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“Uniti a Capo Frasca, anche per Francesco”, militare morto di tumore: l’appello dei genitori ai sardi

Giancarlo e Abbondia, sono i genitori di Francesco, un giovane morto nel 2007 per un tumore al pancreas. Svolgeva il servizio di leva, l’ultimo anno in cui era obbligatorio, dopo il Car, era stato destinato a Teulada. «Gli facevano scavare i campi dell’esercitazioni, pieni di bossoli a mani nude, senza alcuna protezione- racconta il padre di Francesco- dopo un po’ ha cominciato a presentare i primi sintomi della malattia». I genitori del ragazzo sono in causa contro lo Stato che per ora non ammette la propria responsabilità e non concede alcun risarcimento nonostante esistano le prove.

Dopo la morte di Francesco hanno inviato un campione dei tessuti del suo fegato alla dottoressa Gatti, esperta nel settore, la quale ha affermato con certezza che nel fegato del giovane militare, c’era una tale concentrazione di metalli pesanti da poter essere giustificata solo con il contatto ravvicinato e costante con le fonti di tali metalli. Giancarlo e Abbondia attendono la sentenza di appello, e chiedono a tutti sardi di manifestare uniti sabato, per Francesco e per tutti quelli che come lui si sono ammalati durante o immediatamente dopo il servizio militare: «Come si può accettare una società – chiede la mamma di Francesco- che in cambio di lavoro offre la morte?».

Come Francesco ci sono tanti altri ragazzi sardi, che in questi ultimi decenni hanno contratto tumori e che nella maggior parte dei casi non ce l’hanno fatta. Senza contare l’incidenza del cancro sulla popolazione civile che in alcune zone raggiunge livelli decisamente sopra la norma. Tanti i casi di agnellini o altro bestiame nati con gravi malformazioni.

Questa mattina a Cagliari è stata presentata la manifestazione di Capo Frasca: “Manifestazione contra a s’ocupatzione militare de sa Sardigna”, sabato 12 ottobre alle 15, per chiedere lo stop immediato alle esercitazioni militari, la chiusura dei poligoni, la quantificazione dei danni, risarcimenti e bonifiche e la restituzione delle terre ai legittimi proprietari, cioè i sardi. Sono previsti punti dei incontro in diversi paesi dell’Isola, e sono stati organizzati anche dei pullman. La manifestazione è sostenuta da gruppi, movimenti, associazioni, personalità della società civile, senza un preciso colore politico ma aperta a tutti coloro che sentono la necessità di rivendicare il diritto soprattutto alla salute e a un lavoro che non si debba pagare con la vita propria o quella degli altri.

«Quella del 12 sarà una manifestazione larga e aperta – ha dichiarato Luisi Caria, portavoce dell’organizzazione – che vuole rappresentare ampi settori del popolo sardo». Ci sarà musica, poesia, performance teatrali, balli: sarà una vera e propria festa aperta anche ai nonni e ai bambini. L’obiettivo è quello di portare le istanze, serissime, dei sardi, ma nella maniera più pacifica possibile. I terreni devono tornare ai pastori e agli agricoltori sardi, dopo che saranno bonificati.

Le attività che portano morte devono essere riconvertite perché come ha affermato don Ettore Cannavera, uno dei portavoce : «Un conto è organizzare una difesa del proprio paese, un conto è fare esperimenti per portare morte». A dimostrazione che la manifestazione non è ideologica e non rappresenta nessuna bandiera politica ecco l’appello che questa mattina il sacerdote, fondatore della comunità La Collina ha rivolto ai credenti e agli atei: «Dobbiamo risvegliare le nostre coscienze, ci siamo assopiti, siamo diventati rassegnati, indifferenti davanti a quello che succede in Sardegna, ma un giorno ne dovremo rispondere alla storia – ha affermato don Ettore- e i credenti, quelli che la domenica vanno in chiesa, anche davanti a Dio».

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