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Carnevale in Sardegna: festeggiamo a Bosa, tra libertà, goliardia e ironia sessuale

Bosa, Su Carrasegare Osincu - Foto di Giuseppe Tamponi , Fonte www.spreafotografia.it

Tutta l’Isola ormai è in fermento per le celebrazioni del carnevale, un evento di gioia e ilarità, in cui non mancano, però, momenti di solennità. In Sardegna, questa festa si manifesta come una vera e propria giostra, in cui tanti sono volti che si mostrano, affascinanti maschere che regnano in un clima di generale confusione. Se siete ancora indecisi su come e dove trascorrere la festa più folle dell’anno, salite con noi nella giostra del carnevale isolano che oggi ci porta sulle sponde del fiume Temo, e più precisamente a Bosa, dove il carnevale è un rito collettivo che nasce disordinato e spontaneo per un trionfo di libertà, fantasia ed esplicita ironia sessuale.

A Bosa, il carnevale – chiamato “Carrasegare Osincu” – è uno degli eventi più attesi e sentiti dell’anno ed è anche unico, nel suo genere, in Sardegna. Si discosta notevolmente dalle più seriose e tragiche manifestazioni carnevalesche dell’entroterra barbaricino, ma è altrettanto affascinante e capace di rapire lo spettatore che diventa inconscio attore di un teatro popolare, in cui lamenti esilaranti, satira, ironia, e un’allegoria sessuale esplicita, sono volti a ridicolizzare la vita quotidiana con atteggiamenti osceni, ma mai volgari, al ritmo di canti e mutettus.

Bosa, scene del carnevale – Foto di Elisabetta Loi – Fonte www.cittaturistica.it

Anticamente, qui, il carnevale cominciava la notte di Capodanno, con l’apertura delle sale da ballo, luogo in cui spesso si scontravano i ceti sociali rivali: da una parte i benestanti, dall’altra, i pastori e i contadini, e, sullo sfondo,0 l’esigenza di cambiare, anche se solo per quel periodo, l’assetto sociale della comunità. Era anche un momento di libertà, di tregua sociale e di inversione di ruoli, in cui gli umili e i senza voce potevano manifestare finalmente le loro idee e ridicolizzare le autorità civili ed ecclesiastiche, così potenti e temute. Oggi, invece, sono i tradizionali fuochi di Sant’Antonio Abate a dare il là al carnevale, ma, come allora, la festa esprime il desiderio di cambiamento e libertà, un bisogno che si soddisfa attraverso il riso e la golosità e che emerge dai simboli di fertilità, dall’esplicita allusione sessuale.

Bosa, Sa Attittadora e Gioldzi – Fonte www.ilovesardegna.com

In questo splendido borgo della Sardegna centro-settentrionale, la vera festa entra nel vivo nella settimana che precede il Giovedì grasso, con l’evento de “su Lardazholu”, quando diversi gruppi mascherati spontanei vanno di porta in porta per la tradizionale questua: mele, fichi secchi, vino, salsicce, arance e dolci andranno a imbandire la tavola per un grande e gioioso banchetto notturno. A donarli saranno amici, parenti e i compaesani più facoltosi, che concederanno “sa parte’e cantare”, ossia la ricompensa per un canto, intonato con versi ironici e satirici e ispirato alle avventure dei bosani, tra cui malefatte di preti e di politici, e gli “incidenti” accaduti a qualche donzella inesperta. La satira prosegue anche la domenica e il Lunedì grasso, con i “mutettus a trallallera” sugli eventi pubblici più significativi dell’anno precedente.

