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Una stanza coperta d’oro al Man di Nuoro realizzata con le coperte dei migranti

Leonardo Boscani con la sua "Golden Zimmer" - Foto di Ivan Bravi per sardinianfashion.com

Cosa si prova entrando in una stanza completamente ricoperta d’oro? Al museo Man di Nuoro ce n’è una. Pareti, pavimento, soffitto: una gigantesca carta da parati aurea la avvolge. Verrebbe da pensare alle atmosfere bizantine, all’arte sacra medievale, al lusso di alcune opere antiche. Invece “Golden Zimmer” l’installazione realizzata dall’artista sassarese Leonardo Boscani è molto altro.

Golden Zimmer – Foto di Museo Man

Già perché quell’oro che ricopre lo spettatore e lo ingloba non viene da giacimenti aurei o cimeli di qualche antica chiesa bulgara. Si tratta di metallina, una delicata fibra termica, in questo caso ricavata dalle coperte utilizzate per scaldare i migranti durante i primi soccorsi. Capita così che il visitatore, entrando nella stanza del museo d’arte contemporanea di Nuoro riesca a provare lo stesso disagio e senso d’inadeguatezza provato dai migranti quando vengono avvolti da quelle coperte.

Golden Zimmer è un’installazione ambientale (non una mostra in cui si utilizzano le coperte termiche), immersiva, in cui è cruciale l’esperienza sensoriale del visitatore che la attraversa: l’oro del materiale crea un senso di malessere fisico, il camminare fa frusciare la coperta, le persone si riflettono sulle pareti, distorte. Si vive una sensazione di attrazione e repulsione, un desiderio di essere accolti nella preziosità che convive con l’effetto straniante del labirinto di specchi, del simbolismo dell’oro – eternità, purezza – e dell’effetto “placcato oro” che rimanda al sogno disatteso, al simulare la ricchezza che non ci si può permettere. Inoltre, i numeri statistici (della migrazione) che fingono da fregio, in quel contesto, richiamano un’altra suggestione: le camere di internamento, le celle di prigionia e quindi, in astratto, un non luogo (vi ricorda qualcosa con il limbo dei campi di accoglienza?). Insomma, il visitatore viene invitato ad entrare dal luccichio ma, una volta dentro, è scomodo. Se la si visita da soli, viene spontaneo verificare che la porta di ingresso sia aperta, intimoriti all’idea di poter rimanere intrappolati.

Un’opera ambiziosa e importante, sensoriale e straniante. La prima di una serie di iniziative che introducono al terzo e ultimo appuntamento del progetto espositivo pluriennale “La Costante Resistenziale”, dedicato alle ricerche più innovative che, dai primi anni dell’autonomia regionale ai giorni nostri, hanno caratterizzato la scena artistica sarda. L’installazione insieme alle mostre di Berenice Abbott e Jennifer West è visitabile fino al 21 maggio.

 

 

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