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La dimora segreta di Maria Abbranca: riposa nell’acqua insieme ai bambini afferrati e trascinati sotto

Fu con l’avvento del Cristianesimo che molte delle figure pagane presenti nell’Isola mutarono, divenendo qualcos’altro – quando non, addirittura, scomparirono –.

Come spiega Antonio Maccioni nel libro “Alla scoperta dei segreti perduti della Sardegna”, le janas “divennero streghe dalla natura demoniaca e dalle orribili fattezze, più raramente creature benefiche dotate di virtù e buone qualità”.

Sortilegi e atti maligni, ecco cosa si credeva potessero fare. Ebbene, solo le Sacre Scritture erano capaci di fermarle.

In alcuni centri, si parlava addirittura delle bìrghines (letteralmente “vergini”), capaci, a quanto pareva, di prevedere il futuro dopo essersi cibate di carne umana, meglio se di neonati in fasce.

Maria Abbranca – chiamata a seconda dei posti anche con altri nomi – era la custode dei pozzi, specialmente vegliava sulla sorgente carsica di Su Gologone. Lei non tollerava le monellerie. Era stata una bellissima sacerdotessa del culto delle acque, in passato. nel tempo, però, la sua presenza fisica mutò: divenne una donna con un lungo braccio e un uncino. In questo modo, poteva afferrare i bambini e trascinarli nelle acque. Si dice che la figura leggendaria riposi ancora nella massa d’acqua gelida di Su Gologone, insieme a tutti i bimbi che è riuscita a trascinare fin sotto.

(Antonio Maccioni, “Alla scoperta dei segreti perduti della Sardegna”, Newton Compton editori)

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