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Ogliastrini nel mondo. Il gairese Antonello Sirigu dalla Sardegna all’Inghilterra: “Sono un cittadino del mondo”

Antonello Sirigu, 50 anni, di Gairo, si è laureato in Psicologia del lavoro, con Master in Psicoterapia comparata, all’Università di Cagliari. Ben sei anni fa è partito alla volta dell’Inghilterra, più precisamente a Londra, dove tutt’oggi vive, in cerca di migliori prospettive lavorative. 

La sua storia. 

 

Quando hai lasciato la Sardegna la prima volta? Cosa ti ha spinto a farlo?

Nel 2014, per la prima volta, ho deciso di emigrare nelle Isole Britanniche. Sono andato prima a Dublino e poi a Belfast, in Irlanda, per poi trasferirmi a Londra all’inizio del 2015. Tutto quanto fatto fino al 2014, in termini di formazione multivariata, esperienze di lavoro e attività di volontariato in diversi settori, non è stato sufficiente a farmi rimanere a Gairo e nella mia amata Sardegna. Sono partito per la mancanza di prospettive per il futuro, certificate dall’aver inviato centinaia di richieste di lavoro in tutta Italia senza risultati. Ma soprattutto io amo viaggiare e avere contatti con persone che hanno tradizioni e culture diverse dalla mia. Mi sento un cittadino del mondo.

Di cosa ti occupi in Inghilterra adesso?

Da quando mi sono trasferito a Londra ho svolto diversi lavori in vari ambiti, come direzione vendite, customer service, reception nel servizio sanitario nazionale. Inoltre, contemporaneamente al lavoro, ho migliorato le mie competenze della lingua inglese, acquisendo titoli di studio come il diploma in Human Resource Management, quello in Performance Management, quello di Consultant Recruitment e quello in Leadership and Management. Dopo tanto sacrificio, sono finalmente arrivato a riscattarmi e a fare un lavoro che amo, nella gestione delle Risorse umane e nel Recruitment, in ambito psicologico. Qui bisogna rimboccarsi le maniche e grazie alle proprie capacità e all’impegno, si può arrivare lontano e dove si desidera. Purtroppo, a parer mio, questo manca in Italia. 

C’è qualcosa che ami particolarmente di Londra?

Londra ti permette di mettere alla prova te stesso per quello che sei. Ti fa lottare con le tue mani nude, ma allo stesso tempo ti consente di farlo con la speranza e la certezza di avere il riconoscimento che meriti in termini psicologici, di posizione sociale, economici, culturali ed in genere a 360 gradi. Potenzialmente a Londra puoi fare tutto ciò che vuoi, come lavorare dove e come desideri, mangiare quello che ti va, partecipare a qualsiasi tipo di evento. Quindi, per me, è molto difficile dire cosa mi piace di più tra le tante cose che Londra ha da offrire. 

Hai degli hobbies? Cosa fai nel tempo libero?

Ho tante passioni, alcune nate quando ancora vivevo in Sardegna. Mi piace fare volontariato e dare una mano a chi ha bisogno, operare per la salvaguardia dell’ambiente, fare giardinaggio, trekking per boschi e parchi. Nel tempo libero mi piace cantare e strimpellare la chitarra, perché dire “suonare” sarebbe troppo, leggere, scrivere e fare ricerche sulle tradizioni popolari. Ho anche provato a cimentarmi con la cucina, ma dopo aver bruciato la pentola per ben tre volte, ho lasciato stare! Ho dovuto, invece, rinunciare ad un altro hobby per me fondamentale: l’osservazione delle stelle. Amavo farlo in Sardegna, dai nostri bellissimi monti dove i cieli erano tersi, mentre a Londra, a causa del forte inquinamento luminoso, non posso farlo.

Quali sono, per te, le principali differenze e somiglianze tra l’Inghilterra e la Sardegna?

