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Natale 2022, la riflessione e gli auguri di don Giorgio Cabras

Il Natale per l’Ogliastra è una ricorrenza molto sentita.

Per l’occasione abbiamo avuto l’onore e il piacere di raccogliere le parole di don Giorgio Cabras, vicario generale della diocesi d’Ogliastra e direttore della Caritas diocesana.

Don Giorgio, cosa significa per lei il Natale?

«Quando penso e dico Natale penso al Natale di Gesù Cristo, alla sua nascita, al mistero della Incarnazione del Figlio di Dio, al suo “entrare nella storia” in umiltà e nei segni poverissimi di “un bambino avvolto in fasce e deposto su una mangiatoia”. E continuo a rimanerne affascinato e quasi sopraffatto! “L’eterno è entrato nella storia e rimane con noi per sempre. E’ il nostro tutto!” diceva San Giovanni Paolo II.

Ricordo un giorno, davanti ad un bel presepe realizzato da ragazzi anni fa nella chiesa di San Giorgio ad Arbatax, una giovane copia di fidanzati commentava: “Se questa fiaba fosse vera sarebbe davvero bello”. Un’ affermazione davvero insolita. Pensare al Natale mi riporta ad un avvenimento certamente storico, imprevedibile e umanamente inimmaginabile, concreto e reale, non una zuccherosa fiaba o una vaga commemorazione imbevuta di buoni sentimenti. Una buona notizia che continua a raggiungermi e che coinvolge non solo la mia emotività, ma anche la ragione e la volontà, aprendomi alla speranza, alla gioia, alla solidarietà. Da quella santa notte siamo sicuri, nella fede, di poter partecipare alla vita eterna di Gesù che, incarnandosi e facendosi mortale, ha guarito la nostra mortalità».

Come si riesce a conciliare il significato cristiano del Natale con la festa commerciale, i regali, i cenoni, i pranzi e gli acquisti?

«La festa commerciale con le sue luminarie sfolgoranti sono una espressione che enfatizza questo tempo e dice che è davvero speciale, anche se purtroppo questa esteriorità può travolgerci, portandoci a dimenticare il motivo vero della festa e il senso del festeggiare. Si mette in scena il Natale senza viverlo davvero, la tradizione svuotata dal suo cuore, inseguendo una “atmosfera del natale” che una volta “costruita e vissuta” lascia però il vuoto interiore.

Sono però sicuro che nonostante tutto in ciascuno di noi, in questi giorni, sorge dal profondo una nostalgia di verità, di senso, di autenticità, domande sulla vita e sull’amore, sulla eternità, su Dio e la sua buona notizia di salvezza. Non si riesce a rimanere del tutto indifferenti davanti alla nascita di un bambino. È possibile anche superare l’abitudine del festeggiamento e lasciar emergere la speranza, vincere la distrazione e magari i vuoti auguri e sentirci rivolgere dal bambinello una domanda che una volta adulto farà ai suoi: ma voi chi dite che io sia? Chi sono io per te?»

Che cosa ricorda del Natale vissuto nel corso della sua infanzia e giovinezza? Durante il suo impegno pastorale ad Arbatax? Come ha visto cambiare questo evento nel corso dei decenni?

«I ricordi si rincorrono ed emergono prepotenti. È impossibile dimenticare ciò che si viveva e respirava a Natale anche se è difficile descrivere i sentimenti, le emozioni che mi avvolgevano. Ricordo certamente i preparativi alla festa fatti dalla partecipazione alla novena e dal contribuire alla realizzazione del presepe. Il Natale vissuto in famiglia e con la comunità parrocchiale “sapeva di buono” di amore, di accoglienza e gioia, tra i canti e le preghiere.

Da giovane 23enne ricordo un Natale vissuto lontano da casa, in una comunità internazionale giovanile vicino a Firenze: in quella notte di Natale ci siamo ritrovati in più di trecento appartenenti a 40 nazioni differenti. Sentivo che la universale buona notizia della nascita del Salvatore del mondo coinvolgeva davvero tutti i popoli. Si riusciva a percepire e respirare quello che Papa Benedetto, parlando del Natale, chiamava “il senso del mondo”.

Nei miei anni da parroco di Arbatax i ricordi sono innumerevoli. Mi rimane la consapevolezza di aver fatto il possibile per far giungere a tutti la buona notizia del natale di Gesù. Indimenticabili i festival e i musical natalizi vissuti per tanti con i bambini e ragazzi. Era un modo anche quello per prepararsi a vivere il Natale e vivere con la comunità momenti sereni di riflessione e condivisione».

Lei è vicario generale della diocesi d’Ogliastra, cosa augura agli abitanti della zona?

«Questa terra e questo tempo hanno sete di vita e speranza, di pace e di umanità.

Rimasi impressionato la prima volta che lessi “gli auguri scomodi” di don Tonino Bello, dichiarato qualche giorno fa venerabile, e vorrei rilanciarli come provocazione positiva.

Dice così: “Non sopporto l’idea di dover rivolgere auguri innocui, formali, imposti dalla routine del calendario. Gesù che nasce per amore vi dia la nausea di una vita egoista, assurda, senza spinte verticali e vi conceda di inventarvi una vita carica di donazione, di preghiera, di silenzio, di coraggio. I poveri che accorrono alla grotta, mentre i potenti tramano nell’oscurità e la città dorme nell’indifferenza, vi facciano capire che, se anche voi volete veder una gran luce dovete partire dagli ultimi. I pastori che vegliano nella notte, facendo la guardia al gregge e scrutano l’aurora, vi diano il senso della storia, l’ebbrezza delle attese, la gioia dell’abbandono in Dio. Vi ispirino il desiderio profondo di vivere poveri che è poi l’unico modo per morire ricchi. Buon Natale. Sulla nostra terra, sul nostro vecchio mondo che muore, nasca la speranza”».

È anche direttore della Caritas diocesana, sicuramente un impegno ancora più sentito durante questo periodo dell’anno. Cosa ci può dire?

«Per molte persone il periodo di Natale è il più triste di tutto l’anno. Chi non ha una famiglia o amici con cui rimanere, mentre tutto intorno si festeggia, sta male. La solitudine in questo periodo dell’anno si fa sentire ancora di più. L’invito che faccio è di spalancare il cuore per aprirsi alla accoglienza e alla condivisione con chi e per chi sappiamo soffrire di solitudine.

In questo senso possiamo anche passare cento natali ma se non viviamo la solidarietà non è il Natale del nostro Salvatore. La pandemia non ci molla e continua ad allungare le sue spire minacciose. Le conseguenze sono sotto gli occhi di tutti: disgregazione, giudizi, egoismi, povertà, solitudine, isolamento, depressione, disoccupazione. La pandemia da sanitaria e sociale diventa sempre più anche economica.

Le persone bisognose di aiuti e ascolto aumentano. In questo grigiore però ci sono anche tante luci: aumentano le richieste di persone che desiderano donare le loro energie e il loro tempo mettendosi a disposizione nel volontariato».

Dove trascorrerà il Natale?

«Quest’anno celebrerò il 24 la Messa della Notte nella parrocchia di Urzulei, mentre il 25 mattina dopo la Santa Messa in Cattedrale a Lanusei andrò a Talana. Il resto della giornata lo passerò a Baunei con la mia famiglia».

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