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La curiosità. Perché si mangia l’agnello a Pasqua? La tradizione affonda le radici in un tempo molto lontano

Agnello sì, agnello no.

È una tradizione che, radicata in un tempo molto lontano, viene di questi tempi messa in crisi: ormai da anni, infatti, imperversa la lotta tra chi ama la carne e gli animalisti – in difesa dei diritti degli animali –.

Ma da dove viene?  L’agnello, considerato in senso religioso, rappresenta Gesù – ed è quindi lo stemma del cristianesimo – e il suo sacrificio nella croce.

Tuttavia, andando ancora più indietro, si arriva (scandagliando la genesi di questa tradizione) fino all’ebraismo. In particolare, alla Pasqua ebraica (Pèsach).  Dio annunciò al popolo d’Israele che lo avrebbe liberato dalla schiavitù. Sarebbe passato – disse – per tutto l’Egitto e avrebbe colpito a morte tutti i primogeniti egiziani, sia umani che animali. Il popolo d’Israele avrebbe però dovuto macchiare la porta d’ingresso della propria casa con il sangue d’agnello. Solo così Dio avrebbe saputo chi risparmiare. Solo così il Faraone – colpito anch’esso dalla decima piaga – si convinse a lasciar andare via gli israeliti.

Il sangue dell’agnello – sostengono alcuni teologi impegnati nella spiegazione della tradizione – non è la salvezza dal peccato tuttavia significa, se visto in quest’ottica ebraica, liberazione dalla schiavitù – sociale e politica –.

In più, malgrado sin dai tempi remoti le date della celebrazione ebraica e cristiana non coincidano, pare che – lo dice il Vangelo di Giovanni – il giorno della morte di Gesù fosse proprio quello in cui si uccise l’agnello (il giorno prima della Pesach). Infatti un antico comandamento ebraico imponeva l’uccisione dell’agnello il quattordicesimo giorno del mese Nisan. L’agnello doveva essere mangiato proprio quella notte.

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