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La Roma che non c’è più: la Spina di Borgo e i ricordi di un quartiere che molti rimpiangono

La Roma che non c’è più: la Spina di Borgo e i ricordi di un quartiere che molti rimpiangono.

A Roma esisteva un piccolo quartiere davanti a Piazza San Pietro, fatto di case e palazzi, alcuni dei quali rinascimentali e bellissimi. Un borgo nel borgo, dove si respirava la romanità più verace e tutti si conoscevano. Attraversandolo, all’improvviso si veniva catapultati davanti alla piazza e alla basilica di San Pietro e il colpo d’occhio lasciava tutti stupefatti (il progetto era stato studiato proprio dal Bernini nel Seicento per regalare una sorpresa al visitatore). Nell’articolo un ricordo d’infanzia di Alberto Sordi su questa incredibile visione prospettica. Tutto questo purtroppo non esiste più.

(Foto Roma Sparita).

A Roma una delle demolizioni più estese e impattanti fu sicuramente quella della cosiddetta Spina di Borgo, nucleo urbano inserito all’interno del quartiere romano “Borgo”, al confine tra “Borgo Vecchio” e “Borgo nuovo”. La Spina di Borgo era un insieme di edifici di Roma posti tra Castel Sant’Angelo e la piazza San Pietro.
Dopo la realizzazione voluta da papa Alessandro VI nell’imminenza del Giubileo del 1500 della via Alessandrina, con le successive trasformazioni chiamata dai romani Borgo Nuovo, gli edifici di Borgo erano delimitati da due strade (convergenti a forma di cuneo) chiamate Borgo Nuovo quella a nord, e Borgo Vecchio, quella a sud. Ne derivò un assetto urbanistico dalla forma triangolare allungata con la punta rivolta verso castel Sant’Angelo, che per la somiglianza con quella della spina di un circo romano, prese il nome di “Spina di Borgo”.

Nei secoli successivi numerose furono le intenzioni dei papi volte a demolire la spina con progetti di noti architetti. Nella Capitale fin dal 1870 iniziarono estese “rivisitazioni” del tessuto urbano con interventi di non poco conto che hanno lasciato cicatrici indelebili e hanno distrutto anche immobili il cui pregio storico/architettonico proveniva direttamente dal Rinascimento.


Si dovettero aspettare i primi decenni del Novecento per tornare a discutere concretamente della demolizione della spina: i lavori si protrassero dal 1936, quando, sulla base di un progetto elaborato da Marcello Piacentini e Attilio Spaccarelli, fu realizzata via della Conciliazione, fino al 1950, in occasione del Giubileo.

Dal 1936, per volere del regime fascista in accordo con lo Stato Pontificio, sulla base del progetto sviluppato dagli Architetti Piacentini e Spaccarelli, iniziò la demolizione della Spina, ed in meno di dodici mesi era stata resa libera la linea visiva che collegava Castel Sant’Angelo a Piazza San Pietro.
Come ricordano gli specialisti di CantierePro, i risultati più immediati dei lavori furono la:
• deportazione della gran massa di popolazione che viveva all’interno della Spina di Borgo, che fu dislocata nella prima periferia agricola di Roma;
• perdita di molti immobili storici, solo in parte ricostruiti ai lati della nuova via;
• perdita dell’idea prospettica che il Bernini voleva dare al visitatore, regalando la sorpresa di uscire dalla Spina o comunque dal quartiere passando da una zona particolarmente complessa costituita da piccole vie e una serie di palazzi incastonati l’uno con l’altro, alla meraviglia di trovarsi dentro l’enorme Piazza con davanti la Basilica di San Pietro.

In un’intervista, Alberto Sordi ricorda com’era l’effetto di avvicinamento a piazza San Pietro prima dell’abbattimento della Spina:
«Avevo quattro anni quando vidi per la prima volta San Pietro e fu proprio per il Giubileo del 1925. Ero in compagnia di mio padre, venivamo da Trastevere, dove ero nato in via San Cosimato e dove vivevo con la mia famiglia. Arrivammo percorrendo i vicoli, che poi furono distrutti, di Borgo Pio (sic): un ammasso di casupole, piazzette, stradine. Poi, dietro l’ultimo muro di una casa che si aprì come un sipario, vidi questa immensa piazza. Il colonnato del Bernini, la cupola. Un colpo di scena da rimanere a bocca aperta. Ecco, quello che ricordo di più di quel Giubileo fu questa sorpresa.»

Ritornando alla cronologia delle opere, le demolizioni furono completate in meno di dodici mesi ma poi il progetto fu sospeso a causa della Guerra.
Dopo la fine del conflitto i lavori furono ripresi e portati a conclusione nel 1950, come da nuovi accordi tra lo Stato Italiano e la Santa Sede, creando così la nuova Via della Conciliazione, la cui etimologia derivava appunto dagli accordi sottoscritti con i Patti Lateranensi.
Questi gli edifici che furono più o meno parzialmente demoliti:
• Chiesa di San Giacomo a Scossacavalli
• Chiesa di San Lorenzo in Piscibus (parzialmente demolita)
• Ospedale San Carlo (primo ospedale militare di Roma)
• Palazzo Alicorni (ricostruito)
• Palazzo Cesi (parzialmente demolito)
• Palazzo dei Convertendi (ricostruito)
• Palazzo di Jacopo di Bartolomeo da Brescia (ricostruito)
• Palazzi Poletti
• Palazzo Rusticucci-Accoramboni (ricostruito)

 

 

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