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Accadde oggi. 17 maggio 1935: il martirio di Antonia Mesina, la Beata vergine di Orgosolo

Il 17 maggio 1935 la sedicenne Antonia Mesina fu uccisa con 74 colpi di pietra dal ventunenne Ignazio Catgiu. All’origine la sua strenua opposizione al tentativo di violenza sessuale del giovane, che la sorprese nei vicini boschi di Orgosolo, paese di entrambi.

La mattina di quel 17 maggio Antonia – membro attivo nel gruppo dell’Azione cattolica di cui faceva parte – assistette come di consueto alla messa in parrocchia. Conclusa la celebrazione, decise quindi di recarsi nelle vicine campagne per cercare la legna necessaria alla cottura del pane. Per strada incontrò la vicina di casa, Annedda Castangia, colei che divenne poi la principale testimone degli eventi di quel giorno e della successiva canonizzazione della ragazza.

Secondo la ricostruzione della stessa Castangia, le due stavano apprestandosi a raccogliere in fascine la legna appena raccolta, quando Catgiu sarebbe sbucato dalla fitta vegetazione e avrebbe trascinato fra i cespugli la giovane Antonia. Con calci e pugni questa sarebbe quindi riuscita a divincolarsi e fuggire, provocando la rabbia cieca del ventunenne, che la inseguì e la colpì una prima volta al viso con un sasso. Come appurò poi l’autopsia, il cadavere – abbandonato a pochi metri di distanza, nascosto dalle sterpaglie – era alla fine del tutto irriconoscibile: le diverse pozze di sangue nei dintorni, il cranio spaccato e il volto sfigurato testimoniavano una ferocia inaudita.

Il 27 aprile 1937 Ignazio Catgiu fu condannato a morte, sentenza che fu messa in atto il 5 agosto dello stesso anno, quando fu giustiziato per fucilazione nelle campagne di Pratobello. Dall’esame autoptico emerse che la ragazza era riuscita a mantenere intatta la propria verginità, e per questo Antonia Mesina è oggi venerata come Beata vergine e martire dalla Chiesa cattolica. Le sue spoglie riposano ancora nella parrocchia di Orgosolo, a poca distanza dalla casa natale.

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