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Vistamusic: Claudio Conti, il folk rock che da Cagliari e il Poetto viaggia per il mondo

Claudio Conti è un cantautore folk rock cagliaritano. Classe 1981, è residente al Poetto, dove e nato e cresciuto e dove è tornato, dopo anni vissuti negli Stati Uniti, a Londra, a Roma.

Forse non è ancora conosciuto come altri artisti nel panorama della sua città natale, a livello nazionale e internazionale però si sta facendo spazio sulle pagine delle riviste di settore. La lista dei concerti tenuti tra l’Italia e gli Stati Uniti in questi ultimi anni comincia a farsi lunga. Pochi mesi fa è uscito il suo terzo album in studio, a distanza di un anno dal secondo, mentre il quarto è in cantiere.

«Una faticaccia, che si riesce a fare solo se si ha la passione per la musica» ci dice Claudio, di fronte a una tazza di caffè in un bar del Poetto, dove lo incontriamo mentre legge un libro su Lorenzo Il Magnifico. È difficile produrre musica o anche solo farla? «È difficile farla, bisogna andare contro a dei costi asfissianti causati dal sistema SIAE, è difficile produrla, per gli stessi motivi uniti a una logica che favorisce solo chi ha già followers sui social network». Però tre dischi sono usciti, il quarto è in arrivo. Come stanno andando? «Ho ricevuto già trenta recensioni, metà su giornali di settore stranieri, metà sui principali giornali di settore italiani». Positive? «Direi proprio di si. Ma più che positiva o negativa una recensione su un’opera dovrebbe essere distinta in approfondita e non approfondita. Sempre meglio avere un’analisi più accurata possibile».

L’ultimo album da solista di Claudio Conti, Garnet Dusk.

Come è nato il cantautore Claudio Conti? Da quando scrivi e fai musica? «Ricordo i dischi di Mozart a casa di mia nonna, quelle sinfonie mi affascinavano fin da piccolissimo. Posso dire che è nato tutto da lì. Ho cominciato a scrivere che non avevo ancora 20 anni, ho registrato in casa i primi brani durante gli anni dell’università, da allora non ho più smesso». Ora stai vivendo a Cagliari, hai un tuo lavoro, che non c’entra con la musica, ma nel resto del tempo suoni o studi gli altri artisti. Insomma una passione vera e propria. Quali artisti ti hanno influenzato? «Bowie, Buckley, gli Smiths, e con questi tanti altri. Ma non mi sono rifatto solo ai musicisti. Nei miei testi c’è tanto della letteratura italiana, da Dante a Calvino, passando per Ungaretti. La poesia è una componente fondamentale, la cultura italiana è una miniera infinita. Tutti i miei testi sono in forma di poesia».
Curioso che canti in inglese. «Per parlare col mondo preferisco usare l’inglese. Nulla contro chi sceglie di cantare in italiano, ma non vedo perché per esprimere cultura italiana non si possa usare anche l’inglese, che per comunicare con il mondo intero è una carta in più». Cosa comunicano le tue canzoni? «Tante cose. Non si deve credere che il cantautore narri solo la propria vita, anzi. Spesso in una canzone si narrano, si raffigurano storie e vite di personaggi diversi, letterari o realmente esistiti. Rispetto ad altre forme d’arte, secondo me, recitazione e musica sono molto più vicine di quel che si pensi. Il cantautore si fa interprete, recita, racconta».
Hai attinto tanto dalla cultura italiana, ma ti sei formato fuori per anni.
«Si. L’Italia con la sua storia è una miniera, attualmente però gli scambi culturali, i confronti, le scene dove fare tutto questo sono nel mondo anglofono, Stati Uniti e Londra in primis». Laurea in lingue qui a Cagliari, poi subito in giro per il mondo, Chicago, Los Angeles…«Anzitutto San Francisco, che scelsi intenzionalmente per vedere quei luoghi magici che negli anni ’60 sono stati il centro della creazione musicale, della sperimentazione. Ho affinato e studiato continuamente e, nel 2008, ho pubblicato il primo EP, ispirato a Syd Barrett (fondatore dei Pink Floyd, ndr), poi un secondo fatto di 13 brani folk. Ho fatto parte di una band psychedelic rock, i Magic Salad, assieme a Davide Sgualdini, qui a Cagliari».
Insomma un periodo di viaggi che è durato fino a oggi. «Si. Il viaggio è basilare. Vedere nuovi posti, anche per poche settimane, è utilissimo per stimolare la propria curiosità e trovare nuove ispirazioni, oltre che per imparare e confrontarsi». Come trovi Cagliari? «Bellissima. Ha delle cose che in altre città, pur centri del mondo, trovi con più fatica: gli spazi ampi. Cagliari non è claustrofobica, è fatta di spazi aperti, e molto diversi fra loro. A Cagliari puoi farti una passeggiata e sederti in spiaggia, o al parco delle Saline, per esempio, e goderti il silenzio. Ottimo per pensare e scrivere nuovi brani».
Autore di tutti i testi dell’LP Every Forest Has Its Shadow dei Magic Salad, nel 2014 finisci di lavorare al secondo disco che porta il tuo nome, il primo da solista, Saltworks, mentre a novembre scorso hai pubblicato Garnet Dusk, sempre da solista. Anche questi due li hai prodotti qui a Cagliari. «Si li ho prodotti qui e con le mie finanze, con tanta difficoltà. Qui a Cagliari, ma è così in tutta Italia, sembra non si dia più valore al lavoro artistico. Non si ritiene più concepibile che il lavoro intellettuale sia anzitutto un lavoro per chi lo fa, e che questo per essere fatto con cura richiede tempo e impegno». Negli Usa e a Londra non è così? «Lì c’è un interesse, anche da parte del pubblico, più forte. Ho trovato molta disponibilità, soprattutto una sensibilità maggiore. Un esempio? Nei locali in cui ho suonato negli Usa gli avventori si comportavano senza disturbare il musicista e ascoltatori. Credo ci sia più abitudine ad assistere ad un’esibizione dal vivo dentro un locale. Questo per chi suona è molto importante, costituisce una forma di rispetto per il proprio lavoro che poi si trova anche in altri ambiti».

Insomma si potrebbe migliorare. «Certo anche perché, come ho detto prima, l’Italia, come luogo di produzione di cultura, fino al ‘900 incluso non ha avuto eguali. I temi della letteratura rinascimentale sono spesso gli stessi trattati tuttora dagli intellettuali di tutto il mondo. Da questo tesoro in Italia possiamo tornare a essere un polo per le nuove produzioni, senza più accontentarci di vivere del passato, o vedere l’arte come un qualcosa che non fa parte della nostra vita». Il quarto disco quando uscirà? «Non c’è una data precisa. Con i ragazzi che suonano con me non ci mettiamo troppa fretta, preferiamo provare bene tutto».

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