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Genitori d’Ogliastra. Nato molto prematuro, ha combattuto per la vita: il racconto di mamma Ilaria Corrias

 

Ci sono situazioni dove è necessario tirare fuori tutto il coraggio, la determinazione, la positività e la forza di cui si è capaci. Dove non ci si può nemmeno fermare a pensare troppo e dove non si deve vacillare. Anzi, soprattutto quest’ultima.

L’hanno chiamato dapprima il Guerriero per quella voglia di vivere forte e pulsante che emanava e poi il Miracolo, perché aveva combattuto e vinto sulle scarse possibilità di sopravvivenza previste in casi come il suo: ora Mario Filippo Pili è un bambino di 8 anni in forze, sanissimo, ma quando ha deciso di nascere, dopo appena 25 settimane di gestazione, aveva il 10% di possibilità di poter vedere il sole. E, se anche fosse vissuto – così dicevano i medici ai genitori, basandosi su situazioni simili –, probabilmente sarebbe stato cieco, sordo, o avrebbe sviluppato un’altra disabilità.

«Gli organi dei bambini nati così prematuri» racconta la mamma, Ilaria Corrias, 35enne villagrandese «non sono completamente formati, ero stata messa in guardia sul fatto che non sarebbe stato semplice».

Ma andiamo per gradi. La gravidanza parte in un modo particolare: sin dall’inizio Ilaria viene informata sul fatto che non si stia svolgendo tutto esattamente come da manuale. «Il battito cardiaco non si sentiva, non si sapeva se la gestazione potesse andare avanti. Poi però la situazione si è assestata». Tutto sembra andare bene, nelle visite di controllo non emergono problemi, nessuna nuvola oscura il cielo. Fino alla 23esima settimana, perlomeno. Ilaria non si sente bene, verso le 6 del pomeriggio rompe le acque e corre, spaventata a morte, all’Ospedale di Lanusei. Da lì, rotta verso il Policlinico di Monserrato, attrezzato per le nascite di bimbi prematuri.

Ma il bambino è veramente troppo piccolo, quindi i medici provano in ogni modo a ritardarne la nascita effettiva. Riescono, ma solo per circa due settimane, giorni e giorni che a mamma Ilaria sembrano anni tanti sono i quesiti che attanagliano il suo cuore. Non vivrà? Vivrà? Se sì, con quali conseguenze? Firma ogni settimana fogli informativi sui pericoli mentre si chiede, senza perdere la speranza, cosa le riserverà il futuro.

«Signora,» le viene detto da una caporeparto «suo figlio ha tanta voglia di vivere.» Quando è chiaro che il bimbo non può stare un minuto di più nell’utero, Ilaria viene portata in sala parto, conscia di poter ricevere di lì a poco una delle peggiori notizie che si possono dare a una madre.

«Mi sono messa nelle mani del medico che mi stava seguendo» racconta. «Contrariamente a tutte le stime, Mario Filippo è nato vivo, respirava autonomamente.»

Lo vede per poco, perché suo figlio – che pesava solo 750 grammi – viene subito portato il Terapia Intensiva Neonatale. Da lì, un nuovo calvario, con dubbi e paure a fare da cornice a quello che è un periodo lunghissimo e molto stressante. Tre mesi: questo il lasso di tempo che Ilaria, già mamma della piccola Irene, all’epoca di quattro anni e mezzo, trascorre al capezzale del piccolo Mario Filippo. Il piccolo guerriero viene alimentato, tramite sondino, con il latte della mamma. Non mancano i momenti tragici. A casa, la piccola Irene – empatica e molto intelligente – aspetta con ansia il ritorno della mamma e del fratellino senza mai lamentarsi.

«Mio figlio ha affrontato crisi respiratorie, infezioni da batteri ospedalieri e altre battaglie, la sua vita era appesa a un filo.» Due mesi e mezzo dopo la nascita, però, può bere da biberon e il percorso sembra quasi in discesa. «Il 13 agosto l’abbiamo potuto portare a casa, anche se per i successivi quattro anni è stato seguito al Policlinico di Monserrato. Il fatto che al momento della nascita gli organi non fossero del tutto formati ha fatto sì che servissero dei controlli mirati per capire se tutto fosse normale.»

Adesso?

Mario Filippo Pili è un bimbo vivace, molto intelligente e non ha nessuna patologia legata alla sua burrascosa venuta alla luce. Anzi, a vederlo non si potrebbe mai immaginare il calvario vissuto. La forza se la porta dietro da allora, o forse gli scorreva nelle vene già prima: chi lo sa? Quel che si sa è che ogni tanto il destino stravolge le carte e regala delle splendide possibilità di normalità.

 

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