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Il Piccolo Museo “Contus de Arrejolas”. Dai detriti di un locale abbandonato, il tesoro di un quartiere

I segreti di un intero quartiere e i racconti della sua gente sono rievocati dalla collezione di mattonelle maiolicate del Piccolo Museo “Contus de Arrejolas” (racconti di mattonelle), nata come collezione personale, poi ampliata con le donazioni provenienti dal quartiere e riconosciuta di eccezionale interesse storico-artistico dalla Sovrintendenza per i beni culturali.

Era il 1992 quando Mercedes Mariotti, cagliaritana, ex professoressa e artista, acquistò un locale in via Lamarmora 67 a Cagliari, ai piedi del Palazzo Sanna Sulis, e con l’aiuto di Luciano Governi, ingegnere lo ha restaurato per farvi un laboratorio di ceramica. Quando iniziò i lavori nel locale, Mercedes e Luciano mai si sarebbero immaginati quello che poi vi avrebbero trovato all’interno. Accanto ad oggetti di uso quotidiano, cocci e resti di vasellame, sono spuntate qua e là delle mattonelle di maiolica dai motivi più disparati che i due decisero con grande lungimiranza e intuito di conservare.

Con il tempo ne sono arrivate altre, trovate fra i detriti dei lavori di ristrutturazione degli appartamenti del quartiere, che – come ricorda Mercedes – negli anni novanta ha vissuto un periodo di grandi restauri. «Qua davanti passavano i camion con i detriti degli appartamenti e io li fermavo – racconta – perché vedevo che dentro trasportavano anche mattonelle come queste». Centoventisei mattonelle in tutto, tutte fatte a mano in periodi diversi, recuperate e messe da parte in attesa di un’occasione per essere esposte. E quell’occasione, malgrado tutto, arrivò nel 2007 quando Mercedes decise di chiudere il laboratorio di ceramica e di trasformare quel locale in uno spazio espositivo proprio per quelle mattonelle che erano state accuratamente conservate.

La collezione, diventata ormai un piccolo museo iscritto all’Associazione nazionale dei piccoli musei, conta ad oggi circa 200 mattonelle, quasi tutte catalogate e individuata la loro provenienza e origine, sia attraverso i libri che grazie ai ricordi di coloro che visitano il museo che magari hanno dei ricordi e offrono dei dettagli, dei punti di vista nuovi. «È una raccolta che colpisce il cuore dei nostrani – racconta Mercedes – soprattutto cagliaritani e sardi, oltre che dei turisti, perché sono mattonelle magari viste nelle case dei nonni. Le persone qui entrano perché notano qualche mattonella dal motivo familiare».

Nel 2014 è iniziata la collaborazione con la Sovrintendenza per i beni culturali che, riconosciuto il valore storico-artistico della collezione, punto di riferimento per gli studiosi di archeologia post medievale, ha aiutato Mercedes a perfezionare lo studio delle mattonelle, di alcune in particolare. «Ce n’è una spagnola e che chiamiamo mattonella parlante, perché racconta tante cose – spiega Mercedes –trovata nello scantinato di un palazzo del quartiere e donata da un’amica. Lo stemma disegnato, un cervo, è quello della famiglia di un fante catalano, Guglielmo Cerveillon, inviato in Sardegna nel 1324 per cacciare i pisani e mai più andato via. Lo stemma diventò poi regale quando un membro di questa famiglia divenne viceré che, per intenderci, fu quello che precedette il Camarassa».

C’è poi quella che forma nel pavimento un motivo a diagonali e che per questo, nella tradizione popolare si riteneva scacciasse le mosche. «Ma non è solo una credenza popolare – precisa Mercedes – perché abbiamo avuto poi conferme da entomologi del fatto che la vista delle mosche non tolleri le diagonali ed è per questo che in molte cucine sarde, e della Penisola, si usavano le mattonelle con motivi di questo tipo».

Napoletane, liguri, spagnole e sarde. La provenienze e la datazione delle mattonelle è a volte difficile e avviene attraverso i loro motivi, i disegni, ma soprattutto, quando sono presenti sul fondo, i marchi degli artigiani che le hanno realizzate. Grazie a questi marchi, è stato addirittura possibile per alcune mattonelle risalire a fatture diverse, sebbene i motivi fossero identici. Un pezzo forte della collezione è poi la mattonella con un “marchio” assai curioso: l’impronta di un gatto che vi ha comminato sopra quando la mattonella stava ancora asciugando. Un difetto questo che ha salvato la vita alla mattonella, unica rimasta di una serie che è andata invece perduta.

Insomma, un piccolo museo che conserva grandi storie e che la grande passione della sua curatrice fa sì che in tanti possano contribuire a rendere sempre più ricco per continuare a raccontare le storie di una città, i legami e gli intrecci delle vite dei suoi abitanti che altrimenti andrebbero perdute per sempre.

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