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C’era una volta “su barralicu”: il gioco natalizio della fortuna che arriva dal passato

C’era una volta su barralicu. Uno dei giocattoli più noti della tradizione isolana, sempre vivo nelle notti natalizie e nelle giornate di festa dei nostri nonni. Indubbiamente, un gioco in cui la fortuna conta di più della capacità del giocatore, il quale infatti può solo affidarsi ai “capricci” rotatori della trottola, oltre che alla forza delle proprie dita.

Su barralicu consiste in una sorta di blocchetto di legno cubico da far ruotare. Al centro infatti sporge un perno, nella parte bassa, e un’asta, nella parte superiore. Una forma che permette così al singolo giocatore di farlo girare.

Su ognuna delle quattro facce che costituiscono questa sorta di dado di legno sono incise le lettere maiuscole T, P, N, M: totu, poni, nudda, mesu. Inizia allora il gioco vero e proprio: con la spinta del pollice e dell’indice, gli sfidanti faranno ruotare su barrallicu osservando quale faccia mostrerà il dado una volta fermato. A seconda della lettera mostrata, infatti, il giocatore conoscerà quale è il risultato del suo colpo.

Le incognite e gli esiti, infiniti e imprevedibili, dei giri del dado sono il gusto del gioco. La faccia, infatti, può, in un attimo, mostrare la T: e allora al giocatore il diritto di prendersi tutto. Ma un attimo dopo, la stessa faccia può mostrare, al giro successivo, la P: in quel caso il giocatore dovrà restituire la posta.

Il gioco si presenta molto simile al dreidel del Chanukkah ebraico e al corrispettivo calabrese del “poni”. Quest’ultimo, detto anche “accipitotu”, ha nelle facce del dado le lettere A, T, N, P: accipe, totum, nihil e poni.

Tanto affascinante quanto imprevedibile, il gioco nasconde mille risvolti che possono portare i contendenti a perdere tutto nell’attimo di un giro. E allora, come riportato da Alziator, in Sardegna dalla faccia del poni pare sia derivato il modo di dire cagliaritano “tristu comenti unu poni”: avere il viso scuro come chi ha perso tutto a su barralicu.

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