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Lanusei, Parco archeologico del bosco Selene: le difficoltà e le speranze degli operatori

Come una moltitudine di altre attività, anche i parchi archeologici vivono le difficoltà del periodo pandemico. Fra questi, troviamo anche il Parco Archeologico Selene di Lanusei, una realtà ben nota nel territorio ogliastrino e in Sardegna, che in passato ha registrato migliaia di visitatori per quanto riguarda le visite guidate.

Il Parco è situato nella piana del bosco Selene e presenta un complesso nuragico formato da diverse tombe dei giganti, pozzi sacri e il nuraghe Gennacili che fa parte di un villaggio nuragico in buona parte ancora da scoprire, studiare e valorizzare.

Abbiamo voluto parlare di questo gioiello lanuseino e di come il Parco sia ancora un’attrattiva importante, nonostante la pandemia che tutto fa chiudere, con un operatore della cooperativa La Nuova Luna che dal 1997 lo gestisce, Salvatore Acampora.

 

Come valutate l’anno appena trascorso?

Fortunatamente, essendo il Parco uno spazio di oltre trenta ettari, abbiamo lavorato per mesi garantendo le dovute misure di sicurezza e il distanziamento fra le persone che visitavano il sito. Gli ampi spazi ci hanno permesso quindi di poter operare in sicurezza, ma abbiamo dovuto far conto di una diminuzione delle visite dovute a un fatto molto semplice: le restrizioni imposte hanno reso difficoltoso portare un numero di visitatori come quelli che registravamo in precedenza poiché portare 45 visitatori ora richiede due pullman anziché uno come in precedenza. Il trasporto è un problema notevole che ovviamente incide sul tutto.

Siete quindi riusciti a lavorare con continuità?

Abbiamo aperto a maggio e lavorato tutta l’estate fino a metà settembre, ovviamente con le criticità menzionate prima.  Possiamo dirci felici perché è stato garantito un bel servizio, ma i numeri ci indicano le problematicità dovute alle restrizioni negli spostamenti anche fra Paesi. Se gli anni scorsi registravamo circa duemila turisti francesi che visitavano il Parco, quest’anno, ad esempio, ne abbiamo registrati solamente dodici.

Le visite guidate effettuate da La Nuova Luna incidono sulle attività circostanti: come si può valutare da questo punto di vista l’anno appena trascorso?

A essere sincero provo amarezza perché la nostra realtà solitamente crea un notevole indotto che sicuramente è stato ridimensionato in questi mesi. Nei pressi dell’area in cui lavoriamo si trova una struttura ricettiva che ovviamente può risentire del calo dei visitatori e la cosa mi dispiace tanto. Il territorio tutto soffre questa mancanza di indotto, perché alla fine dei conti ogni visitatore o turista venendo qua ha sempre avuto la possibilità di spendere una manciata di euro nei bar, ristoranti o altri servizi a supporto dei cosiddetti macroattrattori come il nostro Parco o l’osservatorio.

Quante persone lavorano attualmente nel Parco?

Siamo nove operatori culturali di cui un coordinatore, una guida turistica part-time, due accompagnatori e cinque manutentori.

Inizialmente questo articolo nasceva con l’idea di parlare della riapertura del Parco della settimana scorsa ma domenica vi è piombata addosso la decisione del Governo di porre la Sardegna in zona arancione e siete stati costretti alla chiusura anticipata. Cosa puoi dirci di questa settimana appena trascorsa?

Noi abbiamo lavorato in tutti i giorni in cui fosse possibile garantendo il servizio. Siamo comunque sempre presenti poiché il bene che valorizziamo è di proprietà ministeriale e noi ne gestiamo anche la custodia. Queste aperture e chiusure ovviamente creano qualche difficoltà, ma come detto prima a soffrirne è un territorio intero e diverse attività a noi collegate. Per dire, anche in questo ultimo periodo noi lavoravamo tutti i giorni della settimana meno il sabato e la domenica perché costretti alla chiusura, creando così un paradosso: moltissime persone hanno il giorno libero da lavoro proprio nei fine settimana, giorni in cui gli è comunque impedito di venire a visitarci.

Sappiamo che nel Parco si sta avviando un progetto interessante su cui probabilmente torneremo in dettaglio nelle prossime settimane, di cosa si tratta?

Nell’area è in fase di realizzazione un parco tematico sulla civiltà nuragica. È un progetto che ha coinvolto diverse istituzioni fra cui varie università.

La vostra è una realtà importante, cosa vi augurate come cooperativa e come cittadini del territorio?

Credo che dobbiamo tutti fare la nostra parte per senso di responsabilità, dobbiamo dare l’esempio per uscire da questa situazione difficile e lavorare per offrire un servizio al passo con i tempi. La nostra fortuna è di avere questi spazi aperti e di poter offrire cose che purtroppo non si trovano ovunque in Sardegna quando si parla di siti archeologici: ad esempio il nostro sito è accessibile ai diversamente abili, soprattutto i disabili motori. Sono dettagli che contano tanto e danno la possibilità a più persone di vivere questo posto bellissimo e visitare un territorio ricco di storia.

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