Bosa, Sas Attittadoras – Fonte www.fuoriporta.org

Il momento più irriverente e goliardico del carnevale bosano si celebra, però, il Martedì grasso, una giornata intensa e ricca, divisa in due fasi distinte, che comincia dalla mattina presto, quando l’intera comunità si riversa per le vie del paese, attirata da striduli lamenti. Sono quelli de S’Attittidu, un lamento funebre, emesso da Sas Attittadoras, che annunciano la morte, ormai vicina, di Gioldzi, il simbolo del carnevale. S’Attittadora è la prefica che recita lamentazioni funebri e, contrariamente a quanto si potrebbe pensare, non è affatto una maschera cupa, ma traspira ironia e leggerezza: vestita a lutto, con il viso dipinto di nero con “s’oltigiu brusiadu” (sughero bruciato), indossa una gonna lunga, un bustino e uno scialle con le frange. Porta in braccio, o su una carriola, Gioldzi, un neonato morente, rappresentato da un bambolotto smembrato, macchiato di sangue, oppure da un fallo in legno o in cartapesta, o ancora da animali domestici di pezza. Sas Attittadoras, tra scherzi e risate, coinvolgono i presenti in un’azione che enfatizza l’amplesso e importunano le giovani donne, palpando loro il seno e chiedendo “unu tichirideddu de latte”, un goccio di latte, che “magicamente” si trasforma in malvasia: un tentativo di salvare il piccolo neonato, affamato e abbandonato dalla madre, poiché dedita ai bagordi del carnevale. In questa stramba mattinata, in cui Sas Attittadoras e il neonato Gioldzi sono i protagonisti principali, si ballano “su ballu de sas kadreas” (il ballo delle sedie), su ballu tundu (il ballo tondo) e “su ballu’e s’iskoba” (il ballo della scopa) e si intonano versi satirici e blasfemi.

Bosa, momenti de S’Attittidu – Fonte www.flaniereninsardegna.com

Bosa, S’Attittadora – Fonte www.giacomunicazione.it

Bosa, S’Attidadora con un Gioldzi particolare – Fonte www.flaniereninsardegna.com

Al calar della sera, però, una calma surreale annuncia un cambio di scena. Scomparse, ormai, le prefiche, sono i Gioldzi, le anime del carnevale morente, a vagare per le vie del paese. I Giolzi sono le maschere in bianco, padrone della notte, che – con il viso dipinto di nero, una fodera di cuscino per copricapo, un lenzuolo per mantello e una lanterna in mano – corrono frenetiche in una sarabanda sfrenata, si inseguono per i vicoli e sono alla caccia di Gioldzi, il carnevale che fugge e si cela nel sesso dei partecipanti. In questa folle corsa, quando una maschera riesce a catturare l’altra, illumina la zona dei genitali, lanciando il tradizionale ritornello: «Gioldzi! Ciappadu l’appo! Ahi Gioldzi! Dammilo Gioldzi!», ossia «Gioldzi! L’ho preso! Ahi Gioldzi! Dammelo Gioldzi!». Poi scappa di corsa, alla ricerca di un’altra vittima, in quella che si afferma come una vera e propria caccia al sesso. Fate attenzione, però, perché la caccia coinvolge anche i presenti non mascherati: anche loro potrebbero essere scambiati per Gioldzi e, quindi, subire lo stesso trattamento.

Bosa, i Gioldzi

Bosa, il rogo di Gioldzi – Fonte www.flaniereninsardegna.com

Solo quando il vero Gioldzi – rappresentato da un fantoccio di stracci e paglia e con una botte per pancia – alla fine viene scovato, la caccia si arresta e segue un travolgente corteo, durante il quale il fantoccio viene, pian piano, bruciato.

Bosa, i Gioldzi intorno al rogo.

“Su Carrasegare Osincu” è, dunque, un carnevale senza freni, una festa esuberante che nel XVI secolo fu addirittura limitata con alcuni decreti. Sebbene si sia perso il senso originario della manifestazione, nei festeggiamenti si leggono ancora dei riferimenti ad un rito di fertilità pagano: la rievocazione della morte del carnevale e la sua rinascita dalle ceneri, Gioldzi che tenta di fuggire al suo destino celandosi nel sesso dei partecipanti e, ancora, l’euforia collettiva e la simbologia sessuale che esprimono il bisogno di libertà dopo la carestia invernale. A Bosa, il clima scalmanato del carnevale rievoca quello tipico di un baccanale.

Bosa, S’Attittidu – Fonte www.bluebosa.it

Se volete farvi travolgere dal folle e spontaneo “Carrasegare Osincu”, gli appuntamenti partono da giovedì 1 febbraio, con su “Lardazholu”, e proseguiranno la settimana successiva dal Giovedì grasso, 8 febbraio sino al Martedì grasso, 13 febbraio, con S’Attitidu e i Gioldzi. Non perdete, infine, l’appuntamento di sabato 10 febbraio, dalle ore 15.00, con la sfilata in maschere sul fiume Temo per il “SUPer carnevale”, cui seguirà il consueto “Sabato delle cantine”, ai piedi del quartiere medievale di “Sa Costa”, occasione in cui gli abitanti offriranno ai visitatori il vino e i prodotti tipici locali.

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