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Detti e modi di dire romaneschi: “Li mortacci tua”, che cosa vuol dire e come è nato l’insulto numero 1 a Roma

Detti e modi di dire romaneschi: “Li mortacci tua”, che cosa vuol dire e come è nato l’insulto numero 1 a Roma.

Oggi andremo a vedere che cosa significa e da dove deriva uno dei più famosi insulti romani e italiani: “Li mortacci tua”, espressione dialettale colorita e irriverente romanesca che nasconde una grandissima forza comunicativa. Un’espressione che, anche grazie al cinema italiano, è entrata a far parte del linguaggio comune.

Mortacci tua o li mortacci tua o ‘tacci tua letteralmente significa “i tuoi (della tua famiglia) spregevoli defunti”.

L’insulto sostanzialmente viene lanciato a qualcuno per dimostrargli che discende da parenti pessimi e spregevoli. Una modalità significativa in una cultura come la nostra in cui, sin dai tempi dell’antichità, il culto dei defunti riveste un’importanza fondamentale. Non esiste modo migliore di offendere qualcuno di quello di insultare i suoi parenti più cari.
In realtà l’espressione è la sintesi di un percorso logico che partendo dalla disapprovazione/ostilità per uno o più soggetti arriva a maledire chi li ha messi al mondo in una catena genealogica che arriva fino ai primi progenitori. Infatti l’espressione completa originaria e più antica è “Mannaggia li mortacci tua” oppure “Mannaggia l’anima de li mortacci tua”.

Questa “classica” parolaccia romana assume contrastanti significati a seconda del tono, delle sembianze facciali e delle posture corporali che ne accompagnano l’espressione: può infatti significare, se accompagnata da un viso che manifesta meraviglia, sentimenti positivi di ammirazione, sorpresa e compiacimento per un evento fortunato o straordinario («Li mortacci tua, ma quanto hai vinto?»); oppure, con un viso ilare, gioia ed affetto per un incontro inaspettato e gradito («Li mortacci tua, ma ‘ndo se’ stato finora?»); oppure ancora comunicare sentimenti sia negativi che neutri: con un viso dall’aspetto contrariato o sconsolato, con un tono della voce alterato o sommesso, può rivelare, nello stesso tempo, rabbia o desolazione («Li mortacci tua, ma ch’hai fatto?»).

Al plurale si usa “li mortacci vostra”.
Si ritrova anche la forma usata in passato “li mortacci tui”.

Quando invece si vuole limitare l’insulto nel tempo passato, ma non fino ad arrivare a lontani antenati, si usa la forma “‘tacci tua e de tu’ nonno”. In particolare la locuzione “e de tu’ nonno” viene usata per controbattere da chi ha ricevuto l’insulto e riversarlo su chi l’ha proferito. (Dice uno: «Li mortacci tua!» e l’altro replica: «…e de tu’ nonno!»).

“Alimortè” invece è una semplice esclamazione derivata dalla parolaccia principale: come se si dicesse “caspita”, “accidenti” dove “li mortacci” non ci hanno più niente a che fare.

Con il tempo l’espressione ha progressivamente perduto la sua valenza profondamente ingiuriosa delle origini: spesso infatti viene utilizzata principalmente come espressione di meraviglia, stupore o rabbia.

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