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Montevecchio, a breve dovrebbero riprendere i lavori per la ristrutturazione dello storico albergo “Al Cinghiale”

Montevecchio, a breve dovrebbero riprendere i lavori per la ristrutturazione dello storico albergo “Al Cinghiale”.

Diventerà un albergo con dieci stanze, con annesso bar e un piccolo ristorante. È nelle intenzioni dei proprietari ripartire al più presto con i lavori, per farlo tornare agli antichi fasti, come quando nel ‘57 ospitò il Cagliari di Silvio Piola in ritiro.

 

Chiamato il “Botteghino” fu costruito alla fine del 1800, come foresteria e venne gestito dalla società mineraria fino al 1936. Successivamente la gestione passò in mano privata, tra i diversi gestori anche la famiglia Deidda una tra le più note e stimate famiglie di ristoratori sardi, originaria proprio di Montevecchio che lo gestì dal 1947, fino al 1963. Giancarlo Deidda, proprietario dello Spinnaker, ricorda gli antichi fasti del Cinghiale, quando ancora ragazzino aiutava i genitori: «L’albergo al Cinghiale era sempre pieno di persone, veniva il Cagliari di Piola in ritiro perché si allenava al campo sportivo di Montevecchio che all’epoca era uno dei migliori della Sardegna, giungevano i pullman carichi di Canadesi della base militare di Decimo e io che li scorgevo in lontananza correvo all’albergo per annunciare il loro arrivo», racconta ancora Deidda, «alloggiavano da noi anche importanti imprenditori provenienti dal continente per partecipare alle battute di caccia al cinghiale e chi mancava l’obiettivo e si lasciava sfuggire la preda veniva preso in giro senza pietà». Contrariamente a quanto si crede, all’epoca, in quello che viene chiamato “borgo”, minatori se ne vedevano pochi, vigeva una rigida divisione tra le classi sociali imposta dalla società per cui gli operai risiedevano in piccoli villaggi costruiti per loro, mentre i sorveglianti in prevalenza veneti, gli impiegati e i dirigenti alloggiavano nel “borgo” ed erano assidui frequentatori del Cinghiale. «Venivano ad alloggiare da noi anche molte famiglie dell’alta borghesia cagliaritana, trascorrevano le vacanze al fresco», prosegue Deidda «mi ricordo le signore eleganti sedute ai tavoli all’aperto nel pomeriggio, che disputavano lunghe partite di canasta. Però da noi venivano anche gli operai, sebbene il “Borgo” fosse una enclave di dipendenti con professionalità di alto profilo, l’albergo essendo gestito da privati non sottostava alle rigide regole di classe, era un luogo di socializzazione nel vero senso della parola, in inverno al chiuso operai e impiegati giocavano a scopone scientifico interminabili partite dalle 15 alle 20 e non volava una mosca».

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