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Nicolò Barella, motore sardo del centrocampo Azzurro: dalla Gigi Riva alla semifinale di Euro 2020

Ne è passata di acqua sotto i ponti da quando Nicolò Barella ha iniziato a calcare con i tacchetti il suo primo campo da calcio agli inizi degli anni 2000, il rettangolo in terra battuta della Gigi Riva alle Saline di Molentargius.

Il cartellino di Niccolò Barella nella stagione 2004-2005

Stasera, nella semifinale di Euro 2o2o contro la Spagna, ha già un posto prenotato da attore protagonista. Il talento cagliaritano è pronto a mettere il turbo al centrocampo Azzurro, completato dai piedi sopraffini di Jorginho e Verratti.

Il primo allenatore di Nicolò fu il compianto e mai dimenticato Bruno Varsi, un mister che ha svezzato alcuni dei talenti più puri del calcio sardo, ma forse è proprio quel biondino classe ’97 di Pirri il diamante più fulgido della “fabbrica di giovani calciatori” tra le più efficienti del panorama isolano.

«Si vedeva che aveva doti fuori dal comune – disse a Vistanet nel 2018 un altro suo allenatore e attuale dirigente della Gigi Riva, Daniele Cortis -. Mi ricordo che non perdeva occasione per tirare in porta e che, spesso e volentieri, faceva gol. Aveva un tiro forte e preciso e per sfruttare questa sua dote stava vicino alla porta avversaria».

Daniele Cortis e Niccolò Barella

Ed è stato proprio un tiro forte e preciso, scagliato contro la porta avversaria nei quarti di finale con il Belgio, a valergli le prima pagine dei quotidiani spagnoli in questi giorni, puntualmente dedicate agli spauracchi più temuti dalla “Roja”. Un po’ come avviene in Italia quando si cerca di individuare gli uomini più pericolosi degli avversari per lanciare un monito a Mancini e ai suoi.

Ma di Barella non stupiscono solo la corsa, la qualità delle giocate e l’applicazione. Le caratteristiche che gli hanno permesso di raggiungere in giovanissima età un ruolo apicale nel calcio italiano (e mondiale, perché no), sono probabilmente la serietà, la professionalità, il carattere e un’innata maturità.

Non è forse un caso che accanto al calciatore quadrato e affidabile conviva un padre di famiglia felice, amorevole e presente. Le sue tre principesse, Rebecca, Lavinia e Matilde, e la sua regina, Federica Schievenin, sono il suo più grande orgoglio e la sua più importante responsabilità. Responsabilità che nell’ultima conferenza stampa Barella ha confessato di amare, letteralmente. «Mi sono sempre piaciute le responsabilità, fin da quando ho iniziato a giocare», queste le sue parole.

E allora non c’è dubbio che Nicolò sia pronto a caricarsi la squadra sulle spalle anche stasera, così come ha già fatto in passato con il Cagliari e nelle ultime due stagioni all’Inter, squadra in cui sembra destinato a diventare una vera e propria colonna nonostante i numerosi interessamenti e le difficoltà economiche dei nerazzurri. E anche in Azzurro il futuro è da predestinato. Tra i sardi Gianfranco Zola, 35 presenze e 10 reti in Nazionale, è a sole 8 presenze e 4 gol di distacco. Barella ha tutta la carriera davanti a sé per infrangere i record dei Quattro Mori in Azzurro.

Gli endorsement si sprecano. Fabio Capello lo ha definito «uno dei centrocampisti più forti d’Europa», per Marco Tardelli, a cui Barella è stato spesso accostato, è lui il miglior centrocampista italiano. Ma le parole più importanti restano quelle di sua Maestà Rombo di Tuono Gigi Riva, per lui una sorta di “nonno” illustre, amorevole e appassionato: «Oggi Barella è il miglior calciatore italiano. Ed io ne sono orgoglioso perché, come me, rappresenta la Sardegna. Un predestinato. Da piccolo aveva già la testa da grande».

Niccolò Barella e Gigi Riva (Foto F.Secchi)

 

 

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