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Lo sapevate? Il grande regista Sergio Leone passò la sua infanzia nel rione romano di Trastevere

Lo sapevate? Il grande regista Sergio Leone passò la sua infanzia nel rione romano di Trastevere.

 

“Il mio modo di vedere le cose talvolta è ingenuo, un po’ infantile, ma sincero come i bambini della scalinata di viale Glorioso”, è la frase di Sergio Leone incisa sulla targa, tra Porta Portese e il Gianicolo, che segnala il luogo in cui il grandissimo regista passò la sua infanzia.

Sceneggiatore e produttore, “padre” del genere spaghetti western, Sergio Leone è uno dei più grandi registi della storia del cinema.

Nacque a Roma, nel Palazzo Lazzaroni in Via dei Lucchesi, a pochi metri dalla fontana di Trevi, il 3 gennaio del 1929, figlio di Roberto Roberti (nome d’arte di Vincenzo Leone; 1879-1959), un regista e attore originario di Torella dei Lombardi (in provincia di Avellino), considerato uno dei pionieri del cinema muto italiano, e di Bice Waleran (pseudonimo di Edvige Valcarenghi; 1886-1969), un’attrice romana, nata in una famiglia milanese che vantava remote origini austriache.

Nel 1931, la famiglia Leone si trasferì in Via Filippo Casini, nel quartiere popolare di Trastevere: qui il regista ha vissuto gli anni dell’infanzia e della gioventù, come appunto ricorda la targa sistemata lungo la scalinata di viale Glorioso che scende verso Trastevere.

Studiò dai lasalliani, su scelta della famiglia, che non amava l’organizzazione pubblica fascista dell’educazione. Proprio qui, tra i banchi di scuola delle elementari conobbe uno tra i suoi futuri, più stretti e celebri collaboratori: il grandissimo compositore Ennio Morricone. Non particolarmente costante negli studi, si avvicinò con interesse già da quegli anni alla Storia e all’Italiano.

Antifascista convinto, a quattordici anni decise di unirsi alla Resistenza, per poi essere però dissuaso dalla madre.

Appassionato fin da bambino al cinema statunitense (adorava John Ford e Charlie Chaplin), Leone, dopo le prime esperienze col padre Vincenzo, iniziò a lavorare nell’ambiente cinematografico già all’età di diciotto anni. Ebbe infatti una piccola parte, come comparsa, in Ladri di biciclette di Vittorio De Sica, e per quel film assistente non retribuito: quando i protagonisti Antonio e Bruno vengono sorpresi a Porta Portese da un temporale si riparano sotto un cornicione dove arrivano anche dei seminaristi stranieri tra cui Leone.
Nel 1949 il padre Vincenzo si ritira con la moglie Edvige al paese natio di Torella dei Lombardi: il ventenne Sergio, dopo essersi iscritto all’università nella facoltà di giurisprudenza, decise di restare a Roma e di lavorare nel cinema, entrando in contatto con le conoscenze paterne nel mondo cinematografico.


Neppure maggiorenne, Leone cominciò la sua carriera a Cinecittà in qualità di aiuto regista ed attore. Da subito rivelò straordinarie doti tecniche ed artistiche. Prestigiose le sue prime collaborazioni cinematografiche: lavorò con Le Roy in “Quo Vadis”, Wise in “Elena di troia” e Wyler in “Ben Hur”. Sceneggiatore ed assistente alla regia per “Gli ultimi giorni di Pompei”, esordì nel 1960 con “Il colosso di Rodi”. Due anni dopo decise di aiutare alla regia Robert Aldrich in “Sodoma e Gomorra”. Poi si deidicò al western, con un genere inedito fino a quel momento: gli “spaghetti-western”. Nel giro di quattro anni (dal 1964 al 1968) videro la luce quattro dei suoi più celebri capolavori: “Per un pugno di dollari”, “Per qualche dollaro in più”, “Il buono, il brutto, il cattivo”, “C’era una volta il West”.

 

Dopo il 1971, anno in cui uscì ‘Giù la testa’, passarono 15 anni prima di vedere nuovamente un Leone impegnato in regia: “C’era una volta in America” rappresentò una sintesi di un quarto di vita trascorsa in America. Il film venne acclamato in tutto il mondo come una vera e propria perla cinematografica, basata peraltro su un cast d’interpreti straordinari (da James Wood a Robert De Niro). Ma fu anche l’ultimo lavoro firmato dal maestro che morì nella sua città natale il 30 aprile 1989.

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