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(INTERVISTA) L’azienda agricola Plantulande, dal 2017 prima produttrice nell’Isola di microgreens

L’azienda agricola Plantulande, con sede a Galtellì – piccolo paese in provincia di Nuoro –, strizza l’occhio all’ambiente e alla salute delle persone che consumano i loro prodotti. Numerosi i traguardi importanti: uno dei principali, il fatto di essere stati i primi produttori di microgreens nell’Isola.

Abbiamo parlato di questo e altro con Silvia Marras, figlia della titolare.

 

 

Quando nasce l’azienda agricola Plantulande?

L’azienda nasce ufficialmente a novembre del 2017, dopo più di un anno di lavoro, sperimentazioni e organizzazione. Nasce dalla profonda convinzione che un’alimentazione corretta e sana sia il primo passo verso il miglioramento della qualità di vita e dal desiderio di innovare la visione del fare agricoltura in funzione di una cucina eco-sostenibile e biologica.

 

Dal 2017 siete i primi produttori di microgreens nell’Isola. Come mai questa decisione? Qual è il suo ruolo all’interno della azienda?

Il mio motore è stata la passione. Agricoltori da sempre, sia io che mia sorella fortunatamente siamo cresciute a stretto contatto con la natura, gli animali e la terra. Il modello della piccola agricoltura famigliare per autoconsumo è stato presente sin dalla nostra infanzia e quindi non è stato difficile coinvolgere la famiglia nella mia idea di diventare i primi produttori di microgreens in Sardegna. L’intenzione non era certo quella di fare business, dal momento che molto tempo prima avevo cominciato a produrre questi scrigni di virtù per far fronte a problemi di salute e migliorare la mia condizione. Dunque tra mia madre, la titolare, e mia sorella abbiamo avviato un’azienda green tutta al femminile. Attualmente sono loro che si occupano della gestione anche se io interagisco e collaboro attivamente.

 

 

Quando, come e perché ha avuto l’idea di specializzarsi in fermentazioni alimentari e metodi di panificazione alternativi?

Anche questo percorso di approfondimento e studio vede intrecciarsi da una parte la mia laurea in biologia e la passione per l’arte bianca e dall’altra la continua ricerca del benessere e delle risorse per affrontare e risolvere problemi di salute legati a una sindrome di malassorbimento per la quale la medicina convenzionale non aveva trovato rimedio. Queste le ragioni principali per cui ho iniziato a dedicarmi allo studio dell’alimentazione naturale e delle fermentazioni, dapprima rivolgendo la mia attenzione alla cucina tradizionale giapponese, Washoku, che comprende vari alimenti fermentati con il fungo non patogeno Aspergillus oryzae (koji), dichiarato fungo nazionale del Giappone. Ma le fermentazioni base della cultura nipponica sono state solo il punto di partenza di una serie di sperimentazioni e declinazioni moderne dell’utilizzo dei microrganismi in ambito alimentare che mi hanno portato a un miglioramento considerevole delle mie condizioni di salute e a un graduale recupero. Mi sono focalizzata e dedicata allo studio della produzione di prodotti da forno, in particolare pane e lievitati, per ottenere un prodotto dalle caratteristiche uniche straordinarie, estremamente scioglievole e digeribile, che potesse essere adatto a chi, come me, non è celiaca, ma soffre di ipersensibilità al glutine. E da qui la costante ricerca di cereali autoctoni dalle antiche origini e farine recuperate da piccoli produttori. Ma nonostante gli ottimi risultati ricerca e studio tra biologia e gastronomia continuano, per perfezionare metodo e caratteristiche finali di queste pratiche poco convenzionali e ancora tutte da scoprire!

 

Di cosa vi occupate, adesso? L’evoluzione dell’azienda è stata notevole, immagino. Ci può spiegare?

 

Ci occupiamo di agricoltura biologica (siamo in conversione) sia in pieno campo che in coltura protetta, coltivazione indoor, fitoalimurgia e recupero della biodiversità di piante selvatiche e specie ortive dimenticate. Tutto ciò che ha a che fare con il benessere e che può ristabilire energie virtuose tra l’uomo e la natura.

 

Con quali aziende lavorate? È stato difficile far capire l’importanza del vostro lavoro, basato su un’alimentazione sana e legato a quelle che sono le tradizioni dell’Isola?

