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Paolo Faragò tuttofare: segna, fornisce assist… e provoca rigori. Ma questo Cagliari deve cambiare strada se vuole salvarsi

Il Cagliari esce indenne dall’esame Benevento col batticuore. Come una prova universitaria dove si balbetta per quindici minuti prima di rispondere alla grande all’ultima domanda e strappare un diciotto risicato, utile a scacciare via un periodo nero di brutte figure. E quella di ieri notte stava diventando l’ennesima prova irritante dentro uno stadio che dovrebbe avvolgere e fortificare, ma che invece ha il potere di far sorvolare fantasmi sopra le teste dei rossoblù. A decidere in toto il risultato la prova strepitosa di Paolo Faragò da ala destra, macchiata dal “fallo” da rigore che tanto rigore non era.

« Ci abbiamo creduto fino alla fine » ha dichiarato Diego Lopez in conferenza stampa, « purtroppo non solo non abbiamo chiuso la gara, ma ci siamo abbassati troppo e questo non va bene ». Non solo il Cagliari si è abbassato, ma ha concesso campo ed iniziativa, ha dimenticato completamente come si opera una ripartenza con passaggi verso il nulla e corse a vuoto. Ha subìto un reset delle regole basilari del calcio lasciandosi abbandonare in balia delle onde, sballottato a destra e a manca da una formazione obiettivamente buona per la Serie B ma troppo scarsa e inesperta e impreparata a livelli maggiori. De Zerbi non poteva fare miracoli ma almeno ha avuto il pregio di spingere i suoi a crederci, a credere che almeno un punto sarebbe stato possibile per muovere la classifica e provare una insperata rimonta. A crederci perché contro questo Cagliari può succedere di tutto, e dopo Genoa e Sassuolo e Chievo poteva esserci speranza anche per loro. Invece la decima sconfitta di fila è arrivata impietosa, come un macigno su un morale già debole. Ed ha risollevato una squadra, quella di Lopez, che aveva bisogno disperatamente di dimostrare qualcosa a se stessa: che c’è e lotta, che vuole raggiungere risultati ma ha troppo paura di sbagliare, di sentirsi inadeguata. Il rigore sbagliato da Marco Sau ha dato questa sensazione tremenda, di ansia e affanno in una stanza buia dove trovare la porta d’uscita appare azione impossibile. Fino al gol di Leonardo Pavoletti, all’abbraccio collettivo col pubblico, alla gioia incontenibile, alla lacrime e alla voglia di gridare al mondo intero che “siamo ancora qua, leviamoci di dosso i timori e avanziamo con coraggio in classifica”. I punti sono nove, la distanza dal terz’ultimo posto è di sole tre lunghezze ma le formazioni che navigano nella zona rossa non paiono in grado di risolvere a breve i tanti problemi che li affliggono.

Protagonista di nottata il centrocampista reinventato prima terzino e poi ala Paolo Faragò. Una prestazione di corsa e fatica, condita dal primo gol in serie A su una palla schiacciata che ha concluso una azione insistita e nervosa. Poi ancora corsa, su e giù per la fascia, qualche buona giocata e tanti cross – a volte troppo lunghi, a volte deboli, a volte giusti ma non abbastanza per la testa dei compagni. Poi al 93′ quel “fallo” da rigore, un semplice contatto che rigore non era ma che arbitro e VAR hanno deciso di assegnare comunque. Probabilmente, col pareggio finale, sarebbe stato additato come il responsabile della nuova debacle, della opportunità mancata. Poi, nel giro di trenta secondi una partita può anche cambiare pelle, può regalare una smorfia diversa che sa di sorriso. Basta un cross, né debole né lungo. Basta ancora una volta un cross giusto sul quale Pavoletti si avventa con la rapacità di chi ha bisogno di gol, che ha fame di soddisfazioni e di ripagare la spesa nel mercato estivo. La palla entra e crolla il mondo, tutti giù per terra, ad abbracciarsi coi tifosi e a volersi tanto bene. Il Cagliari batte il Benevento, Faragò ci ha messo lo zampino in tutti i gol ed ha deciso a modo suo la partita.

 

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