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Folklore, Magia e Tradizione: la storia di Tericu, Angeledda e della tomba vuota

Tanto tempo fa, nei pressi della Sardegna centro-occidentale, si racconta vivesse un uomo molto ricco ed egoista. Durante la sua vita ne aveva combinato di ogni genere, divertendosi, sperperando i suoi averi, seducendo quante più donne riuscisse, senza mai compiere un’opera di bene verso il prossimo. Anzi, i suoi vicini lo etichettavano come un usuraio e un imbroglione e, anche se era mal visto da tutto il paese, nessuno poteva far niente per punirlo data la sua posizione e il suo potere.

 

Quest’uomo aveva un figlio di nome Tericu, un giovanotto sveglio e amichevole, ed era l’unica persona a cui il ricco avaro voleva bene.

Passarono gli anni, ognuno di questi vissuto nel lusso più totale e sfrenato, nello sfarzo e nello spreco. Ad un certo punto l’uomo si ammalò gravemente. In cuor suo sapeva benissimo che non mancava più tanto alla sua dipartita, così chiamò Tericu nella sua stanza da letto, dove ormai trascorreva la maggior parte del tempo, e gli disse:

«Figlio mio, io voglio lasciarti ogni mio bene e ricchezza, certo che saprai amministrarli come si spetta. Ti chiedo però di farmi una promessa solenne…»

Il ragazzo incitò il padre a continuare, assicurandolo che avrebbe adempiuto alle sue volontà. Così, il vecchio signore si fece promettere che un terzo dei suoi averi sarebbe stato destinato alla chiesa di Santa Maria d’ Oristano e a quella di San Vincenzo. Tericu acconsentì alla richiesta e, pochi giorni dopo, il padre se ne andò.

Tericu, soprannominato ora Don Tericu, entrato in possesso delle ricchezze non tardò a seguire le orme paterne: era un continuo sperperare, andare a donne e ricominciare daccapo con questa routine. Tra un divertimento e l’altro il giovane incontrò una donna stupenda di nome Angeledda. Era così bella da togliere il fiato, ma soprattutto erano i suoi modi di fare che fecero capitolare Tericu il quale ormai non aveva occhi che per lei. In paese si vociferava che Angeledda era così furba da saperne una più del diavolo stesso e, infatti, in poco tempo riuscì a farsi sposare e anche lei iniziò a condurre uno stile di vita agiato.

Gli sposini andavano abbastanza d’accordo, litigavano solo quando Tericu, mosso dai sensi di colpa, faceva l’elemosina a qualche passante oppure si recava in chiesa a donare piccole somme del suo patrimonio. Ecco, in quei momenti la moglie si trasformava in una vera vipera, urlava, sgridava il marito ed era difficile poi riconciliarsi con lei.

Dopo diversi mesi però Tericu non riusciva più a stare tranquillo, il rimorso lo tormentava e, anche durante la notte gli sembrava di sentire le parole del padre sussurrare: «Ricordati delle promessa che mi hai fatto».

La paura di fare arrabbiare Angeledda però impediva all’uomo di agire, non appena provava a sollevare l’argomento, infatti,  volavano gli insulti reciproci e, talvolta, non solo quelli.

Trascorsero i mesi e poi gli anni, fin quando Angeledda iniziò a non stare bene: era come se qualcosa la tormentasse, come se la corrodesse dall’interno. La donna si ammalò gravemente e spirò. Non servirono a nulla le cure dei migliori dottori pagate profumatamente. Il povero vedovo cadde in una brutta depressione: finalmente però riuscì a donare un terzo del patrimonio alle chiese, adempiendo la promessa fatta al padre. Inoltre, per farsi perdonare avendo agito contro la volontà della sua defunta moglie,  decise di commissionare un enorme sarcofago in marmo pregiato, affinché Angeledda potesse riposare lì.

Quando il sarcofago fu pronto e arrivò il momento del seppellimento, il paese si riunì per il rito. Insieme a Don Tericu c’era anche un frate di nome Elias e tutto era pronto per spostare le esequie delle donna nella bara fatta apposta per lei. Scoperchiata la tomba però, i presenti ebbero una sorpresa agghiacciante: era vuota! Proprio così, delle spoglie di Angeledda, nessuna traccia.

Fu difficile non notare un oscuro particolare che era stato dipinto sul coperchio della bara, troneggiava, infatti, un enorme corvo nero che beccava una scritta altrettanto lugubre e spaventosa:

«In questo freddo marmo seppellita

fu tua moglie costretta non restarvi.

Donna non fu, ma demonio in carni.

Sempre temesti che tornasse in vita!»

Frate Elias, lette quelle parole, si fece immediatamente il segno della croce, i presenti fuggirono urlando e Don Tericu ebbe la certezza più sconcertante della sua intera vita: aveva sposato un demonio. 

La leggenda della tomba vuota è molto popolare nel folklore sardo, le nonne la raccontavano vicino al caminetto prima che i bambini andassero a dormire, causando non pochi momenti di terrore tra i pargoli. Inoltre, questa storia viene citata in diversi testi, tra i quali:

– D. Turchi in “Leggende e racconti popolari della Sardegna”, Newton Compton Editori, 1994;

– P. Lutzu, “La tomba vuota” , in Il Folklore Italiano, anno IV. fase, I, 1929;

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