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Peste suina, situazione difficile in Romania. Commissione europea chiede aiuto alla Sardegna

Se le carni suine sarde non possono ancora varcare il mare per essere vendute in tutto il mondo a causa della quarantennale presenza della Peste suina africana, le buone pratiche e le alte professionalità scientifiche isolane, espresse negli ultimi anni per l’eradicazione del virus dei maiali, vengono richieste dalla Commissione europea nel gestire le emergenze in altri Paesi dell’UE. Alberto Laddomada, direttore generale dell’Istituto zooprofilattico sperimentale (IZS) della Sardegna, è stato contattato nei giorni scorsi dai vertici della sanità animale di Bruxelles per recarsi subito in Romania dove la diffusione della PSA è fonte di grandi preoccupazioni: oltre 100 focolai negli ultimi 15 giorni, localizzati soprattutto in allevamenti di piccole dimensioni. Già da lunedì Laddomada, con un collega della Lituania, sarà nella provincia di Tulcea, alla foce del Danubio, dove si registrano le situazioni più critiche. Obiettivo della missione sanitaria dell’esperto sardo è quello di supportare i servizi veterinari romeni alla luce dell’esperienza maturata negli anni nella lotta alla PSA: prima come responsabile della sanità animale dell’UE e poi sull’Isola dove è stato chiamato dalla Giunta Pigliaru per guidare l’IZS e lavorare quindi all’interno dell’Unità di Progetto (UdP) per l’eradicazione della malattia.

La richiesta di supporto manifestata dalla Commissione europea per il caso Romania arriva a pochi giorni dalla lettera inviata dal neo ministro della Salute, Giulia Grillo, al Commissario europeo alla Salute e alla sicurezza alimentare, Vytenis Andriukaitis, dove si riconoscono alla Sardegna gli enormi passi avanti e la forte determinazione politica messa in campo nel contrasto alla PSA. Già lo scorso 15 maggio il presidente Francesco Pigliaru si era recato a Bruxelles per illustrare, sempre ad Andriukaitis, i risultati raggiunti nelle attività di eradicazione e per perorare la causa dello sblocco alle esportazioni delle carni suine sarde. Un superamento parziale dell’embargo che riguarderebbe quei territori regionali dove non è presente il virus.

Le azioni promosse dall’UdP hanno infatti permesso di contenere notevolmente la PSA limitandone la presenza fra i maiali domestici solo ad alcuni territori della Barbagia e dell’Ogliastra dove è tutt’ora presente la pratica illegale del pascolo brado: prima vera causa dell’alimentazione e della trasmissione costante della malattia tra soggetti infetti e sani. Se nel 2013, ultima stagione di forte presenza del virus, si erano registrati 109 focolai nelle aziende regolari, nel 2018 si è scesi a 3, passando per i 40 del 2014, i 16 del 2015, i 23 del 2016 e i 17 dello scorso anno.

“Negli ultimi mesi, in diversi paesi dell’Europa orientale e nella Federazione russa, la PSA si sta diffondendo pericolosamente senza che si riesca a porre degli argini soprattutto fra le popolazioni dei cinghiali. La recente incursione della malattia dall’Ucraina verso i territori del delta del Danubio, in un contesto sociale e geografico molto particolare, è causa di forti preoccupazioni da parte delle autorità di Bucarest e Bruxelles”. Questo il commento del direttore generale dell’IZS che ha aggiunto: “L’esperienza maturata soprattutto in questi ultimi anni in Sardegna e all’interno dell’UdP mi auguro sia utile ai colleghi romeni che, per la prima volta insieme a migliaia di veterinari di tutto l’est europeo, sono chiamati a confrontarsi con una malattia così terribile e letale per i suini”.