Lavoriamo con i ristoratori e Chef sardi e abbiamo anche clienti nella penisola. Per me grandi professionisti, affermati ed emergenti, con i quali non condividiamo soltanto ricette, ma esperienza. Non solo cucina, ma conoscenza. Molti di loro ricercano ancora materie prime strettamente legate al territorio, eccellenze da valorizzare con una cucina tradizionale ma innovativa. Sono ambasciatori della nostra cultura gastronomica, che credono in un’idea di cucina responsabile e attenta alla salute, e quindi all’utilizzo di ingredienti di prima qualità, prodotti eticamente e con passione.

 

Al momento, lei si occupa anche di consulenza, formazione e divulgazione di quella che definisce la “biologia del pane”. Ci illustra questo lato del suo lavoro?

Il mio bagaglio conoscitivo relativo ai miei studi universitari, unitamente alle mie esigenze personali di salute sono stati determinanti nel far riaffiorare la mia passione per il mondo della panificazione, dove il ruolo della fermentazione è preminente e spesso poco chiaro. Quando pensiamo a qualcosa di buono e fatto con le nostre mani da subito ci viene in mente il pane, la pizza un bel dolce.  E per farlo abbiamo bisogno di poche cose, acqua, una buona farina ma soprattutto dei microrganismi, principali responsabili della trasformazione dei prodotti che poi finiranno nelle nostre tavole. Tutto ciò che è invisibile a occhio nudo è essenziale e lo possiamo studiare attraverso l’osservazione dei processi e l’analisi dei risultati; lieviti e batteri lattici. La ricerca scientifica e il grande sviluppo degli ultimi anni ha permesso un notevole miglioramento della conoscenza dei fenomeni legati alla fermentazione, anche nel campo della panificazione e penso che una maggiore consapevolezza e l’acquisizione della capacità di descriverli anche in maniera scientifica possa essere di grande aiuto nel prevederne gli sviluppi e determinare l’evoluzione dei processi in ottica di miglioramento di una tipologia di prodotti, quelli da forno, che ha un ruolo fondamentale nell’alimentazione umana. Mi piacerebbe dunque raccontare e rendere fruibile la ricerca scientifica, ma con un approccio esperienziale, semplice e amatoriale. Questa è la chiave.

 

 

Lei ritiene che il vostro operato salvaguardi alcune pratiche antiche dell’Isola e, se sì, come?

Assolutamente sì, tutto comincia dal territorio, e la nostra missione è valorizzare le risorse umane ed il patrimonio ambientale attraverso la collaborazione tra aziende, la crescita e la diffusione delle conoscenze per un reale miglioramento della qualità di vita e dell’ecosistema.

 

 

Ho sentito parlare di Simba… Di cosa si tratta?

Simba è il nome che ho voluto dare al mio lievito madre. L’iniziativa di distribuirlo durante il periodo di quarantena mi ha coinvolto più di quanto immaginassi. Tutti conosciamo il protagonista del celebre film Disney che crescendo si trova costretto ad abbandonare la spensieratezza della gioventù dinnanzi al suo inevitabile destino e alle proprie responsabilità di Re. Ebbene come un piccolo leoncino, forte e sfrontato, ho voluto assegnarli un importante missione. Quella di incoraggiare, in un periodo difficile e inedito, a prendersi cura di sé e dei propri legami, che proprio come un lievito naturale, sono fatti di complessi equilibri che vanno rinfrescati e ravvivati.  Ho pensato che fosse un gesto per unirci in un momento in cui la distanza era l’unica arma a tutelarci.

Il progetto è nato dalla collaborazione con Mulinu, la Macina di Barbagia, una realtà nuorese moderna e contemporanea che racconta passato e futuro investendo e scommettendo nella filiera dei grani sardi e in modelli agricoli integrati, biologici, in armonia con ambiente e territorio. Assieme a loro altre attività in tutta l’isola hanno sposato l’idea, e grazie a loro siamo riusciti a fare arrivare Simba nelle case di tante persone.  I Cherchi a Cagliari, Madre Natura Bio a Sassari, Naturasì a Olbia e Cibum a Oristano. E attraverso Mulinu lo abbiamo spedito anche nella penisola. Tutte aziende che ringrazio di cuore, per non essersi arrese e aver contribuito a garantire servizi indispensabili e preziosi per tutta la durata del periodo di restrizione. Tante le iniziative e i progetti ai quali abbiamo intenzione di dare vita, con la missione sempre di valorizzare la nostra bellissima terra, che adesso, ne ha più bisogno che mai.

 

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