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A tu per tu con Flavio Soriga: “Nel romanzo ‘Nelle mie vene’ cerco di raccontare Uta, il mio paese”

 

Abbiamo avuto il piacere di parlare con Flavio Soriga, noto scrittore originario di Uta che da anni vive a Roma. Nel 2000 vince il Premio Italo Calvino per inediti, con la raccolta di racconti “Diavoli di Nuraiò”, a cui sono seguiti altri romanzi, molti dei quali premiati in diversi concorsi nazionali. Per citarne qualcuno: con “Neropioggia” si è aggiudicato il Premio Grazia Deledda, nella categoria giovani, nel 2003 e con “Sardinia Blues” il Premio Mondello città di Palermo nel 2008.  L’ultima opera dello scrittore utese s’intitola “Nelle mie vene” pubblicato dalla casa editrice Bombiani, è uscito nelle librerie il mese scorso.

Il protagonista è Aurelio Cossu, un quarantenne sardo, legato sentimentalmente alla sua compagna e padre di una bambina. Ha un lavoro in televisione, aspetto in contrasto con il suo carattere schivo. Affetto da anemia mediterranea, è costretto a frequenti trasfusioni, che lo hanno abituato a vivere “con il sangue di altri nelle vene”. Consapevole che la sua vita dipende dalla generosità di perfetti sconosciuti, è un uomo sempre attivo, animato da uno stato di incompleta appartenenza, quasi spinto a trovare un senso alle sorti dei fluidi che scorrono nelle sue vene.
Superati da qualche anno i quarant’anni d’età anagrafici, per un talassemico rappresentano molti di più, inizia a tracciare un bilancio della propria esistenza, partendo da quando era bambino viveva in provincia.

Tra memoria e sogno, una vita di romanzi non scritti e diverse città, parenti bizzarri e lavori precari.  Sono molteplici le vite di Aurelio Cossu, intellettuale precario della nostra epoca, padre di una bambina da crescere e con la responsabilità di decidere in fretta, che cosa dovrebbe fare: se continuare a sentirsi sempre distante da qualcosa o ritornare nella sua Isola tanto amata.

«Volevo raccontare, con incoscienza, il mio rapporto con il mio paese – afferma Soriga – fatto di gente perbene, normale, di provincia e della periferia. È una storia in cui succedono molte cose, anche violente. Non è un giallo e nemmeno un noir, ma un percorso di una persona che cresce, cambia e matura».

In una storia completamente inventata ci sono delle affinità tra lo scrittore e il protagonista del romanzo. «Racconta la storia di uno come me, cresciuto in un paese – dice Soriga – poi per lavoro e scelta di vita vive lontano dalla sua terra a Roma e Milano. Il protagonista ha in comune con me il fatto di essere talassemico, e padre da qualche anno. Gli scrittori nelle proprie opere mettono in gioco un po’ di sé stessi. Affiorano cose che l’esistenza ha lasciato in loro, qualunque sia la tipologia del libro e la vita descritta: un bandito del ‘700, un pescatore a Cuba o un talassemico di Uta».

Parlando della Talassemia, che ritorna ad essere trattata in un suo libro dopo oltre dieci anni da “Sardinia blues”, afferma Soriga:  «Noi stiamo bene fino a quando le persone donano il proprio sangue, regalando il proprio tempo e accettando la fatica della procedura, senza ricevere niente in cambio, ma che porteranno benefici a perfetti sconosciuti. Credo sia un principio fondante del vivere insieme in una società: di poter contare sugli altri nei momenti di bisogno. Per quanto una persona può sentirsi schifata dalla società, a causa di una patologia o di un evento accidentale prima o poi dovrà fare affidamento sulla generosità altrui».

Un principio dal quale lo scrittore parte per fare un ragionamento più ampio: «Questa cosa dà un senso e tiene unita la società, è insensato affermare che “prima viene la Sardegna” o “prima viene l’Italia”. A mio modesto parere, la priorità deve essere data a chi ha bisogno, trovando il modo di aiutarli. Dobbiamo ricordarci che in Sardegna possiamo andare avanti con le trasfusioni per i talassemici, perché arrivano tante sacche di sangue ogni settimana da altre realtà nazionali, non siamo autosufficienti».

«Naturalmente è facile essere grati con chi ci dona qualcosa, ed egoisti quando ci chiedono aiuto – continua -. La generosità richiede “manutenzione”». Soriga ha svolto e continua a svolgere diversi lavori: autore televisivo, organizzatore di eventi e collaboratore per giornali, ma a prevalere è sempre stata l’indole di scrittore. «Ho sempre pensato che fossi prima di tutto una persona che scrive – dice Soriga – non ho mai avuto un grande successo commerciale, ma ho il mio affezionato numero di lettori. Inoltre ho avuto la fortuna di essere uno scrittore a cui è stata data la possibilità di essere pubblicato anche in seguito al primo libro “Diavoli di Nuraiò”, che reputo come una sorta di “paternità a diciassette anni”, visto che avevo solo venticinque anni all’epoca».

Lo scrittore sardo, in Catalogna dove hanno tradotto due suoi libri “Metropolis” e “Neropioggia” è considerato un giallista. « una cosa positiva – spiega – perché i giallisti ispirano simpatia e sono molto amici fra di loro».

Da diversi anni è fra gli autori della fortunata trasmissione ultraventennale della Rai “Per un pugno di Libri”, condotta da Geppi Cucciari e in onda su Rai Tre. «Una trasmissione che mi entusiasma molto – rivela Soriga – nella quale si fa cultura parlando con leggerezza anche di grandi capolavori, in modo che i giovani non abbiano soggezione reverenziale davanti a tali opere. Abbiamo constatato, grazie alla spontaneità dei giovani, che alcune opere invecchiano precocemente e altre possono rappresentare delle riscoperte. Un esempio: quando abbiamo proposto il libro “Le memorie di Adriano” di Marguerite Yourcenar. Avevamo il timore non fosse adatto ai giovani, un libro in cui la voce narrante di un imperatore romano morente descriveva la propria vita, e invece li ha entusiasmati».

a Sardegna è un tema ricorrente nelle opere dello scrittore utese, il quale afferma: «Le storie della nostra Isola non finiscono mai, abbiamo tanti scrittori sardi apprezzati in ambito nazionale ed europeo e questo fa davvero piacere».

Per quanto riguarda la sua partecipazione da qualche anno in veste di tifoso del Cagliari alla trasmissione di “Quelli che il Calcio”, dice Soriga: «È una cosa che mi diverte molto e mi onora, come quando con il grande Bruno Pizzul, abbiamo fatto una breve telecronaca di Udinese-Cagliari rispettivamente io in lingua sarda, e lui in friulano. Quest’anno invece a Firenze mi è capitato un episodio particolare: un signore all’apparenza distinto, mi ha gridato dagli spalti “pecorai” in tono dispregiativo. La cosa mi ha fatto sorridere, perché nel 2019 una parola del genere può avere solo un valore positivo, in quanto saper fare qualcosa in questo mondo sempre più specializzato è una fortuna. Magari sapessi fare il pastore e il formaggio, ne sarei onorato».

Nel frattempo in questo periodo continua la presentazione del libro “Nelle mie vene” in tutta Italia, visti i tanti inviti arrivati dalla penisola. «Sono soddisfatto di quello che ho scritto – dice Soriga – soprattutto perché posso assicurare ai lettori, sono riuscito a scrivere un libro completamente diverso dai precedenti».

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