Prima che nel 2007 la PSA sbarcasse in Georgia (Caucaso) attraverso rifiuti alimentari contenenti carni infette provenienti dall’Africa, la malattia si trovava solo in due zone del pianeta: nel continente africano e in Sardegna. Negli ultimi 11 anni la PSA ha percorso decine e centinaia di chilometri ogni mese entrando in Armenia, Russia, Bielorussia, Ucraina, Moldavia, Lituania, Polonia, Estonia, Lettonia, Repubblica ceca, Ungheria e Romania. Oggi minaccia pericolosamente le frontiere della Germania, quarto produttore al mondo e grande esportatore di carne di maiale, e della Cina. Nella Federazione russa il virus ha raggiunto le regioni più remote della Siberia al confine con la Mongolia e quindi non troppo lontano dalla Cina, primo produttore del pianeta e leader nei consumi. Gli scambi commerciali e il movimento di persone e merci fra la Germania e la Polonia, piuttosto che con l’Ucraina, sono fortissimi così come fra la Siberia e la Cina. Il rischio quindi che la malattia possa arrivare nel breve periodo è assai elevato.

Nonostante la Germania abbia aumentato notevolmente le attività di controllo e autorizzato un abbattimento massiccio di cinghiali (possibili vettori della malattia) lungo i boschi dei confini orientali con la Polonia, è ormai opinione diffusa, fra le istituzioni e i portatori di interesse del comparto suinicolo tedesco, che l’ingresso nel paese della PSA sia solo questione di tempo. La Danimarca, grande esportatore globale di carni, sta invece ricorrendo a metodi di contenimento ancora più radicali: la costruzione di una recinzione metallica sui 70 chilometri che la dividono dalla Germania. Si tratta dell’unico confine terrestre da monitorare per impedire l’ingresso di possibili cinghiali infetti provenienti dal resto del Continente.

Nel 2018, con dati aggiornati a pochi giorni fa, sono 217 i focolai di PSA segnalati nell’Unione europea e in Ucraina fra i maiali domestici. Sono 3 in Italia (tutti in Sardegna), 2 in Lettonia, 13 in Lituania, 40 in Polonia, 118 in Romania (di cui oltre 100 registrati negli ultimi 15 giorni) e 41 in Ucraina.

Sono ben 3075 i casi in cui la malattia in corso è stata riscontrata nei cinghiali tra Unione europea e Ucraina: 24 in Italia (sempre e solo in Sardegna), 28 in Repubblica ceca, 170 in Estonia, 22 in Ungheria, 392 in Lettonia, 979 in Lituania, 1427 in Polonia, 3 in Romania e 30 in Ucraina.

Ai dati sul domestico e i cinghiali è necessario, nello specifico della Sardegna, aggiungere i maiali al pascolo brado illegale: oltre 600 casi di positività riscontrati in questi ultimi mesi sui capi abbattuti dall’UdP nei territori di Nuorese e Ogliastra. Alla luce di questi dati, si giustificano le azioni di depopolamento promosse dalla Regione contro il brado illegale in alcuni territori dell’Isola, dove ancora persiste questa pratica.

Se da un lato l’espansione della PSA in Eurasia rischia di causare contraccolpi economici epocali fra i maggiori Stati produttori e consumatori al mondo, dall’altro si è creato un interesse maggiore e quindi una necessità sempre più forte di eliminare questa malattia attraverso nuovi investimenti sul piano della ricerca scientifica. L’unico strumento che a oggi può infatti fermare il dilagare del virus, non avendo in disponibilità alcun tipo di vaccino, è il vuoto biologico degli animali interessati e la quarantena di quelli sani. Ed è proprio sul raggiungimento di un vaccino che vogliono puntare i Paesi a maggior rischio di contagio. “Quando ad avere il problema eravamo solo noi Sardegna e l’Africa sub-sahariana – ha osservato Laddomada – non c’era un particolare interesse internazionale a investire risorse importanti per la ricerca di una cura. Oggi che la malattia sta coinvolgendo numerosi Stati, direttamente o indirettamente, i fondi disponibili e la sensibilità generale sono in aumento. Se tutto dovesse tuttavia andare per il meglio – ha aggiunto il direttore dell’IZS – sarebbero necessari almeno 7 o 8 anni di studi e sperimentazioni per poter arrivare a un vaccino, anche se non è assolutamente scontato che si riesca a raggiungere positivamente l’obiettivo”.

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