Nella discarica di Assemini al centro dello scandalo Fluorsid c’erano più di 35 mila tonnellate di fanghi provenienti dall’azienda di proprietà di Tommaso Giulini, contenenti una quantità di arsenico 140 volte superiore ai limiti consentiti dalla legge. Questo l’allarmante risultato prodotto dalle analisi chimiche svolte dal Corpo forestale sulla parte di discarica sequestrata più di un mese fa a Macchiareddu. A raccontare di questi interramenti anomali sono stati i due operai di una società appaltatrice finiti tra i sette arrestati. Nel corso dei loro interrogatori fiume con i magistrati raccontarono dell’uso dei cannoni ad acqua che sarebbero dovuti servire per non permettere l’innalzamento di polveri dai cumuli nella discarica. Oltre ad acqua normale i cannoni avrebbero pescato anche i liquidi derivanti dai processi di lavorazione della fluorite, carica di arsenico.

Donne sarde, donne di carattere. Lo si dice spesso e a volte la storia interviene a corroborare questa tesi. Un primato in rosa molto particolare spetta infatti a una donna sarda, Grazia Pinna, cagliaritana residente in Toscana. Nel febbraio del 1979 passò alla storia per essere stata la prima donna arbitro d’Italia.

Come racconta un articolo de L’Unione Sarda del 14 febbraio 1979, Grazia Pinna, precedentemente commessa della Rinascente di Cagliari, dal «corpo minuto e gli occhi intensi», si era trasferita dal 1962 in Toscana per seguire il marito, un pasticciere, poi scomparso prematuramente. Allora 35enne, vedova e madre con due figli, fu scelta ufficialmente dall’Uisp per arbitrare partite di calcio.

Un primato conteso però da altre donne, tutte sarde o con legami con la Sardegna. Quando infatti uscì la notizia di Grazia Pinna, una 32enne di Guspini cresciuta a Terralba ed emigrata a Roma, Agnese Carta, raccontò di aver arbitrato da più tempo per conto della Fia. Come lei altre due donne, Placida Marrosu, anche lei sarda, e Paola Oddi, romana, ma sposata con un uomo di Bitti. Tutte in realtà arbitravano match da diversi anni. L’eccezionalità di Grazia Pinna fu proprio il riconoscimento da parte dell’Uisp, allora ancora negato dalla Figc, autorità competente per le altre tre donne.

Di chiunque sia stato il primato, una cosa è certa: per “mettere la gonnella” a un arbitro ci voleva per forza di cose una sarda.