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Detti e modi di dire romaneschi: “Nun c’è trippa pe gatti”

Detti e modi di dire romaneschi: “Nun c’è trippa pe gatti”.

Perché si dice “Nun c’è trippa pe gatti”? Una frase tipica della parlata romanesca che si è talmente diffusa da averla sicuramente sentita anche in altre parti d’Italia. Dietro questo modo di dire esistono dei risvolti storici, legati indissolubilmente alla città di Roma. Scopriamoli insieme.

Molti dei modi di dire romaneschi sono ormai divenuti parte stessa della lingua italiana. Ma a Roma mantengono quella genuinità che è tipica della Città Eterna e pronunciati da un romano verace assumono una cornice unica, che può avere sulla base del significato tantissime sfumature: ironiche, canzonatorie, ma anche sarcastiche, e talvolta terribilmente tragiche.

Il dialetto romanesco, in effetti, è ricco di esclamazioni, di forme idiomatiche e modi di dire. Succede per molte regioni e città d’Italia ma la parlata romana e i modi di dire romani hanno indubbiamente una originalità tutta loro. Ma veniamo alla nostra frase e perché è così famosa.

L’espressione “Nun c’è trippa pe gatti” viene utilizzata quando, in generale, in qualsiasi situazione, non c’è più niente da fare, quando non ce n’è per nessuno, spesso i romani usano dire che “Nun c’è trippa pe gatti”. Ma chi fu il primo a utilizzarla, tanto da fare scuola?

Questa espressione è attribuita a colui che fu Sindaco del Comune di Roma dal 1907 al 1913: Ernesto Nathan. Il primo cittadino romano di quel periodo rimase famoso soprattutto per i tagli finanziari del bilancio pubblico.

Durante il controllo del piano finanziario del Comune di Roma, Ernesto Nathan notò una spesa chiamata “frattaglie (trippa) per gatti”. Gli fu spiegato che il municipio pagava il cibo per nutrire i gatti che vivevano in città nelle colonie feline.

Tutte le amministrazioni si erano sempre fatte carico di questa spesa, perché mantenere in vita i gatti aveva una funzione ben precisa nel Comune di Roma: i gatti infatti davano la caccia ai topi, pericolosissimi perché divoravano e i documenti cartacei degli archivi. Il compito di dar da mangiare ai gatti era talmente importante da prevedere una figura apposita, il cosiddetto “carnacciaro”.

Ma la cosa non piacque a Ernesto Nathan, che decise di annullare la spesa. Il Sindaco dichiarò che da quel momento i felini avrebbero dovuto nutrirsi con le proprie forze e pronunciò la frase “non c’è trippa per gatti”.

Era il lontanissimo 1907, ma il bilancio del Comune di Roma era già allora in rosso.

Alla Giunta Nathan si devono fra l’altro il primo piano regolatore della città, datato 1909, e l’inaugurazione del Vittoriano, il Palazzo di Giustizia, subito ribattezzato «Il Palazzaccio», della Passeggiata archeologica (oltre 40 mila metri quadrati di verde pubblico tra l’Aventino e il Celio) e dello stadio Nazionale, oggi Flaminio. Oltre a qualcosa come 150 scuole materne.

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