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La riflessione di Piero Carta sul Coronavirus: “Riprendiamoci la nostra autenticità, ci sarà bisogno di profondità”

Piero Carta, ex Presidente della provincia Ogliastra, riflette con noi su questo difficile momento legato all’emergenza sanitaria e a ciò che ci aspetta nel futuro, quando – si spera – tutto questo sarà solo un brutto ricordo. Lo fa dalla pagina FB del PD e riportiamo integralmente le sue parole:

«Riprendiamoci la nostra autenticità. Ci sarà bisogno di profondità, di sguardo lungo per superare il cunicolo nel quale siamo costretti per ripararci dalla tempesta del contagio. Un lungo tempo di scavo, di cammino per tornare in superficie “a riveder le stelle”. Le parole di Dante siano una profezia: sollevare lo sguardo. Guardare in faccia la realtà con virilità e coraggio per fissarne i fondamentali.

Il coronavirus è un vento feroce che sta attraversando e mettendo a soqquadro ogni angolo del nostro spazio e del nostro tempo. Pagheremo un conto salatissimo, ma forse, se saremo acuti e all’altezza della sfida, potremo usare la tragedia per toccare il fondo e rigenerarci attraversando le questioni più impegnative e provando a rimetterle in sesto, nella giusta misura.

Si dice che l’uomo sappia intravedere il riscatto quando vive per un certo tempo il naufragio. Niente è oggi più aleatorio, volatile del tempo che stiamo vivendo. Abbiamo tutti la sensazione che possiamo essere raggiunti e ci avvertiamo fragili, ridimensionati, disposti ad ogni sacrificio e rinuncia pur di salvarci. Paradossalmente, una condizione di attesa rigenerativa, di ricerca di essenzialità per riscrivere la gerarchia dei nostri convincimenti primari, del nostro modo di intendere e praticare la vita.

La condizione di essenzialità nuda potentemente inviataci dall’immagine del Papa che attraversa Piazza San Pietro , sotto la pioggia e claudicante, verso l’altare della penitenza e dell’implorazione. Del pianto cosmico, della fede universale da cui trarre la speranza.
Credenti o non credenti sono rimasti storditi dal viaggio della semplicità e dell’umiltà davanti al dolore del mondo e all’incursione del male. Noi tutti abbiamo bisogno di avvicinarci a quell’esempio di umiliazione dell’arroganza, dell’egoismo, della supponenza per cancellare le sovrapposizioni, le sproporzioni e attingere all’ordine lineare delle cose. Alla semplicità.

Ritrovare una vocazione intima dopo la paura, per indagare e distinguere le cose prime rispetto alle seconde. Se questo accadrà, quando saranno esauriti i pianti e sarà superato il panico, potremo scoprire che lo scossone ha impartito la sua lezione e potremo trarne la giusta lezione, insegnamenti per rinforzarci.

Capiremo che non possediamo l’incolumità, anche se viviamo nel ricco occidente: abbiamo sempre pensato che le pestilenze fossero una preoccupazione lontana da noi. Questioni da terzo e quarto mondo, di luoghi d’altri: un insegnamento che ci riporta al contorno giusto delle cose, all’idea dell’interdipendenza del bene e del male. Non ci possono essere più presunzioni.

Sarà acquisita davanti alle prove la consapevolezza della vicinanza fisica del mondo e della sua necessità di connessione corretta per allargare la cooperazione di beni, di conoscenza e intelligenza? Sarà dura, ma apparirà ridicola l’insistenza sulle chiusure e sui muri. Quali riflessioni sulla dispersione umanitaria tra guerre e migrazioni?

Molta parte del dramma deriverebbe dallo scombussolamento climatico e dall’inquinamento, nel senso che la contrazione degli spazi per gli animali, unita alla distruzione di foreste e risorse, obbligherebbe ad una coabitazione stretta tra animali selvatici che però controllano i virus e la specie umana con contaminazioni incontrollate :saremo capaci di riallinearci nelle politiche generali d’uso delle risorse e nel rispetto dell’ambiente o, al contrario, lo scoppio della vita che seguirà alla paura ci renderà meno rigorosi nel rispettare la natura ? Una riflessione che potrebbe trasformare abitudini e sentimenti se saremo capaci di rigore intellettuale e responsabilità di comportamenti. Il momento chiama in causa diretta la responsabilità dei giovani e il loro profilo morale affinché siano i protagonisti della rigenerazione.

Niente sarà come prima! Altre volte abbiamo fatto la stessa affermazione. Consolatoria, ma poi sterile. Ci vuole una terapia intensiva sull’animo e sulla testa di ciascuno di noi. E’ importante tuttavia che ci confortiamo intravedendo che potremo essere migliori, più credibili.

Proviamoci con tutto il nostro impegno e qualcosa di più: tenendo accanto per lungo tempo l’emozione di quella nuvola bianca che attraversa la piazza della fede ; avendo rispetto del monito degli scienziati e dei medici che ci fanno da scudo rispetto agli incubi che stiamo vivendo ; non distraendoci del tutto con le nostre compulsioni digitali e dimenticando ciò che ci circonda.

Profondità meditativa e dialogo, rispetto delle regole e dei ruoli, impegno e generosità. Altruismo.

Il passato ci ha dato molte lezioni della stessa intensità della presente: tante le abbiamo assimilate, ma tante le abbiamo messe da parte. Le sfide di oggi sono più incalzanti e o si riassetta la direzione rispetto alle diverse emergenze o il tempo delle limitazioni sofferenti crescerà.

Nessuna finzione è più possibile. Il corona- virus ha decretato la sconfitta della finzione sociale e della finzione umana e pretende che il mondo, ciascuno di noi, si allinei alla autenticità, all’essere veri e onesti con noi stessi e con gli altri. Questa la risultante più importante e spiazzante per tutti. La lezione è potente e ineludibile. Vestiamocene, introiettando in ciascuno il valore intimo di questo apprendimento.

Scopriremo la forza rigeneratrice delle fedi sotterranee che intessono il mondo: la fede nell’amore e nell’amicizia, nei sentimenti semplici che resistono nella sfida del tempo, nelle umili verità che rivelano qualcosa del mistero di stare su questa terra. Il valore del passato come identità, estensione della coscienza. Il valore e la speranza del futuro come progetto di ciascuno , di tutti insieme»

 

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