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Inaugurato a San Gavino lo spettacolare murale “Kore”, nuova opera dell’artista Giorgio Casu

murale kore giorgio casu

Un mito antichissimo come soggetto dell’arte contemporanea, in un murale che sembra quasi un dipinto su tela. Eccolo “Kore”, il nuovo capolavoro di Giorgio Casu, completato a San Gavino dopo dieci giorni di lavoro costante da parte di tutta l’Associazione Culturale “Schizzo” su una parete di 220 mq concessa dalla famiglia dei fornai Foddi. L’artista ci tiene a ringraziare tutte queste persone, ma anche a spiegare simbolismi e rimandi che sono meno evidenti rispetto alla bellezza e alla maestosità del complesso, ma altrettanto importanti.

L’artista Giorgio Casu assieme all’attore Jacopo Cullin, che ha collaborato ad alcune fasi di realizzaizone del murale

Protagonista dell’opera è infatti Kore, altro nome di Persefone, che nella mitologia greca fu rapita giovanissima dal dio dell’oltretomba Ade e che da allora trascorreva sei mesi all’anno nell’aldilà e gli altri sei sulla terra a fianco alla madre Demetra. «L’aldilà rappresenta un periodo di riflessione personale che periodicamente ognuno di noi vive – ci spiega Giorgio Casu –, e da cui usciamo più elevati dal punto di vista esperienziale, rinnovandoci continuamente». L’accezione è quindi positiva perché è questa fase che ci permette di continuare a sbocciare e a rigenerarci, proprio come accade alla giovinetta raffigurata nel murale, che sta abbandonando il suo periodo di oscurità provocando un’esplosione di primavera.

La porta dell’ultraterreno è ormai alle spalle, come sottolineato dal sublime effetto prospettico reso dalla scala di grigi (pattern ripreso, ci dice Giorgio Casu, da alcune opere dello street artist sardo Roberto Ciredz), ma la transizione è in pieno divenire: «Kore nel murale ha il corpo grigio proprio perché non è ancora completamente uscita dall’aldilà – prosegue l’artista –, in richiamo alla Primavera di Botticelli che raffigura Ade proprio in grigio e a cui mi sono ispirato anche per realizzare la cornice».

Evoluzione, metamorfosi, elevazione spirituale e sublimazione. Questi quindi i temi, ripresi anche nei dettagli più colorati del murale: il pavone come simbolo di vita e di ricerca della bellezza; le farfalle monarca, capaci di compiere migrazioni di massa lunghissime (dall’America del Nord al Messico) e di perpetuare il loro progetto di sopravvivenza attraverso le generazioni; il colibrì, realizzato dal maestro Daniele Pillitu, come gioia di vivere e forza d’animo per rinascere dopo i periodi più bui.

Un dettaglio di alcune delle farfalle monarca rappresentate nell’opera

Il richiamo al contesto è infine ugualmente presente con la melagrana, una delle piante più caratteristiche del territorio e anch’essa legata, come frutto, alla leggenda di Kore. Si narra infatti che la giovane, in seguito al ratto, mangiò sei chicchi di melagrana, e furono quelli a condannarla a scontare sei mesi all’anno nell’aldilà. Ma non solo: «Ritorna anche qui il tema del dualismo e dell’incontro tra le dimensioni – conclude l’autore del murale –, dato che la melagrana può rappresentare la ghiandola pineale, vista dai Romani come il luogo di unione tra corpo e spirito, come porta per l’ultraterreno in cui vivere esperienze esoteriche».

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