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Lo sapevate? Le maschere tradizionali del carnevale ilbonese erano S’Ursu e Su Maimone

Le figure centrali del carnevale ilbonese erano S’Ursu e Su Maimone, seguite da uno stuolo di personaggi secondari come Sa Filongiana, S’Orruinosu, Su Sonaxau, Is Damas, Is Cavalleris e Is Carotes.

Erano proprio queste maschere che il martedì della settimana di Carnevale sfilavano in un corteo chiassoso lungo le vie del paese.

Riportiamo integralmente la descrizione di S’Ursu e di Su Maimone offerta da Ivan Marongiu e da Maria Teresa Murgioni nel loro prezioso libro “Su Carronovali” dedicato alle ricerche sul carnevale antico di Ilbono.

«S’Ursu era una maschera zoomorfa comunemente identificata con la figura dell’orso, un animale che pur non appartenendo alla fauna della Sardegna è un elemento molto ricorrente anche in altri paesi dell’Isola. Riguardo alla descrizione del suo vestiario esistono varie testimonianze, spesso discrepanti tra loro. Tali differenze dipendono dal fatto che ogni anno il travestimento dell’Orso poteva variare a seconda dei materiali che erano disponibili in loco. Di norma, però, la maschera era personificata da un uomo che indossava una pelle d’asino, completa di testa, orecchie e coda, che gli copriva il capo e il corpo fino alle ginocchia.

La pelle era generalmente fresca e non conciata ed era ricavata da una bestia morta qualche giorno prima di Carnevale. Poteva capitare però che la pelliccia venisse recuperata da un asino morto da molto tempo e che quindi fosse in avanzato stato di decomposizione. In questo caso la testa dell’animale risultava irrecuperabile e per coprire il volto della persona si utilizzavano degli stracci con apposite fessure ‘per gli occhi, oppure una pelle di coniglio o, raramente, una maschera in cuoio ( sa faciola). Ad ogni modo, nonostante il camuffamento, tutti erano a conoscenza dell’identità dell’uomo travestito. Le gambe erano avvolte da gambali finti e al collo teneva spesso una campanella e in vita una pesante catena o una corda abbastanza spessa».

«Su Maimone era un fantoccio dalle sembianze umane che il giorno di Carnevale veniva portato in corteo per le vie del paese in groppa a un cavallo. Si tratta di una figura carnevalesca comune a quasi tutta la Sardegna, anche se in base al luogo assume nomi differenti. A Ilbono aveva un appellativo fisso, Su Maimone appunto, ma all’occorrenza gli veniva affibbiato il nome di qualche individuo per stigmatizzarne il carattere o una sua singolarità. Gli epiteti più comuni erano Pardinu, Mercanti, Cavalleri. Gli ultimi due nomignoli non erano altro che che la caricatura di un certo cavaliere Simone Bargone, un commerciante di vino della Maddalena che nell’Ottocento aveva porto in Ogliastra la sua attività. Anche il corredo del fantoccio poteva variare da un anno all’altro, soprattutto nei particolari, sempre in base alla disponibilità delle materie prime.

Abitualmente però Su Maimone era realizzato utilizzando una tuta da lavoro o vecchia biti maschili imbottiti di paglia. Come testa aveva una grossa zucca vuota, su cui venivano disegnati occhi, bocca e naso e come copricapo indossava un grande cappello di paglia. Dalla seconda metà degli anni Quaranta, in diverse edizioni del Carnevale, il viso del pupazzo fu completato come una vera e propria maschera di plastica, acquistata in uno degli empori del paese. Alla bisogna, però, per coprire il viso si utilizzava persino un pezzo di cartone sul quale erano tracciati i tratti del volto. La sagoma, tenuta dritta da due canne incrociate, era collocata su un cavallo a braccia aperte, con tanto di scarponi consunti, guanti, cartucciera e un vecchio archibugio. Dentro due otri posti dentro alle bisacce si versava il vino offerto dalla gente. Nella parte centrale del fantoccio, infine, si praticava un foro dal quale spuntava una grossa pannocchia di granturco che era un palese richiamo alla fecondità e alla virilità maschile»

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