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Lo sapevate? Un tempio dedicato ad Adone e Venere dove oggi sorgono le Poste di piazza del Carmine

Il tempio di Venere e Adone in piazza del Carmine riti d’amore e morte nella Cagliari romana

di Carla Cossu

Non tutti lo sanno, ma sotto il moderno edificio delle Poste che si affaccia tra Via Malta e piazza del Carmine, sorgeva in età romana un tempio-teatro, secondo gli studiosi dedicato a Venere e Adone. Il ritrovamento di decine di statuette, di frammenti di un letto rituale e di un grande quantitativo di corallo grezzo, ci consente di ricostruire gli aspetti di un culto che, tra complesse cerimonie e sacre rappresentazioni, coniugava amore e morte.

Corallo grezzo (foto google)

È il poeta latino Ovidio a raccontarci la storia di questa coppia infelice: Venere, la dea dell’amore, colpita per errore da una delle frecce di Cupido, si era innamorata del bellissimo giovinetto Adone e ne era diventata la compagna inseparabile. Purtroppo quest’ultimo, oltre alle grazie della dea, non disdegnava i piaceri della caccia, che praticava temerariamente. A nulla valsero le raccomandazioni di prudenza dell’amata: un giorno Adone si imbatté in un mastodontico cinghiale, tentò di catturarlo, ma venne morso all’inguine e morì dissanguato. L’unica consolazione di Venere fu veder nascere dal suo sangue degli anemoni rossi, che per sempre ne avrebbero perdurato il ricordo.

Del tempio cagliaritano che celebrava questo mito non conosciamo le forme precise, ma possiamo intuirle da alcuni indizi: gli scavi e le antiche monete ce lo presentano come un piccolo edificio, databile al II secolo a. C., con una facciata costituita da quattro colonne e un frontone triangolare. Attorno ad esso vi doveva essere un ampio spazio coltivato a giardino, un pozzo e, aspetto decisamente particolare, un teatro in cui si svolgevano le sacre rappresentazioni in ricordo della morte dell’eroe.

Moneta del I sec. a. C. con riproduzione del tempio di Venere

Il prototipo del teatro-tempio è tipico dell’area geografica centro-italiana e pone la Sardegna del tempo al centro di una fitta rete di scambi economici con la penisola, legati allo sfruttamento delle risorse naturali isolane.  È proprio il confronto con altri edifici simili del contesto italiano che ci permette di immaginare quali fossero i riti e le pratiche che interessavano il santuario. Ad esempio, il tempio di Venere e Adone a Gravisca, nel Lazio, offre molte testimonianze a proposito.

Come spiega l’archeologo Mario Torelli: «Il 23 di luglio, giorno della canicola, si celebrava questa grande festa, presa a prestito dal mondo fenicio, che simboleggiava il compimento del ciclo agrario annuale: nel corso di tale festa, le donne, soprattutto le prostitute, presenti in gran numero in questo, come in tutti i santuari consimili, celebravano il “ritorno” di Adone danzando e bevendo per tutta la notte, in attesa che l’eroe si accoppiasse con la dea, per poi piangerne ritualmente all’alba la morte». Durante le celebrazioni, la statua del giovane giaceva su un letto rituale protetta da un baldacchino; dopo il momento della festa e della gioia per l’amore appena consumato, seguiva però il momento della disperazione, durante il quale le donne si scioglievano i capelli, si slegavano le vesti e si percuotevano il petto al ritmo di tetre melodie funebri.

Statua etrusca del III sec. a. C. con Adone morente, Musei Vaticani

Anche il grande quantitativo di corallo grezzo ritrovato a Cagliari è da mettere in relazione con la simbologia della morte di Adone: oltre al suo uso commerciale e ornamentale il corallo poteva fungere da medicinale, se opportunamente macinato e trattato, ma soprattutto da amuleto, per il suo valore magico e apotropaico. Inoltre, il ritrovamento di bracieri e statuette di terracotta usate come offerte votive ci dà l’idea di quanto fosse vivace la vita del santuario che, secondo l’archeologa Simonetta Angiolillo, dovette persistere fino al 46 a. C. circa, quando Cagliari ricevette da Giulio Cesare l’importante status di Municipium. A quel punto, forse, il piccolo tempio non fu più considerato adatto al prestigio assunto dalla città: fu dunque abbandonato e cadde in disuso.

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