e cresciuta tra gli anni 70′ e gli anni 80′, e l’ansia da prestazione. “Abbiamo perso” era quasi un concept sull’ansia da prestazione. In questo brano ho voluto raccontare di una generazione che si è presa la libertà di non crescere. La mia è la prima generazione a cui è stato concesso questo lusso, quello di rimanere eterni ragazzini. La generazione precedente non è stata in grado di farci crescere, di responsabilizzarci e noi ne facciamo un motivo di vita. Nel testo dico “Forse Hai Ragione Anche Tu”, c’è una ammissione. Ma non è un dolore, è una malinconia. Mi chiedo come sarebbe andata se fossi diventato adulto, e dietro questa tensione tra l’età adulta e quella fanciullesca nasce l’esigenza di raccontarsi.

Visti i suoni, l’orecchio balza al passato. Non sembra che questo singolo veda un ritorno stilistico all’album “Dischi Fuori Moda”?

Per lavorare a questo disco siamo ripartiti proprio da quell’album, nel senso di approccio alla produzione per quanto il metodo di lavoro sia molto diverso, visto che comunque Fusaroli aveva il suo metodo. Quindi c’è più spazio per l’elettronica, e questo ci ha aiutato a vivere con una creatività diversa il brano, quasi senza limiti. Ci siamo presi la libertà di prendere, tagliare, spostare, e costantemente lo stiamo ancora facendo. Possiamo dire che nel lavoro che sta nascendo c’è una sintesi del meglio di ciò che abbiamo prodotto in passato, di ciò che ci è rimasto.

A livello di live, come sarete? Cosa state preparando?

Io vorrei fare concerti pesanti, rock’n’roll, con un approccio più vicino ai primi Sikitikis ma con la maturità dei Sikitikis di oggi. Alla fine la parte elettronica sarà importante, ma mi piacerebbe che salissimo sul palco stile Rage Against The Machine. Vorrei che sviluppassimo quella roba lì. Tra l’altro già nell’ultimo concerto al Fabrik avevamo presentato quel tipo di approccio lì e secondo me ha funzionato visto che è stato un live estremamente coinvolgente.

Siete stati un po’ i capostipiti di una nuova generazione musicale in Sardegna. Com’è la scena oggi? Il fermento pare sia scemato oppure no?

Siamo in una fase dove le cose più interessanti sono nascoste. La Sardegna non ha mai avuto carenza di talento: il talento più straordinario presente oggi in Italia è sardo ed è Iosonouncane, assolutamente fuori da qualunque logica. È un talento che non ha tempo, esattamente come Franco Battiato. È un’altra roba, quella è arte. Le cose vengono fuori, ma questo è un periodo strano, un periodo di passaggio dove alcune band sono brave ma sembrano fuori tempo massimo per motivi stilistici, altri ci provano ma non ce la fanno. Uno dei cantanti che apprezzo di più qua a Cagliari è Daniele Garzya, frontman degli Slimfit, però è talmente onesto intellettualmente che non si sbatte a scrivere canzoni. Scrive se ritiene di aver qualcosa da dire, altrimenti fa altro. Sicuramente non è un periodo buono per l’isola neanche per i live, quando siamo usciti fuori noi c’erano molti più locali e festival, i gruppi interagivano tra loro in maniera più naturale. Oggi i prodotti si fanno in cameretta col computer portatile, si è persa anche l’importanza del lavoro in sala prove e questo non aiuta a venire fuori. Però talento ce n’è.

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