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Monumenti romani: la Fontana delle Tartarughe, una delle più belle e misteriose della città

Monumenti romani: la Fontana delle Tartarughe, una delle più belle e misteriose della città.

 

Nel Rione Sant’Angelo, a pochi passi dall’antico Ghetto Ebraico, circondata dai palazzi un tempo appartenuti alla nobile famiglia Mattei, che diede anche il nome alla piazza, sorge una tra le fontane più belle di Roma, la Fontana delle Tartarughe, realizzata tra il 1581 e il 1588 su progetto di Giacomo della Porta (1533-1602). La storia della fontana è legata a una leggenda romantica molto particolare che qui vi raccontiamo.

Come riporta Turismo Roma, la leggenda narra che il duca Mattei, il cui palazzo si affaccia sulla piazza che alloggia la fontana, per stupire il futuro suocero (che non voleva concedergli la figlia in moglie), fece realizzare in una sola notte la fontana. Il giorno successivo fece affacciare la promessa sposa con il padre alla finestra per ammirare l’opera. Quindi, perché nessun altro potesse più godere dello stesso spettacolo, il giovane duca fece murare la finestra, che così è arrivata a noi.

Per non rovinare l’aspetto romantico della cosa, sarebbe meglio non svelare che il punto debole della leggenda (oltre all’improbabile celerità della realizzazione) è che mentre la fontana è del 1581-88, il palazzo fu costruito più tardi, solo nel 1616. Tra ricche decorazioni in marmi policromi, quattro fanciulli in bronzo cavalcano dei delfini su vasche a forma di conchiglia scolpite dal fiorentino Taddeo Landini (1550-1596), e dal 1658 “giocano” con le tartarughe, aggiunte alla fontana da Gian Lorenzo Bernini nel 1658.

La fontana è costituita da una vasca quadrata con spigoli arrotondati, che ospita al centro un basamento con quattro conchiglie in marmo, che sorregge una specie di anfora la quale, a sua volta, sorregge un bacino rotondo in marmo africano bigio, con testine di putti sotto l’orlo, dalle cui bocche aperte deborda nella vasca l’acqua in eccesso. L’intera struttura poggiava su una base a gradini.

Alla struttura architettonica si aggiungono le sculture: i quattro efebi in bronzo disposti in pose uguali e simmetriche, poggiano il piede su dei delfini, di cui tengono in mano la coda e dalla cui bocca sgorga l’acqua che si raccoglie nelle conchiglie, mentre l’altro braccio degli efebi è sollevato sull’orlo della vasca.

Le tartarughe che gli efebi sembrano spingere ad abbeverarsi nella vasca superiore e che hanno dato il nome alla fontana furono aggiunte in un restauro del 1658 operato per volere di papa Alessandro VII, e sono attribuite a Gian Lorenzo Bernini (ma anche ad Andrea Sacchi). Le modifiche apportate forse già in fase di prima realizzazione avevano infatti sortito, come effetto, che le mani degli efebi non riuscissero più a raggiungere il bordo del catino superiore: le quattro tartarughe servirono dunque a riempire i vuoti ingiustificati, che originariamente dovevano forse essere riempiti dai quattro delfini non utilizzati.

Alcune curiosità sulle tartarughe e sulla fontana. Le testuggini furono soggette a vari furti. Nel 1944 vennero asportate (e poi ritrovate) tutte e quattro. Dopo l’ultimo furto del 1979 furono tolte e conservate nei Musei capitolini: quelle visibili attualmente sono tutte copie.

Un’altra curiosità: pensate che una copia della fontana in scala 1:1 è collocata nello Huntington Park di San Francisco. L’opera, fabbricata a Roma a inizio Novecento e acquistata da William ed Ethel Crocker per la loro villa, fu donata nel 1954 alla città di San Francisco dai loro 4 figli.

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