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Tortolì: La prestigiosa Accademia del Panino Italiano ‘stregata’ dalla paninoteca Dite Cheese

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Sono bastati cinque giorni perché la notizia dell’apertura di un nuovo locale a Tortolì arrivasse a una delle più prestigiose associazioni enogastronomiche italiane.

L’Accademia del Panino Italiano, massima organizzazione nazionale a tutela delle eccellenze del “pane e companatico” tipiche del Belpaese, ha dovuto mettere macchina fotografica, bloc-notes e penna in valigia per raggiungere corso Umberto 68 e scoprire Dite Cheese, la nuova paninoteca di Tortolì, regno del formaggio sardo fuso.

Sono stati diversi clienti a contattare l’Accademia per avvisarla che nel cuore dell’Ogliastra qualcuno aveva ideato dei panini meritevoli di attenzione, e proprio nelle prossime settimane la rivista dell’importante associazione enogastronomica dedicherà un articolo speciale ai panini con formaggio sardo fuso.

Ma perché in così poco tempo un locale nato in un piccolo angolo della Sardegna è arrivato a far parlare di sé nel tempio dell’enogastronomia italiana? La risposta è semplice quanto per nulla scontata. È “bastato”, si fa per dire, scegliere il meglio delle eccellenze agroalimentari del territorio e reinventarne la forma, rendendole accattivanti nel modo più trendy, economico e replicabile possibile: il panino.

Formaggi ovini e caprini fatti interamente in Sardegna con pecore e capre allevate al pascolo brado, prodotti della terra coltivati a pochi km dal locale e in armonia con la natura, ma anche tante prove e studio certosino per arrivare a creare un prodotto che potesse piacere davvero alla gente. Il tutto senza cercare scorciatoie, fidandosi di decine di produttori locali, seri e competenti, che da generazioni danno vita a piccole grandi eccellenze enogastronomiche. Questi i pochi segreti di un’idea brillante che partendo dalla provincia è arrivata a conquistare anche i palati più raffinati.

Un “case history” che suggerisce tante riflessioni. Essere un’isola, trovarsi lontano dal “centro”, non dovrebbe essere sempre visto come uno svantaggio. In questo caso specifico la condizione di isolamento e di periferia della Sardegna ha contribuito nel tempo alla conservazione di metodi di produzione di grande qualità, anche se all’apparenza non competitivi dal punto di vista economico.

Eppure i vantaggi, vedendo le cose da una prospettiva diversa, sembrano esserci davvero tutti. Un formaggio caprino prodotto a Cardedu non è replicabile nella Pianura Padana. Un trancio di tonno rosso appena pescato al largo di Carloforte e servito in un ristorante locale avrà un sapore nettamente superiore rispetto a quello a disposizione del ristoratore di Milano. Un vino realizzato da vitigni coltivati vicino al mare incontaminato della Sardegna avrà sentori unici rispetto a un altro coltivato nelle colline del Nord Italia. Di esempi come questi se ne potrebbero fare all’infinito. La Sardegna, forse, dovrebbe solo iniziare ad attingere dal meglio di sé, pescare a piene mani dalla propria identità così forte e spiccata, e offrire sé stessa a un pubblico più ampio possibile, senza paure o timori reverenziali. Vale per un panino, come per tutto il resto.

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