Iglesias o Villa di chiesa, in qualunque modo la si voglia chiamare, la celebre città del Sulcis richiama già nel nome l’antica devozione della sua gente che raggiunge l’apice proprio nel periodo che precede la Pasqua. Sono infatti i riti della Settimana santa a suggellare ogni anno il legame tra i fedeli e la tradizione religiosa che trae le sue origini nel lungo periodo (dal 1324 al 1718 ca.) in cui la Sardegna e la stessa città di Iglesias erano sotto la dominazione spagnola.
Nel mondo cattolico, le origini della nascita e affermazione di questi riti si collocano nel periodo successivo al Concilio di Trento (quest’ultimo terminò nel 1563) quando la Chiesa diede delle indicazioni importanti in materia di pubbliche devozioni, promuovendo quindi dall’alto la pratica delle processioni. Prima di questo periodo, infatti, dal XIII secolo in poi, la devozione popolare si esprimeva attraverso le sacre rappresentazioni, nelle piazze e nei sagrati delle chiese, della passione di Cristo. Come ricorda lo studioso Roberto Poletti, dopo il Concilio di Trento con la nascita delle confraternite della Settimana santa, la celebrazione della passione di Cristo in Spagna e in Italia non venne più affidata alle sacre rappresentazioni ma alle processioni di statue e gruppi processionali che risultavano essere più facilmente controllabili dalle stesse autorità ecclesiastiche.
Ad Iglesias, l’usanza delle processioni nel periodo pasquale nasce negli ultimi decenni del 1600 quando, secondo la testimonianza del 1743 del confratello De Lamatta, prendendo esempio dalla città di Cagliari, si decise di istituire le processioni dei Misteri e del Descenso coinvolgendo il popolo, il quale avrebbe dovuto partecipare al trasporto delle statue. Fu l’Arciconfraternita della Vergine della Pietà del Santo Monte di Iglesias, con la collaborazione di altre quattro confraternite operanti in città, ad introdurre e custodire questi riti nel corso dei secoli sino ad oggi. È infatti sempre l’Arciconfraternita del Santo Monte, nata intorno al 1500 e unica sopravvissuta in città, a custodire una delle tradizioni fra le più sentite ad Iglesias.
Dopo alcuni cambiamenti avvenuti nel corso del tempo, oggi questi riti si celebrano con tre diverse processioni. In ciascuna di esse, i confratelli sfilano indossando lo storico abito bianco con cappuccio e visiera dei “Germani” – dallo spagnolo hermanos cioè appunto fratelli. Li assistono giovani della città, non appartenenti alla confraternita, detti “Baballottis”, che offrono il proprio aiuto con un abito diverso ma sempre bianco, con cappuccio e visiera, in segno di umiltà e in modo da non essere riconosciuti (il bene si fa ma non si dice); in una mano tengono “sa varitta” un bastone scuro con in cima una piccola croce. Accanto a loro, con lo stesso abito ma con in mano le “matraccas” – antico strumento di legno che emette un suono gracchiante – ci sono poi i bambini. Come la maggior parte dei riti religiosi cristiani, anche queste processioni hanno un’organizzazione esclusivamente maschile, sia perché riprendono le antiche sacre rappresentazioni che per via della stessa composizione delle confraternite. Pur con queste limitazioni, l’associazione femminile del Santissimo Sacramento, l’unica autorizzata, accompagna le processioni.
La settimana santa si apre con la processione dei Misteri il martedì sera. Il termine “Misteri”, che qui ha ormai perso il suo significato spagnolo originario, si riferisce alle sette statue portate in processione per raccontare la passione di Cristo. Dalla Chiesa di san Michele, sede dell’Arciconfraternita, a pochi passi dalla piazza del Municipio, le statue sono portate lungo le vie del centro storico dai confratelli, dai Baballottis e dalle preghiere dei sacerdoti che accompagnano la sfilata.
Nella processione del giovedì santo è centrale la figura della Madonna Addolorata. In origine questa sfilata non era organizzata dall’Arciconfraternita del Santo Monte ma dalle altre presenti all’epoca. Il corteo ricorda il peregrinare della Madonna Addolorata alla ricerca di Gesù. I confratelli portano in processione la statua della Madonna Addolorata, loro protettrice, e la fanno entrare nelle chiese del centro storico. Allo stesso modo fanno simbolicamente i fedeli che entrano a pregare in sette chiese allestite per accoglierli con fiori e con “su nenniri”, il grano fatto germogliare nell’ovatta al buio.
Il venerdì santo è il giorno che precede il lutto e la processione del Descenso è infatti la più solenne e suggestiva. Il Cristo morto viene portato sotto un baldacchino da numerosi Baballottis che operosi circondano la statua. Il corteo si apre al suono delle grandi matraccas e dal ritmo funebre del tamburo suonato da un Baballotti. Seguono i Baballottis con le croci in legno. Il suono delle piccole matraccas dei bambini apre poi uno spiraglio di luce in un triste scenario di compianto. Il corteo prosegue con la banda musicale che intona una messa, le preghiere delle devote del Santissimo Sacramento e gli antichissimi Vessillas decorati con i disegni degli oggetti e dei personaggi della passione di Cristo. Una ricca schiera di figure umane cammina silenziosa: due bambini vestono i ricchi abiti di san Giovanni e la Maddalena e i Varonis (i nobili Nicodemo e Giuseppe di Arimatea) e i loro inservienti, protagonisti dell’appena avvenuto scravamentu (lo schiodamento di Cristo dalla croce). Chiude il corteo la lettiga con il Cristo morto seguita dalla statua della Madonna Addolorata, accompagnata anche qui dai Germani, e alcuni penitenti che trasportano la grande croce in legno.
Durante la Settimana santa si rinnova ad Iglesias una tradizione secolare che trova sostegno nella grande devozione della gente che raggiunge il suo apice con l’ultima processione della settimana. Quella del venerdì santo, infatti, è una processione capace ogni volta di raccogliere e custodire in unico e suggestivo momento preoccupazioni e speranze di una città, per il futuro dei suoi abitanti e del suo territorio.