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L’Ogliastra avrà la sua santa? A Ilbono si ricorda Amalia Usai, morta offrendo la sua vita a Dio

 

 

Edito da L’Ogliastra edizioni, 498 intense pagine di racconto e scritti di una figlia illustre di Ilbono, raccontati da Tonino Loddo. Il volume si intitola “La piccola sposa” e sarà presentato giovedì 16 maggio alle 18.30 nella sala parrocchiale. I relatori saranno Monsignor Paolo Atzei, arcivescovo emerito di Sassari, e Mons. Antonello Mura, vescovo d’Ogliastra, oltre all’autore del volume, Tonino Loddo, e alle autorità locali. Il convegno sarà coordinato da Claudia Carta, direttore del giornale diocesano “L’Ogliastra”.

Amalia Usai nacque a Ilbono nel 1914 e vi morì nel 1945. Figlia primogenita di un agiato proprietario terriero, a soli 25 anni, dopo la scomparsa del padre dovette integralmente sostituirlo nella conduzione dell’azienda agraria di famiglia. Forte di una fede profonda, si pose fin da giovanissima al servizio della Chiesa, diventando un punto di riferimento nella vita della sua parrocchia dove ancora è ricordata dalle persone più anziane per quella sua capacità di passare ogni minuto libero dal lavoro casalingo o nei campi, a pregare in chiesa dinanzi al Tabernacolo..
Colpita dal messaggio che sul finire degli anni Venti andavano diffondendo in Ogliastra Agostina Demuro e le sue amiche (tra cui Maria Gregorio e Maria Luisa Giua), Amalia conobbe ben presto l’Azione Cattolica ed aderì con entusiasmo alla sua proposta educativa, contribuendo alla costituzione dell’Associazione in parrocchia di cui divenne presidente nel 1938 (all’età di 24 anni).

Nonostante la giovane età e sempre in collaborazione con i parroci, teneva le riunioni di catechesi e si faceva carico – insieme alle sue giovani amiche – di tutte le attività della parrocchia: Missioni, Università Cattolica, Seminario, pulizia della chiesa … Soprattutto, offriva il suo servizio nella catechesi parrocchiale con un metodo che, pur non trascurando le formule, era vera esperienza di vita. «Parlare di Gesù e della Madonna – racconta chi l’ha conosciuta – per lei era facilissimo: sembrava li conoscesse di persona».
Nonostante l’agiatezza della sua famiglia, fece la scelta di stare accanto ai poveri che insieme alle ragazze dell’Azione Cattolica visitava di frequente. «Ricordi, Gesù – scrive nel suo diario – quel povero contadino che, spogliato di tutto, ridotto in una piaga, quando lo voltavamo lasciava la pelle di un fianco attaccata al giaciglio…?». Il punto di svolta della sua vita avviene nei primissimi anni Quaranta. «Non dimentico – scrive ancora Amalia nel 1945 – che la felicità di cui ora godo ha avuto inizio nei fortunati Esercizi del 1941. Fu allora che la mia vita si orientò decisamente verso Dio e da allora Gesù ha cominciato a farmi capire la sua bontà e a colmarmi di grazie senza fine».

Così giovane, bella e piena di vita, era stata – diversi anni prima di allora – anche fidanzata con un giovane sottufficiale dei carabinieri. «Il fidanzato – scrive Agostina Demuro nel 1945 – l’amava e l’ama tuttora teneramente. La famiglia del fidanzato l’apprezzava per quello che valeva e sino all’ultimo ha sperato di averla tra i membri della propria famiglia. Ma appena fidanzata ha intravvisto la luce dell’ideale verginale e ha sentito che il suo cuore non poteva darsi a un uomo. Dopo un lungo lavorio interno della Grazia ha trovato la forza di visitare i suoceri (il fidanzato era stato trasferito in Africa Orientale a causa della guerra, ndr) e di dire la sua decisione. Ha fatto le cose bene, senza lasciare offesi né fidanzato né suoceri».
Dopo qualche anno (10 aprile 1943), Amalia pronuncia nell’istituto Secolare Cuore Immacolato di Maria di Barisardo, fondato da mons. Lorenzo Basoli e da Agostina Demuro, i voti di castità, povertà e obbedienza e da quel momento la sua adesione a Gesù crocifisso si fa ancora più piena e totale, al punto che decide di donare la sua vita per la santificazione dei sacerdoti e per la salvezza degli uomini.

Spazio pochi mesi e giunge per lei il momento della prova e della sofferenza con un nome per quegli anni micidiale: tubercolosi ossea al ginocchio sinistro, che le provoca dolori sempre più intensi ed insistenti. L’8 maggio 1944 è costretta a letto. A luglio i medici dell’ospedale di Cagliari decidono di intervenire immobilizzando l’arto con un apparecchio gessato. La situazione non solo non migliora ma, se possibile, perfino peggiora e il 17 ottobre 1944 è sottoposta ad un nuovo intervento chirurgico. Un altro intervento si rende necessario nel febbraio del 1945 e le incisioni al ginocchio vengono ulteriormente ripetute. Ormai da mesi Amalia è immobilizzata nel suo letto: «Signore Gesù, perdonami – scrive in quei giorni – se non ho saputo ben soffrire». Il 24 maggio 1945 nuovo ricovero ed ennesima incisione. È allo stremo. Nei mesi estivi va al mare ad Arbatax, seguendo le prescrizioni dei medici. Ma non trae alcun giovamento, anzi a metà agosto nella gamba si aprono due fistole purulente che le portano dolori atroci e febbre altissima. Ancora un viaggio a Cagliari («tutta la notte distesa nel cassone di un camion», ricorda) per un intervento che si programma per il 7 ottobre ma che viene continuamente rimandato a causa della febbre altissima.
Nei primi giorni di dicembre i medici decidono di optare per la resezione dell’arto. Ricoverata il 2 dicembre, è operata il 13 successivo. Non sopravvivrà all’intervento, anche a causa di una angioparalisi periferica determinata da una particolare e gravissima tossicità dell’anestetico utilizzato nell’analgesia spinale (puntura lombare). Cessa di vivere nella tarda serata del 16 dicembre 1945, all’età di trentuno anni.

«Il Signore dispose – scrive mons. Lorenzo Basoli, all’epoca vescovo di Ogliastra – che poche ore prima della sua santa morte, io trovandomi a Cagliari potessi confortarla con una breve visita e con la paterna benedizione. Soffriva indicibilmente, ma vedendo il vescovo si illuminò di un bel sorriso e si sforzò di parlare per ringraziarmi. Alle mie esortazioni sorrise ancora, mi mostrò lo sposo crocifisso che teneva sul cuore, mi assicurò di esser lieta nel fare la volontà di Dio e di offrire i dolori e la vita per la conversione dei peccatori e per la santificazione dei sacerdoti. Io la lasciai con lo strazio nel cuore, ma allo stesso tempo provai una consolazione indicibile nell’aver constatato l’altezza dell’amore celeste che aveva trasformato quell’aima e l’aveva portata con invidiabile preparazione alle nozze eterne con l’Agnello».
Di Amalia Usai si sono conservati i Diari Spirituali (che nel volume di Tonino Loddo sono fedelmente trascritti), in cui è riflessa la sua autentica vita interiore pervasa dalla grazia e da cui emerge il sincero desiderio di conseguire la perfezione.

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