Londra è una metropoli multiculturale. Qui vivono persone provenienti da tutte le parti del mondo, con una diversa cultura, lingua, credenze, tradizioni e modi di vivere. Tutto si mescola creativamente e pacificamente dando luogo ad una bellissima comunità dove tutte le diversità sono magnificamente integrate. A Londra puoi trovare tutto ed il contrario di tutto. Gairo, invece, è un piccolo paese dove tutti si conoscono, creando un senso di familiarità impensabile in una metropoli, dove spesso non conosci neanche il tuo vicino di casa. La vita è certamente meno cara di Londra, mi viene da pensare, tra le altre mille cose, che un mazzetto di prezzemolo al mercato di Wood Green lo pago 4 euro, mentre mia madre può averlo quasi gratis.

Purtroppo nel mio paese, come quasi in tutta l’Isola, il lavoro è praticamente un miraggio. Abbiamo molte potenzialità a livello turistico, ma non riusciamo a sfruttarle appieno, costringendo tante persone, come me, ad emigrare. Il sistema sanitario e il sistema educativo italiano sono decisamente migliori di quelli inglesi, quindi per me l’ideale sarebbe uno stato democratico come l’Italia, che rispetta i singoli individui, ma con un saldo sistema economico e lavorativo come quello inglese. Ma forse è un’utopia! 

 

 

Ti manca Gairo o più in generale la Sardegna?

Quando vivevo in Sardegna, grazie al fatto di aver svolto lavori in diverse parti dell’isola, viaggiavo ogni giorno: seguivo un progetto del PON Sicurezza nelle scuole, visitando così tutti i paesi d’Ogliastra, e grazie ad un altro progetto “Agenda 21 sull’ambiente” visitai anche altri centri come Laconi, Oristano, Ollollai, Nuoro, Senorbi, Macomer, Alghero, Sassari, Austis, Irgoli, Villasimius. Per questo devo dire che non mi manca semplicemente Gairo, ma la Sardegna tutta. Mi manca il sole, il mare, le montagne, i panorami, le grotte, i boschi, i profumi e i sapori, ma soprattutto la mia gente. Tuttavia, grazie alla tecnologia e ai viaggi, posso mantenere contatti e progettare visite in Sardegna quando voglio (Covid permettendo!).

A proposito di Covid-19, come stai affrontando, e hai affrontato, la pandemia mondiale lontano da casa?

Lavorando nel Sistema Sanitario Nazionale inglese ho avuto un’esperienza diretta dell’impatto terrificante di questo virus sulle persone, sulle famiglie e sulla intera società. In termini psicologici la situazione è stata angosciante soprattutto per chi, come gli italiani e quindi come me, vedevano in televisione ciò che succedeva a Bergamo la scorsa primavera, mentre il governo inglese non prendeva nessuna misura di contenimento.

Infatti sappiamo poi com’è andata: in poche settimane si arrivò a 40mila vittime, ai corridoi degli ospedali pieni e ai cadaveri riposti uno sopra l’altro. Furono settimane terribili. L’unico pensiero ricorrente era quello di lasciare tutto e tornare a casa dai miei cari, ma il senso di responsabilità e l’amore per la mia famiglia e la mia Isola, mi impedirono moralmente e psicologicamente di rientrare in Italia. Quando il governo inglese decise finalmente di imporre la “chiusura totale”, il senso di solitudine era in certi momenti insopportabile, mitigato solo dal fatto che, come dipendente del Sistema Sanitario, ero obbligato ad andare a lavoro.

Al momento, fortunatamente, la situazione è migliorata perché il governo inglese ha adottato molte delle misure messe in atto dal governo italiano. Infatti, si vede un ritorno alla semi-normalità, soprattutto grazie all’arrivo dei vaccini. Purtroppo ci sono ancora problemi legati agli spostamenti, quindi probabilmente non riuscirò a tornare in Sardegna per passare il Natale con la mia famiglia. 

 

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