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Ritratto di un allenatore pratico e (quasi) mai amato: il lungo rapporto tra Massimo Rastelli e il Cagliari

Massimo Rastelli non è più l’allenatore del Cagliari. L’esonero è scattato ufficialmente questa mattina con un comunicato stampa sul sito della società anche se era nell’aria dalla giornata di ieri. Pareva essersi salvato, ancora una volta, dopo che domenica si era presentato in conferenza stampa al termine di un susseguirsi di voci che lo davano in sella almeno fino alla sfida casalinga col Benevento. Ma il tono era quello dell’amarezza, ben conscio di aver esaurito il bonus diversi mesi fa e che la pazienza della dirigenza era terminata. Forse sulla scelta ha pesato anche il parere dello spogliatoio, non più in sintonia non solo col tecnico ma anche col resto del suo staff.

Il 13 giugno del 2015 era prevista la presenza ad Assemini di un altro allenatore: Maurizio Sarri. L’ex tecnico dell’Empoli è stato per giorni vicinissimo al Cagliari, salvo volare a Napoli appena se n’é presentata l’occasione. Due piazze diverse, con obiettivi e giocatori diversi che non potevano certo indurre al dubbio. Così nel giro di 24 ore, fidandosi del suo istinto e non dei suggerimenti del suo neo direttore sportivo Stefano Capozucca (che consigliava Colantuono e Gasperini), Tommaso Giulini chiuse per il nome di un outsider che fin lì aveva fatto faville. Massimo Rastellì arrivò al centro sportivo rossoblù con l’aria del vincente, di colui che raggiunge qualunque obiettivo, basta che ci sia da inanellare successi. Per raggiungere la Sardegna fece carte false: stracciò un accordo verbale di rinnovo con l’Avellino e strinse la mano a Giulini. Il Cagliari era una piazza troppo ghiotta per lasciarla scappare via, con la promessa di una pronta risalita in serie A e di un futuro ricco di ambizione. Nonostante dichiarasse di voler riportare la squadra nella massima serie, i tifosi non lo presero in simpatia. Colpa del suo carattere schivo, delle sue parole sempre troppo banali e di quell’insana voglia di voler cancellare Zdenek Zeman. “Meglio in B con Zeman che in A con altri allenatori” gridavano dagli spalti, e continueranno i paragoni tra il calcio scintillante del boemo e quello pratico del campano. Anche la provenienza non aiutava, dato che Campania è sinonimo di Napoli e di ricordi troppo dolorosi per essere dimenticati. Aveva tutto di negativo per non piacere, secondo i tifosi.

Rastelli portato in trionfo dai suoi giocatori.

Non basteranno nemmeno le vittorie, il campionato di serie B vinto, la prima posizione finale mai raggiunta in precedenza, le goleade, gli 83 punti (altro record) e i 78 gol fatti. Non basta strapazzare il Bari in Puglia, tenere a bada il sorprendente Crotone di Juric, l’esplosione di Melchiorri e Joao Pedro e Farìas. Non basta perché la squadra non ha raggiunto i 100 punti, non le ha vinte tutte, non ha dato un distacco di almeno venti punti alla seconda in classifica. Non basta perché la serie A non si può giocare con un allenatore nuovo a questi livelli, con un non-gioco, una tifoseria contro, un direttore sportivo che tenta in ogni modo di preferirgli altri colleghi. Rastelli capisce che l’unico antidoto sono gli obiettivi da raggiungere, e così prima o poi i tifosi capiranno da che parte sta la verità. Contano i risultati, non il bel gioco. Il bel gioco ha portato il Cagliari in B, ora bisogna essere cinici come sono ciniche le grandi squadre. Ma la serie A è dura, difficile: questa volta le goleade le subisce, e sono tante, troppe. È come un condottiero di una nave davanti al mare in tempesta, regge e sopporta, si libera di giocatori avversi che nello spogliatoio giocano a fare i politicanti, riprende a veleggiare e arriva a riva. La salvezza ha il sapore della salsedine, della sabbia morbida che accompagna i mari della Sardegna. Non basta ancora perché le goleade si fanno sentire, i mugugni negli spogliatoi pure. Firma comunque un confortante triennale e vede affacciarsi, finalmente, una tifoseria spaccata tra chi non lo sopporta e chi lo difende a spada tratta, convinto dai risultati.

La goccia che ha fatto traboccare il vaso di cristallo è stata la partenza di Marco Borriello. Arrivata improvvisa, ma l’ex bomber era da un po’ di tempo in continuo scontro con i collaboratori di Rastelli. Colpa dell’allenatore non aver perorato la sua causa, ma il Cagliari aveva bisogno di cambiare la sua mentalità ed evitare di pesare sempre sulle spalle di un buon attaccante di 36 anni. Borriello se ne va, arriva Pavoletti e tutto intorno pare non cambiare poi tanto. I rossoblù giocano bene, vincono, convincono. Poi basta un errore e si torna al punto di partenza: col Sassuolo, nel turno infrasettimanale, il tecnico decide di tirare la corda della condizione fisica dei suoi titolari, che perdono e crollano a poco a poco in fiducia e identità. La squadra ammirata nelle prime quattro giornate sparisce e si ripresenta un vecchio Cagliari, quello brutto e confuso dello scorso anno. Tornano i fantasmi, la paura dell’inadeguatezza. Rastelli regge ancora, ma continua a sbagliare, mal consigliato dai suoi vice. Purtroppo chi sbaglia, paga. E questa mattina il saldo ha dato una risposta definitiva, l’esonero. Se i rossoblù riusciranno a riprendersi con un nuovo allenatore, la prossima estate rescinderà il contratto in essere e troverà altre panchine sulle quali sedersi: Lazio, Sassuolo, Udinese e Chievo non fanno mistero di pensare a lui per il futuro. Se invece non dovessero comprendere il senso della propria forza, rivedremo il tecnico di Torre del Greco impartire la propria lezione sul prato della Sardegna Arena. Col solito proposito di vincere e raggiungere gli obiettivi previsti dalla società.

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