Fare in modo che sordi e sordociechi vengano visti come persone con bisogni e modalità comunicative diversi, e permettere loro di apprendere le informazioni attraverso sensi diversi dalla vista e dall’udito. Questo è l’obiettivo in cui crede fortemente Stefania Fadda, affermata e pluripremiata psicologa e psicoterapeuta cagliaritana di 38 anni che oggi dirige il prestigioso Centro Assistenza per Bambini Sordi e Sordociechi (CABSS) di Roma. Un obiettivo perseguito con impegno e dedizione fin dai primi anni di studi universitari in Psicologia dell’età evolutiva a Cagliari: «All’Università studiavo le prime relazioni tra mamma e bambino, la configurazione dei primi legami di attaccamento e altri aspetti quali il ruolo della voce materna – ci racconta la dottoressa – ma nel frattempo, incuriosita dopo aver visto un’interprete di lingua dei segni al telegiornale, decisi di frequentare un corso all’ENS di Cagliari».
Da qui la psicologa scopre una realtà fatta di persone che sono tra noi ma non si vedono, quella dei sordi, con tutte le problematiche sociali annesse: «Mi resi improvvisamente conto di quanti servizi per noi scontati non fossero accessibili alle persone sorde, ad esempio – ci spiega – il cinema senza sottotitoli, l’impossibilità di relazionarsi con la farmacia di turno, di chiamare un taxi o il 118». Vista la sua base formativa, Stefania Fadda si incuriosisce quindi sul funzionamento psicologico di questo gruppo di persone, in particolare su cosa succeda ad un bimbo che nasce sordo nelle prime relazioni con la mamma, e a questo dedica la sua tesi.
Dopo un periodo di ricerca a Londra, viene accettata alla Gallaudet University di Washington DC, dove consegue il suo dottorato ma soprattutto vive un’esperienza unica. Appena arrivata, scopre infatti che nessuno lì comunica con la lingua parlata, e può sperimentare una condizione che lei stessa definisce di disabilità: «Il silenzio invadeva l’intero campus e all’inizio è stato frustrante – ci dice la psicologa – perché non conoscendo la lingua dei segni americana dovevo dipendere da un interprete». Ma tutto si è trasformato presto in una importante presa di coscienza: «Solo così mi sono potuta rendere conto che tutto è relativo, e che le persone sorde non hanno bisogno di ricette particolari per il benessere da parte di noi udenti, ma – spiega – di collaborazione e di accettazione del fatto che ognuno trova il suo modo di stare nella società e nel mondo, perciò qualunque loro scelta va rispettata».
Stefania Fadda premiata dalla Regione Sardegna con il riconoscimento “Dea Madre” nel 2014. Altri riconoscimenti erano arrivati negli anni precedenti, come il premio R.O.S.A. ed una medaglia del Presidente Napolitano.
Ora che per le persone sorde sono stati fatti molti passi avanti, non si può dire lo stesso della sordocecità, riconosciuta come disabilità unica solo nel 2010: «Alla base di questa condizione c’è una configurazione mentale ancora diversa rispetto a quella dei sordi e dei ciechi, con un altro modo di accedere alle informazioni, e ancora – segnala Stefania – mancano figure specializzate in tutti gli ambiti, ad esempio nelle scuole». L’impegno al CABSS è allora proprio quello di studiare a fondo le dinamiche alla base della ricezione delle informazioni nei bambini sordociechi, svolgendo un training cognitivo in uno spazio multisensoriale in modo che non si verifichino ritardi secondari nelle prime fasi di vita. La presenza dei genitori è fondamentale perché devono imparare ad interagire in modo ottimale col proprio figlio, ma anche per uno scopo più ampio: «Se i genitori per primi trovano il modo di entrare in contatto con questi bambini – conclude – diventeranno testimoni di come il mondo possa essere reso accessibile anche ai sordi e ai sordociechi, abbattendo tutte le barriere comunicative».