ogliastra.vistanet.it

Accadde oggi. Il 20 gennaio 1925 a Jerzu la strage di San Sebastiano

Era una fredda giornata come tante nel piccolo paese di Jerzu che, arrampicato sulle montagne, vedeva passare i giorni con la solita pace e le solite tribolazioni: il lavoro, i campi, la famiglia. Nessuno si sarebbe immaginato che quel giorno, il 20 gennaio 1925, sarebbe stato ricordato per sempre come uno dei capitoli più tragici della storia ogliastrina del secolo scorso. Furono otto le vittime di una furia omicida senza precedenti che non risparmiò né i grandi né i piccini, i quali dovettero pagare a caro prezzo la propria presenza in quella casa, trasformata in pochi minuti in un mattatoio.

Si trattava di estranei arrivati in paese per derubare la famiglia o di conoscenti desiderosi di vendetta? Perché uccidere anche i bambini con tanta rabbia? Come racconta Tonino Serra all’interno del libro intitolato “Ierzu, la gente, i luoghi, la memoria”, la sera del 20 gennaio “la numerosa famiglia del falegname Giovanni Boi si era recata ad una festa organizzata, come allora si usava il giorno di San Sebastiano, in uno scantinato..” La famiglia, secondo le testimonianze fece ritorno a casa verso “l’una dopo mezzanotte” e non tardò a mettersi a letto, visto che il capofamiglia Giovanni, detto Giuanniccu, “avrebbe dovuto riprendere il suo usuale lavoro di falegname”. A mezzogiorno del 21, vedendo le finestre della casetta di Funtan’e susu ancora chiuse, qualcuno si insospettì informando il suocero di Giuanniccu che, giunto a casa del genero, trovò la porta socchiusa. Una porta che, una volta aperta, avrebbe cambiato per sempre la sua vita.

All’interno della casa solo sangue e distruzione. Aperta la porta del pianerottolo giaceva in una pozza di sangue la nipotina e nelle altre stanze gli altri componenti della famiglia: il primo a cadere fu Giovanni, che secondo le dichiarazioni del procuratore generale del Re, dopo aver impiegato una lotta con gli assassini fu “abbattuto a colpi di mazzuola e finito a coltellate”. La stessa sorte toccò alla moglie Angelina Melis e alla madre di Boi, Domenica Mura, accorsa nella stanza in cui giaceva il figlio. Dietro di lei la piccola Assunta. Nell’altra stanza invece, fu trovata la sorella di Giovanni Boi, Virginia, morta dopo una lotta con gli assassini che dopo di lei presero di mira le piccole Amelia e Luigina. Nemmeno il piccolo angelo Mario, di soli 16 mesi, fu risparmiato. Si dice non si sia accorto di niente. Dormiva in pace, dopo una bella serata trascorsa a ballare e giocare con i propri fratellini.

Gli omicidi, secondo i testimoni di allora, sarebbero avvenuti tutti nello stesso modo, con la stessa ferocia, con lo stesso coltello e con lo stesso martello. Si dice che al funerale piangessero e sospirassero tutti: uomini, donne, bambini di ogni età. “Se orribile è stato il delitto consumato” si legge in una delle testimonianze storiche citate da Serra nella sua opera “sublime rimane la manifestazione di cordoglio sgorgata spontaneamente nel popolo”.

Centinaia di persone a chiedersi il perché di tanto accanimento, centinaia di persone a cui nessuno ha mai potuto dare risposta perché non si conobbero mai le motivazioni di tale gesto. Gli assassini però “non poterono contare in nessun momento sul silenzio degli ierzesi e, cinque giorni dopo, cinque persone furono arrestate e condannate all’ergastolo. Tra queste Antonio Serrau, cognato di Boi, che ferito nell’orgoglio per essere stato licenziato da Boi (che gestiva il trasporto postale) aveva minacciato quest’ultimo e la sua famiglia. Si trattava però solo di minacce e le vere motivazioni non vennero mai a galla.

Conclude Tonino Serra: “Passarono molti mesi prima che la comunità ierzese riuscisse a liberarsi del peso e del marchio di una simile tragedia, ma quasi per un rituale di penitenza collettiva, da quell’anno non si organizzarono più balli in onore di San Sebastiano.”

Exit mobile version