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“Le fotografie? Per me viaggi spazio-temporali”. Intervista alla fotografa ogliastrina Monica Selenu

 

Un piccolo viaggio nel mondo creativo della fotografa ogliastrina 37enne Monica Selenu, tra passione, lavoro, premi fotografici, suggestioni e uno stile, il suo, ormai inconfondibile. 

 

Quando e come hai scoperto la fotografia?

La passione per la fotografia è nata tanti anni fa. Avevo più o meno dodici anni, frequentavo il secondo anno delle scuole medie. Il professore di matematica, un appassionato di fotografia, aveva allestito in un’aula dell’istituto una vera e propria camera oscura per lo sviluppo a pellicola. Una stanza poco illuminata dove le foto prendevano vita: per me tutto ciò era pura magia. Usavamo una macchina fotografica a rullino, si scattava e si sviluppava. Ricordo ancora gli odori degli acidi usati nei bagni di fissaggio. Da quel momento cominciai a osservare il mondo circostante con occhi diversi.

Raccontaci dei tuoi primi passi in questo mondo. 

Negli anni dell’adolescenza possedevo una semplicissima macchina fotografica, una Zenit. Il meccanismo di scatto, rispetto ad ora, era meno agevole e perciò si cercava di restringere l’utilizzo della fotocamera a momenti veramente significativi. Conservo ancora qualche rullino mai sviluppato, ma soprattutto custodisco con cura diverse stampe realizzate più di vent’anni fa. Non esisteva una pellicola fotografica migliore, il tutto dipendeva dall’utilizzo che ne dovevo fare. Filosofie diverse d’immagine. A volte in bianco e nero, a volte a colori.

Quale è stato il tuo percorso di crescita e apprendimento dell’arte fotografica? 

Diciamo che negli anni a venire ho “protetto” questa passione, non manifestandola apertamente come magari facevo agli inizi. Gli studi, il lavoro hanno sì preso il sopravvento, ma non mi privavo dei miei momenti a tu per tu con la fotocamera. L’avvento del digitale, di Facebook poi, mi hanno dato modo di condividere i miei lavori con amici ma anche con sconosciuti. Mi sono confrontata tantissimo con fotografi di ogni genere e livello. Ho ricevuto tante lodi quante critiche. Ho imparato tantissimo da tutto ciò. Si affina l’umiltà, si percepiscono nuovi stimoli e cresce la passione.

Cosa rappresenta per te la fotografia in termini emotivi?  

L’emotività è una costante nella fotografia. Bisogna gestire gli stati emotivi e non è sempre semplice. I fotografi sanno che sono dei magnifici viaggiatori spazio-temporali. Perché si osserva invece di guardare e da una data posizione ci si disloca solo mentalmente senza spostarsi di un solo centimetro. Lì nasce l’interpretazione, lì ha origine il momento. Imprigioniamo ciò che accade con tutti i sensi che sono tesi alla ricerca. Con la mente che elabora e l’occhio che indaga.

C’è stato un incontro con qualcuno che si è rivelato importante per la tua crescita professionale?  

Ci sono stati nel tempo tanti incontri importanti. Ogni persona con la quale ho condiviso la mia passione per me è stata ed è importante, che abbia questa un valore negativo o positivo. Ci sono mostre, libri, viaggi e sguardi per me fondamentali. Sono guide mentali, impermeabili. Così sono cresciuta e così continuerò a crescere, a formarmi.

 

Come sei riuscita a fare di una passione un lavoro? 

Io personalmente ho fatto ben poco. Sono state le persone a volermi, a credere in me. Ho avuto pazienza. La fotografia è un’arte performante, ha infiniti scopi. Essere fotografa significa avere responsabilità, doveri e diritti. Occuparsi d’ immagine non è assolutamente semplice, perché queste sono concretamente impressioni prodotte da un meccanismo che segue sia leggi fisiche che irrazionali. Non vi sono manuali universali. Bisogna avere buon senso, una giusta conoscenza della propria fotocamera e un solido compromesso tra ingegno e creatività.

Quali sono i tuoi fotografi di riferimento?  

Ne ho pochissimi. Due fotografe che ammiro per tanti aspetti sono Letizia Battaglia e Dorothea Lange. Una vita in prima linea, a camminare su un filo sottile che può farti crollare o darti la sensazione di volare.  I loro reportage in bianco e nero sono incredibilmente reali. La Lange diceva “La macchina fotografica è uno strumento per imparare a vedere senza la macchina fotografica”. Nulla di più vero.

Cosa ami di più fotografare? 

Le persone. Le persone sono storie da raccontare, pagine su pagine da leggere. Reportage di vite, ovunque.

Qual è la foto da te scattata alla quale sei più affezionata?  

Ce ne sono veramente tante. Nel dire tutte sarei banale. Ma una cosa la voglio sottolineare : la fotografia mi ha aiutato in tanti momenti della mia vita, osservare la realtà dal mirino era più gratificante. Tutto aveva più significato. In questi ultimi anni, in solitaria, ho attraversato la Sardegna in lungo e largo e ho capito davvero tanto di me e tanto di lei. Circa due anni fa a Galtellì mi trovai in una via, da sola. Si udivano solo le campane, aveva appena smesso di piovere. Un passo lento si incamminava nella strada di rientro. Uno spaccato di Sardegna che tra trentanni, cinquant’anni sarà sempre più raro osservare. Raccontare è documentare, documentare è avere una memoria storica.

Leggi riviste di fotografia? Se sì, quali? 

Certamente. Non solo riviste. Ce ne sono diverse, da Il Fotografo ( dove anni fa ricevetti un preciso complimento per un mio scatto dallo stesso direttore) a NPhotography. Di certo vi è Antas, un periodico tutto sardo che tratta di cultura nostrana a 360 gradi.

Raccontaci quella che è la tua giornata tipo. 

Sono una mamma fotografa. Dedico molto tempo a mio figlio, e spesso lo coinvolgo nelle mie esperienze quotidiane. Pure professionali.

Hai mai vinto premi fotografici? 

Sì, diversi. Ma vorrei precisare che la vincita di “competizioni” fotografiche non determina la bravura del partecipante. Spesso si miscelano le due cose.

Che fotocamere e obbiettivi usi più spesso? 

Con l’avvento della fotografia digitale , la mia  reflex è sempre stata la Nikon. Non credo che l’abbandonerò facilmente.

Ti capita di lavorare con le pellicole? 

Non più, purtroppo. Richiede tempo. Ma sono certa che se camperò ancora qualche anno un laboratorio con camera oscura lo metterò su. E’ un sogno nel cassetto, prima o poi lo realizzerò.

 

 

 

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