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Esisteva un oracolo nel Monte Arcuerì?

Giovanni Andrea Contini, un monaco dell’ordine francescano nato a Maracalagonis nel 1575 e morto a Roma nel 1647, ha lasciato un’importante testimonianza su antiche tradizioni popolari del Monte Arcuerì.

Il monaco sardo noto anche con il nome di Salvatore Vidal scrisse varie opere tra cui nel 1639 “Annales Sardiniae” pubblicata a Firenze, nella quale parla della località al confine tra i territori di Seui e Ussassai.

Lo scrittore afferma che si accedesse dentro la montagna attraverso un “ostium” – porta o entrata in latino – facendo riferimento ad un oracolo e a manifestazioni demoniache.

Ancora oggi la zona indicata è conosciuta con il nome di “Sa ‘ucca ‘e su tialu” o “de is bobois”.

Ovviamente la descrizione fatta da Contini sulle visioni e manifestazioni diaboliche è influenzata dalla sua formazione religiosa.

Inoltre nel sito in tempi antichi si sarebbero compiuti dei riti e delle cerimonie propiziatorie avversate dalla Chiesa.

Il carattere sacro del luogo sarebbe stato dato dalle fonti sotterranee presenti all’interno delle caverne. Si trattava di luoghi di divinazione di tipo idromatico (da idromazia: divinazione fondata sull’osservazione dei movimenti di un oggetto gettato nell’acqua o dell’acqua stessa), dove anche riti dei giuramenti acquistavano particolare importanza.

Coloro che subivano furti di animali e volessero ritrovarli si recavano all’oracolo nella caverna del Monte Arcuerì, secondo il Contini. Usanza, questa, che si sarebbe protratta fino al XIX secolo, ma praticata da pochi in quanto la paura della Santa Inquisizione aveva sradicato le antiche tradizioni e infatti la testimonianza del monaco di Maracalagonis è l’ultima della sacralità della caverna per le popolazioni della zona.

Giovanni Spano nel 1872 parla di: “ladri e oziosi che si recavano nella cavità di Arcuerì per invocare gli spiriti in cerca di fortuna”.

Ritornando all’opera del Contini le fonti presenti nel luogo avrebbero avuto anche un’altra caratteristica: sarebbero state terapeutiche, descrivendole in tal modo, ma non specificando per quali mali.

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