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Accadde oggi. L’11 maggio 1920 le guardie regie uccidono i minatori in rivolta a Iglesias

Era il 1920 e nelle miniere di Monteponi, San Giovanni e Campo Pisano, nell’Iglesiente, si respirava aria di tensione tra gli operai e la Direzione guidata dall’ingegner Andrea Binetti. Le condizioni di lavoro erano molto critiche e i salari bastavano a malapena per sopravvivere. Perciò, l’11 maggio i minatori decisero di scioperare contro l’intransigenza della Direzione che non ne voleva sapere di ascoltare le loro richieste.

Dalla miniera di Monteponi partì un corteo di 2000 minatori (il direttore fu costretto da questi ultimi ad unirsi a loro) alla volta del Comune di Iglesias, con la speranza di poter parlare con l’allora sindaco Angelo Corsi in cerca di una soluzione. All’arrivo trovarono invece le guardie regie, schierate apposta per “prevenire eventuali tumulti”. Cominciarono così gli scontri e le guardie aprirono il fuoco sulla folla inerme degli operai, uccidendone cinque sul colpo: due morirono a causa delle ferite riportate e molti altri rimasero feriti.  Il direttore della miniera e il sindaco di Iglesias furono risparmiati dai disordini perché messi in salvo anticipatamente.

Ai funerali degli uccisi parteciparono migliaia di persone. Tanti furono i pretesti usati dalla Direzione per giustificare il massacro: uno fra questi fu quello secondo cui i minatori si accingevano a occupare le miniere e costruirci i “soviet”. Pretesti appunto, perché in realtà già qualche mese prima il Sottoprefetto aveva ordinato ai comandi dei Carabinieri di utilizzare “cittadini fidati” per azioni di repressione contro manifestazioni e scioperi degli operai.

Un massacro dunque premeditato per tutelare gli interessi della direzione. Ma la determinazione dei minatori dopo il tragico evento non venne meno. Al contrario, dopo mesi di lotte sindacali, il 9 dicembre dello stesso anno l’associazione esercenti miniere non poté fare a meno di firmare l’accordo che concesse i diritti di base per i lavoratori: aumenti salariali, indennità di carovita e riconoscimento delle commissioni interne elette liberamente dagli operai.

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