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Il ritorno di Massimo Cellino nel campionato italiano, tra nuovi esoneri e vecchi fallimenti

Massimo Cellino

Era l’estate del 1992 e un giovane imprenditore di Sanluri decideva di rilevare il Cagliari calcio dalle mani degli Orrù. Costo dell’operazione 16 miliardi di lire, una salvezza economica e sportiva che pochi avrebbero pensato così lunga e piena di avvenimenti, sportivi e non. Nei successivi diciasette anni, Massimo Cellino ha portato i colori rossoblù a raggiungere una semifinale di Coppa Uefa e una di Coppa Italia, tante salvezze e due tremende retrocessioni. Dopo di che l’addio, tra polemiche ed esultanze.

I tifosi del Cagliari non erano più soddisfatti della gestione celliniana. Volevano di più di fronte alle belle favole raggiunte in altri lidi (Chievo, Udinese, Atalanta, Sassuolo) , volevano un briciolo di competizione che non si basasse ogni anno su una salvezza risicata ed un appiattimento alla mediocrità generale. Quando nel giugno 2014 decide di vendere la società a Tommaso Giulini, di fronte al giubilo dei tifosi rossoblù si staglia un viso stanco e appesantito tanto dagli anni quanto da processi extracalcistici. Col tempo si è spenta la fiammella che lo teneva legato alla squadra, aveva bisogno di nuovi stimoli che lo portassero altrove: ecco perché il 1 febbraio del 2014 diventa proprietario della storica società inglese del Leeds United. I tifosi britannici lo accolgono festanti, dopo anni di difficoltà societarie era arrivato un uomo in grado di riportare in alto il nome della propria squadra: purtroppo non sarà così.

Massimo Cellino aveva in mano una Ferrari ma non è stato capace ad usarla. Immerso nel suo carattere fumantino e molto legato alla scaramanzia, in pochi mesi ha ottenuto il voltafaccia dell’intera tifoseria e le critiche degli ex storici del Leeds. Allenatori esonerati in sequenza, un portiere licenziato solo perché nato il giorno 17, inservienti licenziati per ridurre le spese del club, acquisti spesso sballati e zero risultati: in tre anni di gestione non riesce a riportare la squadra in Premiership, fallendo ogni proposito. Inoltre deve avere ancora a che fare con la giustizia per una condanna in primo grado per evasione fiscale comminatagli in Italia, visto che la Football League decide di opporsi per due anni all’acquisto della squadra inglese. Il braccio di ferro si è concluso con la disamina e l’accoglienza del ricorso presentato dai suoi legali riguardo la presunzione d’innocenza sino all’ultimo grado di giudizio disposta dalla giurisprudenza italiana.La Football League è stata così costretta ad accogliere Cellino nel novero dei presidenti della serie B inglese.

Il fuoco dentro si spegne dopo appena tre anni, così vende il Leeds. La voglia di calcio è così forte che prima si interessa al Genoa e successivamente al Brescia, ma solo coi lombardi l’affare va a buon fine per circa sei milioni di euro. Il fuoco è ripartito, ha cominciato ad ardere sin dalle prime battute con toni roboanti: il Brescia deve tornare in serie A, deve avere uno stadio di proprietà, deve far sognare i tifosi. Le cellinate però sono sempre dietro l’angolo, e non risparmiano nessuno. Prima chiama e poi caccia il direttore sportivo e amico Nicola Salerno per contrasti insanabili; prima conferma senza troppo entusiasmo il tecnico Roberto Boscaglia, quindi lo manda via senza troppi complimenti per ingaggiare Pasquale Marino, attualmente sulla graticola per risultati deficitari; costringe il Brescia calcio femminile a migrare a Lumezzane per giocare i turni di Champions League con la scusa che « il campo del Rigamonti è disastrato, rischia di rovinarsi ulteriomente ».

Al di là delle solite scelte, ripetute instancabilmente da ventincinque anni, Massimo Cellino a Brescia piace. Nonostante sia ben visibile la stanchezza e la sua incapacità di uscire dal modus operandi degli anni ’90, l’ex presidente rossoblù piace per la sua schiettezza e la sua grinta, urlata ai giornali per galvanizzare la folla e meno la sua squadra. « Ho l’impressione di aver trovato un andazzo dell’accontentarsi con troppa facilità in questo club » ha dichiarato un mese fa. « Si possono mettere tutti i leoni o meglio tutte le leonesse che si vogliono sulla maglia, ma sarei soddisfatto se iniziassero a vincere e dedicarsi seriamente al lavoro che bisogna fare. Devono interpretare sul campo il rispetto e l’impegno utile alla maglia che indossano. Sono finiti i tempi dei mediocri a Brescia! ». Intanto i risultati latitano e nel futuro del Brescia sembra poter esistere un altro anno di purgatorio, nonostante la volontà dell’ex presidente rossoblù di trovare la promozione alla massima serie alla prima stagione coi colori della Leonessa.

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