Denunciava i soprusi e le violenze delle favelas. Freddata con 5 colpi di pistola Marielle Franco
Nata e cresciuta in una delle favelas di Rio de Janeiro ha passato la vita a lottare per i diritti della sua gente, povera e di colore come lei. Marielle Franco, 38 anni, consigliere comunale, è stata freddata con 5 colpi di pistola. La sua è stata una vera e propria esecuzione. Sapevano tutto: che lei era in quell’auto, seduta dietro e sono andati a colpo sicuro nonostante la notte e i vetri scuri
Marielle Franco era nata e cresciuta alla Maré, una delle favelas di Rio de Janeiro. La 38enne consigliere comunale, è morta ammazzata mercoledì sera a causa della lotta coraggiosa per i diritti della sua gente, povera e di colore come lei. In primo luogo il diritto di non finire ammazzata per mano degli squadroni della polizia. E la sua è stata una vera e propria esecuzione. Sapevano tutto: che lei era in quell’auto, seduta dietro, sono andati a colpo sicuro nonostante la notte e i vetri scuri.
Come riporta la Repubblica, dalla macchina affiancata al semaforo sono partiti dieci colpi, che hanno ucciso Marielle insieme ad Anderson Gomes, l’autista. In perfetto stile mafioso: tappare una bocca e spaventare le altre. Era appena uscita da un dibattito pubblico sul tema a lei più caro, la violenza sulle donne nelle aree di rischio, tutto filmato sui social.
Nel 2016, esordiente in politica, Marielle Franco aveva preso 46.000 preferenze, la quinta più votata alle comunali. Militava in un piccolo partito di sinistra, il Psol, da sempre in prima linea a Rio sul tema dei diritti umani. Con il leader del partito, Marcelo Freixo, Marielle aveva lavorato per anni. A causa delle loro accuse sugli abusi di forza della polizia, qualcuno li definiva «amici dei banditi». Freixo è anche diventato personaggio di un film sulla violenza a Rio che ha fatto il giro del mondo, Tropa de Elite.
Qualche giorno fa, il suo gruppo politico aveva convocato a Rio i giornalisti stranieri per lanciare una iniziativa di monitoraggio e denuncia sull’intervento dei militari a Rio. Ma chi l’ha uccisa dunque? La polizia corrotta, le milizie, i narcos? In tanti potrebbero aver avuto questo interesse. Quattro giorni prima di morire Marielle aveva denunciato la morte ingiustificata di due giovani, alla periferia nord di Rio, per mano della polizia. Appena poche ore prima dell’agguato, aveva scritto su Twitter: «Quante altre persone dovranno morire prima che questa guerra finisca?». Soltanto la scorsa notte a Rio sono state ammazzate cinque persone. Tra loro Marielle e Anderson.
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La prima donna arbitro d’Italia fu una ragazza cagliaritana. Ecco la sua storia
Per "mettere la gonnella" a un arbitro ci voleva per forza di cose una sarda.
Donne sarde, donne di carattere. Lo si dice spesso e a volte la storia interviene a corroborare questa tesi. Un primato in rosa molto particolare spetta infatti a una donna sarda, Grazia Pinna, cagliaritana residente in Toscana. Nel febbraio del 1979 passò alla storia per essere stata la prima donna arbitro d’Italia.
Come racconta un articolo de L’Unione Sarda del 14 febbraio 1979, Grazia Pinna, precedentemente commessa della Rinascente di Cagliari, dal «corpo minuto e gli occhi intensi», si era trasferita dal 1962 in Toscana per seguire il marito, un pasticciere, poi scomparso prematuramente. Allora 35enne, vedova e madre con due figli, fu scelta ufficialmente dall’Uisp per arbitrare partite di calcio.
Un primato conteso però da altre donne, tutte sarde o con legami con la Sardegna. Quando infatti uscì la notizia di Grazia Pinna, una 32enne di Guspini cresciuta a Terralba ed emigrata a Roma, Agnese Carta, raccontò di aver arbitrato da più tempo per conto della Fia. Come lei altre due donne, Placida Marrosu, anche lei sarda, e Paola Oddi, romana, ma sposata con un uomo di Bitti. Tutte in realtà arbitravano match da diversi anni. L’eccezionalità di Grazia Pinna fu proprio il riconoscimento da parte dell’Uisp, allora ancora negato dalla Figc, autorità competente per le altre tre donne.
Di chiunque sia stato il primato, una cosa è certa: per “mettere la gonnella” a un arbitro ci voleva per forza di cose una sarda.
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