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Sardi famosi. Giovanni Ciusa Romagna, grande pittore nuorese e protagonista del primo design made in Sardinia

Giovanni Ciusa Romagna nacque a Nuoro il 20 febbraio del 1907 e nel suo paese natale morì il 15 dicembre del 1958.

Fu pittore, disegnatore, insegnante e mosse con successo i primi passi in quello che nel mondo dell’arte si stava affacciando come design ma che veniva chiamato, allora, arte applicata. Giovanni Ciusa Romagna fu fratello di Mario, intellettuale nuorese nato due anni dopo e trapiantato a Cagliari negli anni ’50, dove fu insegnante e critico d’arte apprezzatissimo. I fratelli ebbero la fortuna, per i loro studi, di potersi recare a Firenze, dove conobbero il fermento e la cultura dei primi decenni del ‘900, cosa che diede un’impronta indelebile alla loro formazione. Giovanni studiò all’Accademia di Belle Arti, mentre Mario si iscrisse in Lettere.

All’Accademia il suo mentore è il pittore torinese Felice Carena: qui studia i grandi del Rinascimento e segue i corsi della Scuola Libera del Nudo. Quando nel 1925 torna in Sardegna la sua presenza diventa presto un punto di riferimento: il giovane pittore anima il dibattito culturale, espone con assiduità e partecipa, con successo, a importanti rassegne. Nel 1933, poco più che ventenne, realizza tre opere che restano ancora oggi tra le sue più note, e che gli varranno il Premio dei Giovani alla IV Mostra Sindacale Regionale di Cagliari: i ritratti Fanciulla con boccale e Donna con frutta, e soprattutto la grande Processione, che con la statua di San Sebastiano violentemente tagliata nella sua parte superiore, e lo sguardo enigmatico di uno dei confratelli in processione – volto verso lo spettatore per scrutarlo con inquietanti occhi felini, di due colori – palesava l’originalità di impostazione, la sicurezza nella composizione e nelle scelte luministiche e cromatiche, e la maestria tecnica dell’artista allora poco più che ventenne.

Negli anni, lo sguardo di Ciusa Romagna si poserà su donne e uomini intenti nelle attività quotidiane, sugli animali e sui paesaggi rurali caratteristici dell’isola, ma non di meno lo appassionerà – pioniere in questo nella provincia barbaricina – la resa della natura morta. La sua modernità si evincerà dall’interesse mostrato per i temi e il taglio da realismo sociale, come testimoniano le opere realizzate dopo il soggiorno nel Sulcis per osservare il lavoro dei minatori. Il tratto di Ciusa Romagna disegnatore si distinguerà per essere tra i più immediatamente riconoscibili di tutto il panorama isolano: fu illustratore per “Il Giornale d’Italia”, dal 1935 al 1940 e alcune importanti copertine – come quelle per l’antologia poetica Vita Poesia di Sardegna di Remo Branca e Francesco Pala (1937), o per Cosima, romanzo postumo di Grazia Deledda (1937) – porteranno la sua firma. Importante e appassionato sarà anche il suo impegno nella docenza e nel campo delle arti cosiddette minori: tra il 1925 e il 1929 insegnerà nella Scuola di Arti Applicate di Oristano diretta dallo zio Francesco Ciusa e sostenuta dall’esponente del sardo-fascismo Paolo Pili; nel 1930 fonderà a Nuoro la Scuola Bottega Artigiana, e per anni insegnerà Disegno e Storia dell’Arte all’Istituto Magistrale cittadino (di cui sarà anche preside dal 1948).

Nel secondo dopoguerra Ciusa Romagna parteciperà da protagonista agli anni d’oro della rinascita delle manifatture sarde promossa dal duo sassarese composto da Eugenio Tavolara e Ubaldo Badas. Curerà il design rinnovato di maschere, tappeti, gioielli, scialli e fazzoletti; disegni che verranno tradotti dall’intaglio, dalla tessitura e dal ricamo da parte delle maestranze della Barbagia, nell’ambito delle attività incentivate prima dal piano di rinascita dell’OECE (Organizzazione per la Cooperazione Economica Europea) e poi dall’ISOLA (Istituto Sardo Organizzazione Lavoro Artigiano).

Nel corso degli anni Quaranta e Cinquanta la sua versatilità avrà modo di esprimersi anche nelle opere pubbliche, quando, pur non avendo mai conseguito una qualifica di architetto, contribuirà a dare un nuovo volto alla città natale occupandosi dei restauri della Chiesa della Solitudine – in vista del rientro a Nuoro della salma di Grazia Deledda, che lì sarebbe stata deposta nel 1959 –, di Casa Devoto e di Piazza Vittorio Emanuele II (distrutta poi dai successivi interventi di modifica del 1992); ancora, nel 1953 realizzerà una Via Crucis per la Cattedrale di Santa Maria della Neve in coppia con il pittore Carmelo Floris. Già nel 1926, da astro nascente dell’arte sarda, aveva collaborato con l’amico di Olzai, come lui insegnate nella Scuola d’Arte di Oristano: insieme avevano decorato una cappella della parrocchiale di Seneghe.

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