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Dopo Macerata, cresce la paura tra i migranti in Sardegna: “Vogliamo vivere in pace con tutti”.

Un migrante del centro di accoglienza di Villanovaforru.

Son, Rob e Abdoulaye sono alcuni degli ospiti del centro di accoglienza per minori di Villanovaforru. Sono giunti in Sardegna a fine 2016 e già parlano bene l’italiano. Son ha 17 anni ed è nigeriano, Rob è suo coetaneo e proviene dalla Guinea, come Abdoulaye, appena 18enne. Insieme agli altri loro nuovi amici del centro, tutti richiedenti asilo, frequentano un corso di alfabetizzazione per raggiungere il livello A2. I più istruiti frequentano le scuole serali per conseguire il diploma. Oltre le attività scolastiche i ragazzi che già svolgevano un mestiere nella loro terra continuano a praticarlo all’interno dei laboratori della struttura: c’è chi fa il calzolaio, chi il sarto, chi l’agricoltore e chi il falegname. Altri, invece, frequentano l’oratorio e quotidianamente trascorrono del tempo con alcune famiglie del paese che ormai li considerano come dei veri e proprio figli. Provengono da Nigeria, Gambia, Senegal,Guinea e Costa d’Avorio, paesi martoriati da conflitti, fame e povertà estrema e dittature sanguinose.

In Italia intravedono un futuro migliore di quello che si sono lasciati alle spalle affrontando migliaia di chilometri nel deserto, la situazione drammatica in Libia e le insidie del mare che sono stati costretti ad attraversare. Tuttavia, dopo i tragici eventi di Macerata (l’omicidio della giovane Pamela e la sparatoria razzista contro persone di colore), molti di loro hanno paura e percepiscono un’ostilità crescente: «Mi trovo molto bene in Italia, l’80% delle persone qui sono molto ospitali – assicura Son – Ultimamente però siamo vittime di discriminazione. Recentemente mi sono recato alla stazione a comprare il biglietto e accanto a me c’erano dei ragazzini del posto che, insieme al tabaccaio, si sono messi a ridere mentre osservandomi. Quando hanno saputo che sono nigeriano, mi hanno detto che noi siamo tutti cattivi. Quello che è accaduto a Macerata è stata una cosa orribile commessa da un mio connazionale, ma la maggior parte di noi è tranquilla; come in tutto il mondo, esistono persone brave e persone cattive». Il sogno di Son è diventare missionario: «Voglio aiutare il prossimo, non solo la gente africana, ma anche europei, americani, asiatici. Il futuro è bello quando si aiutano gli altri».

Anche Rob è felice di vivere qui, ha un buon rapporto con gli italiani, ma vede molta diffidenza intorno a sé: «Alcune persone pensano che siamo diversi da loro solo perché abbiamo un diverso colore della pelle. La maggioranza di quelli che ragionano così sono giovani, mentre con gli anziani abbiamo un rapporto migliore – spiega – L’unica cosa che voglio ora è poter finire di studiare perché nel mio Paese ciò non è stato possibile».

Rob.

Abdoulaye, connazionale di Rob, invece finora non ha riscontrato nessun tipo di discriminazione nei suoi confronti: «Ho tanti amici sardi, con loro mi trovo benissimo», ma anche lui ha paura dopo i fatti di Macerata: «il timore c’è, inutile negarlo. Io ora voglio studiare per poter poi trovare un lavoro». Nelle loro voci, un mix di emozioni, speranze e, sopratutto, voglia di vivere in pace e armonia con tutti, di qualsiasi nazionalità, di qualsiasi religione, di qualsiasi colore di pelle.

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