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Morto Vittore Bocchetta, sassarese, scampato all’orrore dei lager, osò sfidare due soldati fascisti

Nel 1940: a Verona, in un bar del centro, entrano due gendarmi fascisti ubriachi che ordinano ai clienti di alzarsi velocemente in piedi. La radio sta trasmettendo il bollettino ufficiale. Uno dei presenti, studente di lettere e filosofia risponde che per il bollettino delle ore 20 non c’è l’obbligo di alzarsi. Quella frase semplice ma pungente cambierà la sua vita. Schiaffeggiato, il ragazzo denuncia il fascista.

Quello studente è Vittore Bocchetta, classe 1918, nato a Sassari, diplomatosi a Cagliari ma residente a Verona. Così iniziò per lui la persecuzione da parte del regime fascista che arrivò a rinchiuderlo come deportato nei campi di concentramento di Bolzano, Flossenburg, Hersbruck. Riuscì a sopravvivere solo grazie a una fortunata serie di eventi, tra cui l’incontro nel lager con un dottore che lo salvò per sentirlo parlare di filosofia, e una voglia di vivere tale che gli permise di andare oltre l’orrore e la disumanità del regime.

A Vittore Bocchetta, hanno tolto con la violenza parte della vita e della gioventù, ma mai la forza di gridare e ribellarsi. Esattamente come fece quel giorno del lontano 1940. E’ uno dei pochi sopravvissuti ai lager che hanno avuto il coraggio di tramutare tutto l’orrore subito in una nuova esistenza. Per lui la salvezza è arrivata dall’arte, dalla scrittura, dal disegno, dalla scultura e dalla ferma volontà di far conoscere la sua storia che è stata quella di un popolo intero a cui è stata tolta la voce.

Bocchetta si è spento oggi nella sua casa di Verona, negli ultimi giorni era stato poco bene, era stato anche ricoverato e poi dimesso.

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