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Maria Sciortino, l’amore per l’arte e il legame con Villagrande. Dalle Donne Madonne all’ultimo murales

La pittrice 76enne Maria Sciortino – siciliana di nascita ma villagrandese d’adozione – sta donando proprio in questi giorni, agli abitanti del paesino cui è tanto affezionata, un bellissimo murales.

Racconta il suo percorso con una dolcezza incredibile, donando passato e presente, amore per questa terra e passione per l’arte, sua compagna da sempre.

Appartiene a una famiglia di artisti, ecco perché l’arte nasce con lei, le cresce in petto fin da bambina maturando con il tempo e diventando sempre più forte. È ancora molto giovane quando arriva nel paesino d’Ogliastra per la prima volta.

«Non mi piaceva molto insegnare, nella pittura l’insegnamento mi conferiva una sorta di accademismo, di fermezza che non mi apparteneva. Non accettavo di essere imbrigliata, avevo bisogno di sentirmi libera. Ero in crisi, non sapevo come fare. È stato più o meno a quel punto che ho iniziato a vedere con occhi diversi le processioni delle donne, queste signore eleganti con le gonne lunghe che camminavano con il cesto in testa mi hanno affascinata in modo unico. Me ne sono innamorata».

Sono quelle che poi sono state soprannominate le Donne Madonne della Sciortino.

«Io le dipingevo senza volto. I visi non mi interessavano, il fruitore con i volti si distrae. Era una missione per me far emergere questa grazia nell’incedere, questa profonda eleganza, il portamento che, ai miei occhi, le rendeva così uniche. Malgrado fossero vestite in modo simile, si riconoscevano e questa era una gran soddisfazione. Per esempio, nel murales presente all’inizio del paese, le donne vanno verso l’alto. Stanno scomparendo, muoiono e andando via salgono su, in un’altra dimensione».

Presto riesce ad andare in pensione. Questo le permette di saltare, di proseguire nella strada che più ama.

«Ho iniziato a quel punto a dipingere come volevo io, maturando uno stile unico. Molti critici capivano la mia origine siciliana solo guardando le mie linee. Tendo a creare sempre delle rotondità, cerchi senza fine che hanno a che fare con la vita. Quando dipingo, non devo essere nervosa. Ecco perché, quando non mi sento serena, non posso toccare pennello. Talvolta mi fermo per giorni, per mesi… è capitato anche per anni. A volte interrompo un lavoro in particolare, per poi riprenderlo quando mi torna l’ispirazione».

Regala poi un aneddoto: «Avevo iniziato un quadro a Quartucciu. Ma non mi piaceva, pensavo non fosse quello che desideravo. L’ho ritirato senza finirlo. Una mattina è tornata l’ispirazione. Così, dopo molti mesi in cui era fermo, l’ho terminato. Ed era veramente bello, l’ho venduto a una mostra».

I professori notano sin da subito in lei qualcosa di diverso. È con grande orgoglio che racconta di quei tempi passati. «Sciortino, andrai lontana» le dicono. Lei però non si rende pienamente conto: «Dipingevo con il cuore, non sapevo cosa avessero i miei quadri di diverso rispetto a quelli degli altri».

Dopo un tuffo nel passato, un ritorno al presente.

«Il murales che sto realizzando adesso è un omaggio a Villagrande. Nella parte superiore, c’è Monte Isadalu, da sempre un punto di riferimento per i villagrandesi. È disposto quasi a semi cerchio, come se proteggesse, abbracciandolo, il paese con i suoi abitanti. Sotto, realizzerò il “focile” (focolare domestico). Anticamente, le famiglie povere, non avendo caminetto, facevano un fuoco in mezzo alla stanza e lì si riunivano a mangiare, per stare un po’ insieme. C’era tanta serenità, in questa situazione. Ecco, io ho pensato di rappresentare una scena così. Una bella caffettiera, insomma, e le persone riunite e legate da un profondo affetto».

Gli occhi illuminati di emozione, racconta il motivo di questa sua scelta: «Un tempo si era sì più poveri ma più felici. Ci si accontentava del poco che si aveva, certi che la famiglia si reggesse su saldi valori e su grande amore. Nel mio murales ci sono due elementi chiave: sopra un luogo che rappresenta la protezione dei villagrandesi, la loro forza, e sotto questo senso di pace e di famiglia. Ecco, è come se in questo murales io potessi cristallizzare gli antichi valori ma anche il tempo che passa. Anche perché siamo sempre gli stessi».

L’arte è sempre stata il centro, una grande soddisfazione.

«Tra i colleghi c’è l’idea, che io ritengo sbagliata, che le opere più belle siano quelle realiste. Io invece ritengo che le opere più preziose siano quelle che hanno qualcosa di particolare, di unico. Sono orgogliosa di sapere che le persone, solo guardando un quadro, sappiano che l’ho creato io».

Grande importanza è data dalla tecnica usata dalla Sciortino, un’antica reminescenza dei maestri del passato, la tecnica dello Spolvero: «Prima faccio il disegno piccolo, poi il reticolo e poi ingrandisco sui cartoncini. Prendo il lucido, lo ricalco, poi buco il lucido con un ago. Esce fuori tutto quanto bucherellato. Metto queste strisce di lucido con lo scotch sul muro, metto la polvere in un sacchetto e  la batto sopra il lucido. Poiché ci sono i buchetti, rimangono le linee. Io poi ci passo il pennello con il colore perché la polvere può andar via. Quando c’è il disegno si può iniziare a dipingere. Michelangelo l’aveva inventata e io ci sono affezionata».

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