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“Proteggiamo e conserviamo Arbatax”: le parole della scrittrice Mirella Manca per il Borgo Marinaro

Riportiamo integralmente le riflessioni della scrittrice Mirella Manca sul Borgo Marinaro di Arbatax, la sua storia e le sue prospettive per il futuro:

«Lo  stagno di Arbatax – fiore all’occhiello dell’Ogliastra-  è uno specchio d’acqua che ancora trova equilibrio tra le fragili braccia della natura e le esigenze del popolo marinaro. E’ un grande centro di produzione e trasformazione ittica, con una moderna coltivazione di mitili e ostriche, oltreché  ittiturismo e fattoria didattica. Gestito fin dai primi anni cinquanta dalla cooperativa pescatori Tortolì, che è riuscita a conservarne al meglio le peculiarità naturo/fauno/paesaggistiche, è avanzato adeguandosi alle nuove esigenze del mercato con servizi di salvaguardia ambientale e nel contempo convertendosi a una società sempre più pretenziosa e raffinata,  che ormai, stanca di un mercato di prodotti alimentari sofisticati, aveva bisogno di riacquistare il contatto con la natura e sentirne ogni aroma.

Dalla notte dei tempi l’uomo si è adoperato con delle tecniche mirate a poter ricavare il proprio sostentamento dal territorio e così come han fatto i pescatori sardi, (forse non troppo amanti delle onde in mare aperto). In quel paesaggio privo degli alti fumaioli della cartiera e dove le gru non erano quelle che di ferro che oggi svettano al di sopra delle enormi piattaforme petrolifere, ma solamente quelle che migravano dal nord a sud per svernare, avevano architettato e perfezionato gli strumenti per procacciarsi il cibo.   

Nell’ampia laguna e sul lungo canale di rifornimento– che muoveva dalle rive palustri a metà strada tra il vecchio passaggio a livello e della torre spagnola San Miguel, inoltrandosi lungo il piazzale che tutt’oggi ospita il cantiere dell’ Intermare – gli abitanti del luogo ovunque spostassero lo sguardo, altro non potevano notare che fitti canneti e qualche albero qua e la. Così, sradicarono le canne, unendole a mo’ di capanno affinché seccassero sotto il sole inclemente, e tu potevi vedere questi uomini allisciare con l’ascia le lunghe pertiche, impilandole poi in lunghe e ben strette cannicciate, che venivano posate in acqua come barriera di cattura.

Le giostre erano un ottima trappola sia per le anguille che discendevano  gli impervi torrenti invernali – cercavano la via dei Sargassi per la schiusa dei loro avannotti-  sia per i pesci di mare, che al contrario, cercavano acque più dolci e temperate, atte a fecondare le miriadi uova. Fino agli anni ai primi anni Sessanta, qualsiasi viaggiatore arrivasse con gli sbuffi neri del treno  a carbone, altro non vedeva che questa baia suggestiva, la cui spiaggia partiva dal vecchio ponte di ferro,( quello che separa la darsena dei pescatori dal resto del porto), e ombreggiate da una fitta pineta, gradualmente giungevano fino alla spiaggia di ponente (oggi detta La Capannina) che appariva infinita e assolata; candida come un prato di giunchiglie che altro non erano che conchiglie consunte.

Qualche piccola barca tirata a secco e con la chiglia al sole veniva abbandonata lì, ad attendere la bella stagione.

Non è forse scavando  tra passato e presente che cerchiamo il punto di incontro per la nostra felicità, ossia, l’equilibrio tra le nostre aspettative passate e ciò che siamo riusciti a realizzare fino all’odierno presente? L’armonia  tra ciò che eravamo e ciò che siamo divenuti? Quelle energie che ci sono state trasmesse dai nostri avi e quella spinta che ci proietta nel divenire!

Quando le due forze si uniscono, si annientano l’una nell’altra creando bellezza e prosperità. Questo rappresenta la bella laguna di Arbatax, collocata tra il mare e la montagna, e tratto di unione tra l’ acqua salata  in entrata dai canali e la corrente fresca cagionata dai torrenti. Se non avete conosciuto il paradiso, quel paesaggio gli assomiglia assai». 

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